La cosa che più chiaramente ho capito in questi due anni di pandemia è che a 50 anni non mi interessano più le prestazioni. Prestazioni sportive chiaramente. Che non è una cosa così banale da mettere a fuoco se come me, e come milioni di altre persone, fai un po’ di sport, hai qualche App sportiva, stai sui social e sei iscritto a qualche gruppo.
Sarà che riprendere a fare sport dopo il lockdown del 2020 è stata dura, sarà che ho compiuto 50 anni proprio nel mezzo della pandemia, e questa decade più che le altre l’ho vissuta come un momento per fare qualche bilancio, sarà quel che sarà ma la cosa su cui più intensamente ho riflettuto ogni volta che uscivo a fare una corsa o un giro in bici o un’escursione è il motivo per cui lo facevo. E benché anche io abbia uno sportwatch con cui registro quello che faccio, e che tutto questo finisca su un’App sportiva, ho capito che non guardavo più i dati prestazionali ma la mappa geografica.
A 50 anni non mi interessano più le prestazioni
Ora, non so voi, ma io sono su Strava e sono iscritto ad alcuni gruppi degli sport che pratico, mi divertono e mi appassionano. Running, MTB, gravel, sci di fondo: mi sono iscritto per avere ispirazione su bei percorsi da fare, qualche buon consiglio tecnico da chi ne sa più di me, partecipare a qualche scambio di opinioni. Tutte cose che ci sono, per carità. Ma direi per un 10% – 15% del totale. Il resto è condivisione di prestazioni. Distanze, dislivelli, velocità, potenza, tempi, intertempi. Che poi è anche la dinamica di Strava e di qualunque altra App sportiva.
Anche leggendo siti e riviste sportive, quando si parla di cinquantenni è tutto un inneggiare al fatto che puoi essere ancora veloce, forte, reattivo, elastico, resistente e performante. Un vero e proprio effetto boomer a cui pochi, pochissimi, oppongono la dura e cruda realtà: a 50 anni siamo già nella parabola discendente della gaussiana della nostra vita. È fisiologia, è natura, è il corso delle cose e al massimo si può pensare di rallentare il declino. Non di fermarlo.
Devo essere sincero: fino a prima della pandemia li leggevo anche io quegli articoli e le guardavo anche io quelle prestazioni, le confrontavo con le mie, e magari le prendevo anche come sfide. Cioè, finché sono stato nella decade dei 40 anni guardavo indietro, alla decade dei 30, cercando di tenere botta nell’illusione di non sentire il tempo che passa.
Ora che la decade è quella dei 50 anni ho messo a fuoco che guardo avanti, a quelli di 60. Guardo i 60enni che fanno sport avendo ben cosciente che l’invecchiamento attivo comincia già adesso, e guardo a quelli che non fanno sport, non si tengono in forma e si lamentano dei loro acciacchi dicendomi che quella non è la strada giusta.
Anche il mio focus è cambiato quando monto in sella alla bici o mi allaccio le scarpe da running. Certo faccio partire GPS e cardiofrequenzimetro, ma poi me me dimentico e la mia attenzione è intorno a me e non su di me. Quello che mi interessa è l’esplorazione del territorio, unire i punti delle microavventure che mi posso concedere. È un sognare in piccolo ma pieno di piacere, è un assaporare il momento, è il vivere il qui e ora. Non dico di uscire senza un obiettivo, ma l’obiettivo non è più dentro di me ma fuori di me: raggiungere un posto, un punto, un luogo tracciando una linea che trovo affascinante e che mi faccia scoprire qualcosa di sorprendente. O che presumo e ritengo tale. Ciò che mi procura piacere è ritrovarmi in ambienti naturali che mi facciano alzare lo sguardo e voltare la testa e dire “bello!”. E magari mi inducano anche a fermarmi per godermeli per qualche minuto in più. E chi se ne frega dei segmenti di Strava, dell’andatura, della velocità media o di qualunque altro parametro prestazionale. A 50 anni non mi interessano più le prestazioni. Definitivamente.
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