Lezioni e sequenze fitnessiste c’erano prima del lock-down. Poi sono aumentate di volume durante le chiusure e proseguite inerzialmente dopo. Questo fino ad oggi, ma adesso c’è da fare di nuovo il punto della situazione. Aziende più digitali che mai hanno iniziato a costruire le loro piccole piste d’atterraggio “fisico”, posizionate strategicamente in aree di prossimità. Raggiungibili a piedi per chi è lì, nei pressi. Se ho dubbi sull’acquisto e sulla fruizione di un servizio e se voglio interfacciarmi per “qualcosa che non mi convince”, non mi basta una chatbot o una voce al telefono che sta dall’altra parte del mondo. Voglio qualcuno davanti a me e l’età non c’entra: non si tratta di senior in pensione poco avvezzi alle tastiere. Ma torniamo al punto di saturazione.
Fitness Streaming: segni di saturazione
Se gli Stati Uniti fanno media nelle analisi economico-finanziarie e nei trend, fitness incluso, la situazione osservatorio è che Netflix e il mercato dei video on-demand registrano uno stallo. Anzi, di abbonati se ne stanno perdendo parecchi dopo anni d’incremento e qualche board è già al lavoro su nuovi servizi da proporre. Il misto o l’ibrido che dir si voglia, riattrae (teniamo sempre d’occhio il fitness on-demand che è quello di cui stiamo parlando). La stessa CNN+ ha messo in stand-by alcune sue proposte dopo aver completato la fusione con la Warner e i nuovi players che si affacciano hanno problemi per entrare nel mercato dello streaming perché i clienti sono diventati selettivi, prendono di più la mira. Soprattutto per quello che possono avere in merito al servizio accessorio, alle opzioni commerciali e all’opportunità d’interfacciarsi in qualsiasi momento, in caso di necessità, con qualcuno che si possa “toccare” con mano. La fisicità torna anche se si parla sempre più di metaverso.
Siamo perciò ai due estremi del bisogno: quello virtuale dev’essere virtualizzato al massimo e quello fisico materializzato al massimo. Con chi parlo se il mio allenamento non funziona? Con chi mi lamento se dopo sei mesi di allenamento on-demand e sei mesi di rata per l’acquisto del fitness high-tech-tool non ho risultati? E chi mi spinge davvero ad alzarmi dal divano se non c’è, in presenza, un trainer vero e furioso che mi prenda per le orecchie e mi scaraventi sul tappeto se non ho voglia di fare tutti i push-up previsti? Tanto il trainer sullo schermo posso turlupinarlo di nascosto, come nelle video-call nelle quali si finge d’essere attenti alla riunione del management mentre si armeggia su Whatsapp con le mani fuori tiro.
Se sottoscrivo una fitness-streaming membership mi aspetto nel pack incontri cadenzati in presenza con super-esperto che stilerà il mio protocollo annuale, verificandolo ogni quattro settimane di attività. Come prassi richiede in una palestra vera. E nell’attesa, tra una verifica e l’altra, a quel punto, può essere che decida per un pack-upgrade acquistando consulenza nutrizionale e prodotti in codice sconto o altro servizio accessorio. Proprio come vorrebbe quel cliente Netflix saturato ed evaporato. O migrato altrove. La strategia per ri-catturarmi non potrà che essere la stessa perché sempre di streaming si tratta. Basta che non mi notifichiate ogni ora una training-session diversa tra le miriadi di opportunità inutili: finirei per restare nella schiera dei clienti vaganti che perdono più tempo a selezionare uno tra i mille allenamenti disponibili che a farlo.
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