Lo sappiamo, la temperatura globale cresce e le conseguenze per noi sono dure, animali compresi. A causa delle emissioni dei gas serra viviamo a una media di 0,8° C in più rispetto all’epoca preindustriale (con una proiezione di 1,5° per gli anni Trenta) e l’impatto di questo fenomeno sulla sicurezza alimentare e sulla disponibilità d’acqua è a dir poco preoccupante. Lo rivela il report della Banca Mondiale Turn Down the Heat : Confronting the New Climate Normal.
E se non si interviene in tempo, racconta il documento, siamo destinati a un ulteriore aumento delle temperature: raggiungeremo il traguardo dei 2°C a metà di questo secolo, mentre nel 2080 arriveremo a 4°C in più.
Secondo Jim Yong Kim, il presidente della World Bank, il report, redatto in occasione della recente conferenza sul clima di Lima, “conferma quello che gli scienziati dicono da tempo: le emissioni del passato hanno dato il via nei 20 anni scorsi a un’inevitabile corsa al riscaldamento, che va a impattare sulle popolazioni più povere. Non possiamo continuare a ignorare le crescenti emissioni”.
Le conseguenze sono numerose e già in atto, e ovviamente disastrose per il pianeta e per l’uomo. Ad esempio nelle Ande e in Asia centrale i ghiacciai si stanno sciogliendo, provocando inondazioni che mettono a rischio i raccolti. Entro la fine del secolo potrebbero sparire, con conseguenze opposte ancora più catastrofiche, ovvero la siccità.
La Foresta Amazzonica è a rischio. L’innalzamento e l’acidificazione degli oceani (che hanno assorbito il 30% della CO2 emessa da fattori umani) porta allo scatenarsi di tsunami più frequenti di quel che pensiamo e di altri fenomeni atmosferici estremi, che andranno a colpire America Latina e Caraibi. Qui l’ecosistema marino vedrà la riduzione del 50% delle sue specie animali e vegetali.
Il caldo estremo in Medio Oriente e Nord Africa è destinato ad aumentare, facendo crescere a 4 mesi il periodo di giornate di caldo insopportabile, cancellando quasi del tutto le piogge in alcune zone, riducendo le aree coltivabili e costringendo certe popolazioni a migrare, con relativi problemi sociali e possibili conflitti in agguato.
L’Europa orientale e l’Asia centrale avranno come conseguenza mutazioni nel ciclo dell’agricoltura e rischi di siccità, soprattutto fra Balcani e Russia, dove il disgelo del permafrost e le conseguenti emissioni di metano innalzeranno le temperature repentinamente.
Fra tutte queste previsioni desolanti ce n’è una buona, secondo il rapporto e il presidente Kim: stanno crescendo la consapevolezza del problema e il consenso sulla necessità di agire. E anche la convinzione che l’azione contro il riscaldamento globale può essere uno stimolo alla crescita economica, non un peso sui bilanci delle nazioni. Forse è proprio questa la molla che ci spingerà a salvarci dall’autodistruzione?
Credits foto apertura: Gerard Van der Leun
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