La dieta plant based (vegana, salutista e basata solo su cibi non raffinati) non è più una moda, bensì un regime alimentare sempre più consolidato nella vita di sportivi amatoriali e professionisti di tutto il mondo. Del rapporto tra questa dieta e le prestazioni degli sportivi di élite avevamo parlato l’anno scorso in un articolo dedicato a The Game Changer, il documentario Netflix sulla dieta vegana nello sport che ha generato clamore e dibattito in tutto il mondo.
Molti nutrizionisti sostengono che la dieta plant based sia in grado di soddisfare il fabbisogno proteico degli sportivi attraverso la combinazione dei vari cibi come cereali, frutta secca, legumi, semi e derivati proteici vari (tofu, tempeh, seitan, mopur e così via), ma qualche punto di domanda permane.
La dieta plant based è sempre più popolare tra gli sportivi
L’incremento di popolarità della dieta plant based/vegetariana/vegana è stato confermato nei giorni scorsi da un sondaggio che l’Associazione italiana cultura sport (Aics) ha sottoposto ai suoi oltre 12mila iscritti (dai 21 ai 67 anni). Il 16,7% dei soggetti ha dichiarato di seguire una dieta vegetariana, mentre il 3,9% una dieta vegana. Ciò significa che, nonostante le proteine animali vadano ancora per la maggiore, le diete che escludono la carne si stanno facendo largo anche tra gli sportivi.
Ma che cos’è realmente la dieta plant based? Innanzitutto va distinta dalle classiche diete vegetariane e vegane, spesso mosse da motivazioni etiche. La dieta plant based si basa sul consumo di alimenti di origine vegetale grezzi e non raffinati: come sono in natura. Questo regime alimentare include principalmente cereali e farine integrali, olio extravergine d’oliva, semi, frutta secca, frutta e verdura di stagione, e implica spesso la preparazione homemade dei piatti tramite materie prime non raffinate.
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Cosa non convince della dieta plant based nello sport
Gli scetticismi attorno alla dieta plant based applicata all’alimentazione degli sportivi sono parecchi, nonostante la letteratura scientifica sia in grado di testimoniare la sua salubrità anche tra coloro che fanno sport ad alto livello. Il primo punto di domanda riguarda l’apporto di questa dieta in termini di amminoacidi essenziali, che sono molto importanti dal punto di vista della produzione energetica, di risposta immunitaria e di sintesi di ormoni e vitamine.
Come ovviare a questo problema? “Variare e combinare pasti e spuntini, includendo verdure e frutta, insieme a cereali integrali, legumi come fagioli, lenticchie, piselli e ceci, noci e semi”, associando le proteine vegetali ai cereali per garantirne l’assorbimento, ha detto la nutrizionista Chyntia Sass a NBC News.
Altro potenziale problema della dieta plant based è il ferro, dato che le piante hanno una biodisponibilità di ferro inferiore rispetto al contenuto nella carne. Questo per uno sportivo potrebbe essere un fattore negativo, anche se sono parecchi i vegetali contraddistinti da importanti quantità di ferro (fagioli, soia, spinaci, uvetta, anacardi, farina d’avena, cavolo). Per il resto, la dieta plant based pare non presenti altre criticità. Addirittura, secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Nutrients, questo regime alimentare sarebbe in grado di migliorare il nostro quadro lipidico e glicemico; inoltre aiuterebbe ad abbassare la pressione e a prevenire l’aterosclerosi.
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