Andrea Zambaldi, l’alpinista veronese partito per scalare due vette da Ottomila in sette giorni facendo il concatenamento di Shisha Pangma (8027 metri) e Cho Oyu (8201 metri), e che avevamo intervistato alla vigilia della partenza, è stato travolto la mattina di mercoledì 24 settembre da una valanga a soli 100 metri dalla vetta dello Shisha Pangma, insieme ai due compagni della spedizione Double 8 (i tedeschi Benedikt Böhm e Sebastian Haag) e ad altri due scalatori aggregati all’ascesa (il famoso arrampicatore svizzero Ueli Steck e il tedesco Martin Maier).
Böhm e Steck sono rimasti fortunatamente distanti dalla valanga, Zambaldi e Haag risultano tutt’ora dispersi, mentre Maier si è salvato miracolosamente. Le ricerche degli sherpa locali e degli altri alpinisti sono ancora in corso.
La notizia cominciava a rimbalzare nel pomeriggio del 24 settembre tra i telefoni degli “addetti ai lavori” e soprattutto di chi conosce Andrea. Poi alla sera è arrivata la conferma ufficiosa ma inequivocabile del sito Explorersweb.com, una sorta di piattaforma online a cui si appoggiano tutte le grandi spedizioni – dall’Himalaya al Karakorum, dalle traversate oceaniche a quelle polari. Alle 19.30 il post firmato da Stefan Nestler (un blogger e fotografo di montagna tedesco) non lasciava margini di dubbio: “Una valanga sulla Shisha Pangma uccide due alpinisti”. Un’ora dopo, Raheel Adnan (un giovane giornalista pakistano che d’abitudine segue le grandi spedizioni internazionali) riusciva a scendere più nei particolari titolando: “Due alpinisti scomparsi per la valanga. Uno si salva miracolosamente”.
Sembra che non ci siano dubbi su come si siano svolti i fatti: i tre membri del Team Double8 (la spedizione promossa da Dynafit che puntava a salire lo Shisha Pangma di 8027 metri e, entro soli sette giorni, anche il Cho Oyu di 8188 metri, completando lo spostamento di 170 km tra una cima e l’altra in mountain bike) cominciano la salita finale nel tardo pomeriggio del 23 settembre, insieme a Steck e Maier. Chi parte dal Campo Base a quota 5600, chi dal Campo 1 a 6300 e chi, come Andrea Zambaldi, dal Campo 2 a 6800. L’ultimo messaggio di Benedikt Böhm postato sul sito di Dynafit dice: “Combattere, combattere, combattere. Cumuli di neve e ad alto rischio di valanghe… è frustrante!”.
Del resto, due tentativi di salita erano andati a vuoto nei giorni precedenti per questa ragione. Tutti si danno appuntamento al Campo 3 a 7300 alle due del mattino. Alle 6:50 del 24 settembre raggiungono i 7900 metri di quota, appena sotto la cima, quando Haag, Zambaldi e Maier vengono investiti da una valanga, a soli 100 metri dalla vetta, e precipitano per oltre 600 metri. Böhm e Steck chiamano subito il Campo Base con il telefono satellitare chiedendo assistenza e cercano inutilmente, per oltre quattro ore, di raggiungere l’area della valanga sotto di loro per portare i primi soccorsi. Tutte le notizie giunte finora arrivano dalla testimonianza di Böhm e ora si attende di sentire anche il resoconto di quei momenti direttamente dalla voce di Maier.
Chi era Andrea Zambaldi? Nato a Milano 31 anni fa, veronese di adozione e cresciuto nel quartiere di Borgo Roma, studi a Trento e trasferito per lavoro a Bolzano, era il Responsabile Marketing proprio di Dynafit e si allenava sui sentieri del Monte Baldo e sulle pareti del Garda Trentino. Nel 2008, con la spedizione On The Rocks, era già arrivato in cima allo Shisha Pangma insieme a un altro veronese, Andrea Montolli.
Lo Shisha Pangma, chiamato anche Gosainthān dalle popolazioni locali, è la quattordicesima montagna più alta della Terra con i suoi 8027 metri: la più bassa fra i 14 ottomila che ci sono al mondo, ma anche l’ultima a essere conquistato per le restrizioni imposte dalla Cina. È situata in Tibet, nella catena dell’Himalaya. Fu conquistata per la prima volta nel 1964 da una spedizione cinese. Nel 2005 Simone Moro è stato il primo a scalarla in invernale, insieme al polacco Morawski.
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