Il 2014 è stato l’anno più caldo di sempre (o almeno dal 1880, quando sono cominciate le serie storiche sul clima), ma quando si parla di riscaldamento globale, in mancanza di prove concrete, c’è sempre qualche scettico che nega le potenziali conseguenze dell’innalzamento delle temperature. Ora abbiamo delle prove concrete: nei prossimi anni chi visiterà le grandi foreste del nord troverà piante, animali e habitat notevolmente differenti rispetto a quelli del passato. Ovvero: il global warming sta distruggendo le grandi foreste boreali.
Lo ha dimostrato uno studio condotto dall’Università del Minnesota e pubblicato su Nature Climate Change, che ha riprodotto in piccolo l’habitat delle foreste al confine tra Stati Uniti e Canada: sono state infatti prese alcune piante che trovano in quella zona sia il loro margine settentrionale di diffusione – come querce e aceri – che quello meridionale – come i pecci e gli abeti. La microforesta riprodotta è stata poi sottoposta a un riscaldamento artificiale di alcuni gradi attraverso lampade a infrarossi e serpentine per riscaldare il terreno.
Cosa è successo dopo tre anni di ‘terapia del riscaldamento globale’? Che erano cambiati i rapporti di forza tra le due tipologie di piante, con quelle abituate a climi più miti che avevano preso il sopravvento su quelle più settentrionali: queste ultime, in deficit di crescita, soffrivano del fatto di ricevere sia meno luce che meno acqua rispetto alle piante concorrenti.
“Se il trend non sarà invertito, nella migliore delle ipotesi querce e aceri prenderanno il posto delle piante boreali, e avremo comunque le nostre foreste: diverse certo, ma pure sempre foreste”, ha spiegato Peter Reich, responsabile della ricerca, “Tuttavia potrebbe anche capitare che le piante più meridionali non riescano a reggere il ritmo della riforestazione, e la conseguenza potrebbe essere che quelle aree boreali saranno invase da cespugli sempreverdi come quelli del genere Rhammus che cambierebbero totalmente le foreste del nord, dalla fauna alle possibilità del turismo”.
Credits: FlickrCC Nicholas Tonelli
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