Göran Kropp sarà per sempre ricordato come l’uomo andato dalla Svezia al Nepal in bici per scalare l’Everest da solo e senza ossigeno. Sono passati ormai 18 anni dalla scomparsa, così accidentale e fatale, dell’avventuriero conosciuto da tutti e per sempre come “The Crazy Swede”, lo svedese pazzo, soprannome affibiatogli al campo base dell’Everest dai clienti di una spedizione commerciale americana impressionati da questo ragazzone alto, biondo, muscoloso e impavido. E in effetti pensare che Kropp, nella primavera del 1996, è partito da casa sua, in Svezia, da solo e in bicicletta, per raggiungere il campo base dell’Everest e scalare la montagna più alta della terra da solo, senza sherpa né ossigeno, e poi tornarsene a casa sempre in bicicletta è qualcosa che se non rasenta la pazzia rasenta senza dubbio la leggenda.
La storia, e la vita di Göran Kropp, meritano ancora oggi di essere raccontate e ricordate. Nato a Eskilstuna, nel sud est della Sveiza, nel 1966, a 6 anni era già in vetta al Galdhøpiggen, la cima più alta della Scandinavia, in compagnia di suo padre. Paracadutista nell’esercito svedese per alcuni anni, uscì dall’esercito per dedicarsi interamente all’alpinismo, e qui cominciò la sua leggenda. Pik Lenin nel 1988 (la montagna più alta del Pamir, al confine tra Kirghizistan e Tagikistan, è oggi nota come Picco Ibn Sina), Illiniza Sur e Cotopaxi in Ecuador, Illimani e Huayna Potosi, Illampu in Bolivia, Muztagh Tower in Cina e Pik Pobeda in Russia prima del K2, la seconda montagna più alta del mondo, scalata senza ossigeno, primo scandinavo in assoluto e tra i pochi, a quella data, ad averlo fatto.
Ce ne’era già abbastanza per essere comunque ricordato, ma la sua spedizione all’Everest diventerà leggenda. Partito da Stoccolma il 16 ottobre 1995 in sella a una Crescent Ultima modificata e con 100 kg di bagaglio appresso, arriverà al campo base dell’Everest nell’aprile del 1996, dopo 6 mesi 13mila km in sella. Arrivato al campo base, nei giorni di acclimatamento, una tormenta aveva fatto 8 vittime tra gli alpinisti che tentavano di salire sull’Everest, e Kropp si prodigò nei tentativi di salvataggio e nel trasporto di medicinali. Ma ciò che è da tenere a mente è che nel 1996 (lo stesso anno delle vicende raccontate in Aria sottile di Jon Krakauer) solo poco più di 900 persone avevano scalato l’Everest con l’ossigeno, pochissime l’avevano fatto senza ossigeno (e tra questi pochi c’era Reinhold Messner con la storica ascesa del 20 agosto 1980) ma nessuno senza sherpa, yak, ingenti scorte di cibo né alcun altro ausilio, e soprattutto dopo aver raggiunto il campo base in bicicletta dalla Svezia.
In realtà Göran Kropp non era pazzo come il mito ormai vorrebbe farlo sembrare. Certo le sue imprese erano straordinarie, ma era molto coscienzioso, preparato e non prendeva rischi inutili. Tanto che al primo tentativo di vetta dell’Everest rinunciò ad appena 100 metri dalla cima stimando che fosse troppo tardi per tornare in sicurezza all’ultimo campo. Per questo la sua morte appare ancora più tragica, assurda e fatale di quanto già non sarebbe morire ad appena 35 anni.
Era il 30 settembre 2002, e Göran Kropp nel frattempo si era trasferito a Seattle, negli Stati Uniti, dopo aver verso in patria una causa per diffamazione con lo scrittore Jan Guillou che lo aveva accusato di bracconaggio a fini promozionali per aver ucciso un orso polare che lo stava inseguendo durante il tentativo di attraversamento del Polo Nord senza supporti esterni, nel 2000, con Ola Skinnarmo. Il giorno della morte Göran Kropp stava scalando la via Air Guitar del Sunshine Wall, a Vantage, nello stato di Washington, assicurato dall’alpinista di Seattle Erden Eruç, quando una protezione uscì da una fessura causando la rottura del moschettone della protezione successiva. Cadde da un’altezza di neanche 20 metri e morì per le ferite riportate.
La memoria di Göran Kropp e delle sue imprese, nonché del suo spirito, sopravvive ancora oggi grazie al Kropp Challenge, inesauribile fonte di ispirazione per chiunque voglia ripercorrere le orme del grande Svedese Pazzo.
Credits photo : kroppchallenge.se
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