Dal 2017, anno in cui “L’Arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano” (letterale) è stata riconosciuta patrimonio culturale dell’umanità dall’Unesco, il 17 gennaio è la Giornata mondiale della pizza. Data non casuale e pure benedetta: è infatti il giorno di Sant’Antonio Abate, patrono dei pizzaioli oltre che di diverse altre categorie professionali (inclusi i Vigili del Fuoco) e degli animali domestici. Il 9 febbraio sarà invece il World Pizza Day, perché se tutti sono d’accordo sull’irresistibile tentazione esercitata da un trancio fumante, il mondo riesce a dividersi anche su quando celebrare Margherita e le sue infinite sorelle.
20 campi da calcio di pizza consegnati nel 2020
In ogni caso, complici le ormai immancabili campagne social all’insegna dell’uno piuttosto che dell’altro hashtag, saranno due e anche più giorni di festeggiamenti che in tempi di pandemia faranno squillare con ancora più frequenza i telefoni delle pizzerie d’asporto e moltiplicheranno le ordinazioni via app. Del resto, se c’è una cosa che pare aver retto alla maledetta onda d’urto del Covid, è proprio la passione degli umani per la pizza. Lo certifica anche Deliveroo, leader nella consegna a domicilio, rendendo noto che in Italia nel 2020 sono stati ordinati (e dobbiamo presumere anche recapitati dai suoi rider) ben 135 mila metri quadrati di sola pizza Margherita.
La nota di Deliveroo precisa anche che la quantità è “pari a una ventina di campi da calcio” e l’equivalenza ci sta tutta, non tanto per le misure (se ve lo state chiedendo, il rettangolo di gioco può estendersi dai 90 ai 120 m in lunghezza e dai 45 ai 90 in larghezza), quanto per lo specialissimo rapporto esistente tra la pizza e lo sport di squadra. E non stiamo parlando solo di quei tranci sbafati sul divano nelle serate di Champions League o del derby d’Italia (manco a dirlo, questo 17 gennaio c’è Inter-Juventus), ma anche e soprattutto di quelle pizze post-partita che ben conosce chiunque pratichi o abbia praticato calcio, basket, volley, rugby, pallamano, hockey e via dicendo.
No partita, no Margherita
Mangiare la pizza con i compagni (e nei casi più illuminati magari anche con gli avversari) è sempre stato un rito sportivo senza distinzioni di sesso, età o categoria. Con qualche pizzata collettiva che magari veniva organizzata anche dopo un allenamento nei momenti difficili…
Perché usiamo il tempo passato? Perché no partita, no Margherita. Finché non saremo riusciti a far lasciare il campo al Coronavirus, a tutto lo sport di squadra in Italia rimane purtroppo solo il ricordo di quelle pizze. Quelle portate in tavola dal cameriere che si informa pure sul risultato dopo i match in casa (perché ogni squadra che si rispetti ha la sua pizzeria-covo) e quelle altre servite dopo le trasferte a orari improbabili e in locali oggi per fortuna geolocalizzabili (perché di solito il pulmino della società semina parenti e amici al seguito già al primo incrocio).
LEGGI ANCHE > Ideato in Italia l’apparecchio per sterilizzare i palloni (clicca qui)
LEGGI ANCHE > La mascherina anti-Covid per lo sport di squadra (clicca qui)
Per questo, con l’invito a riaprire il prima possibile le palestre almeno ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze, l’augurio di SportOutdoor24 al mondo delle pizzerie in questo ancora tormentato 17 gennaio è di poter presto rivedere quelle chiassose tavolate post-partita di giocatori e giocatrici. Con allenatori e coach che continueranno filosoficamente a dividersi tra quelli che mangiano con la squadra per fare gruppo e quelli che invece preferiscono tavoli o addirittura locali separati. Perché, a ben pensarci, la pizza fa così parte dello sport di squadra da condizionarne anche tattiche e strategie.
Foto di Ovidiu Gruescu da Unsplash.
©RIPRODUZIONE RISERVATA