Nel wellness market martoriato del triennio 2020-2022, i segnali della delocalizzazione dell’esercizio fisico che ci hanno accompagnato sono stati chiari. Non c’è da esserne felici dal punto di vista palestraro: da chi gestisce, che dopo pandemia, conflitti e bollette si ritrova con bilanci poco allegri e da chi è fruitore, perché è stato spinto all’isolamento. Isolamento prima da paura e poi da abitudine. L’uomo, come è sempre stato nella sua indole, da una situazione d’urgenza ha imparato a organizzarsi per fronteggiare l’imprevisto e ha finito con l’adattarsi perfettamente a quell’imprevisto. Perciò, non è che il wellnessismo sia finito, anzi. Ma è meno prevedibile nelle sue dinamiche di mercato. Si è fluidificato.
Il wellness market fluidificato
Nel tempo scandito dai primi lockdown e trascorso fino ad oggi, milioni di utenti fitness-wellness nel mondo hanno consolidato expertise sul movimento, si sono resi conto che non servono né finti istruttori, né App, salvo non siano davvero utili, né video bene o male reperibili ormai a costo zero. Né, e questo dovrebbe preoccupare più di ogni altra cosa, ha posto come prioritario lo spazio nel quale mettere in atto il “proprio” fitness che ha posposto all’obiettivo vero: la sequenza giusta per sé. C’è, quindi, un paradosso: dal lato gestionale la schizofrenia del marketing e l’esasperazione CRM applicato al cliente, subissato di conferme e riconferme sempre più circostanziate dei propri dati. Dal lato utente, sempre più certezza su quello che è davvero utile da fare per tenersi in forma: la sequenza giusta. Utenti fitness-wellness sempre più certi nell’incerto, dunque. Sfumatura ancora poco colta dai grandi erogatori fisici e digitali di un servizio fitness-wellness standard che persegue l’efficienza in luogo dell’efficacia. Del servizio per “te”.
Social & digital
Nel wellness-market che aveva appena preceduto lo shock pandemia, il contorno aveva preso campo, spazzando la sostanza. Non allenarsi bene o non allenarsi affatto in uno spazio wellness elegante, dove era fondamentale passare del buon tempo, era meglio di una sequenza giusta in un’onesta palestra. Ad oggi, anche il garage, la soffitta, il giardino, la cantina, il soggiorno, l’ovunque, sono mini-palestre potenziali e, in un attimo e se l’utente decide, agguerrite competitrici perché l’obiettivo non è più quello di socializzare in palestra. La socializzazione fitnessista ha spostato il raggio d’azione su campi digitali che nascono, spariscono e si trasferiscono dall’uno all’altro.
C’è stata una traslazione di bisogni che non possono essere più colti dall’insieme. Anche da una palestra “perfetta”. L’erogazione del servizio wellness prevede la solita triade: struttura, tecnologie e uomini. Tutto vero. Ma può essere che se manchi “quella” tecnologia per l’attuazione di “quella” sequenza o “quell’istruttore”, la grande perfezione, come tutti i meccanismi complessi, rivelerà la sua grande fragilità. Fitness-membership inclusa, anzi in primis.
LEGGI ANCHE: Fitness Idustry: tutto cambiato, o no?
©RIPRODUZIONE RISERVATA