Vi dovesse capitare di scovarlo sullo scaffale di qualche libreria, non fatevelo scappare, perché Nero-bianco-nero. Un viaggio tra le montagne e la storia del Caucaso di Mario Casella è un libro bellissimo. E non temiamo di dirvelo così, di botto.
Ma siccome è pubblicato da un editore svizzero (Gabriele Capelli Editore) con una distribuzione in Italia non proprio capillare, con un titolo fin troppo criptico e con una grafica di quelle che difficilmente spiccano tra le altre (anche un libro è un prodotto da vendere, vero?), fate una cosa: ordinatelo online che andate sul sicuro.
Perché ci sbilanciamo così tanto? No, non abbiamo niente a che fare né con l’autore (Mario Casella è stato ed è un giornalista televisivo della RSI, già caporedattore di Falò, documentarista freelance, camminatore, guida alpina) né con l’editore, ma questo racconto della traversata del Caucaso con gli sci ai piedi, circa 1000 km dal mar Caspio al mar Nero, è qualcosa che per molti anni, o forse mai più, sarà ripetibile. Almeno nelle condizioni in cui l’ha affrontato Casella, ovvero prima che partisse la macchina infernale dei giochi olimpici di Sochi 2014.
Intanto è il diario di un’avventura, tra salite avventurose e discese su pendii intonsi di una neve che pochi se non nessuno avevano sciato prima di quel momento. E lo stupore che si legge negli occhi delle persone che avvistano Casella e il suo compagno d’avventura, l’alpinista russo Alexey Shustrov, con quei moderni sci ai piedi, la dice lunga sul pionierismo della loro avventura.
C’è tutto: vette note, come l’Elbrus, e vette senza nome, orsi che si risvegliano dal letargo e momenti di paura, scelte coraggiose, fatica, decisioni prese in un attimo, bivacchi in quota, notti all’addiaccio, arretrati di sonno e tutto quello che una vera avventura scialpinistica deve avere dentro di sé.
Ma “Nero-bianco-nero. Un viaggio tra le montagne e la storia del Caucaso” non è solo questo, è anche un vero reportage di viaggio, che spiega la storia e la cronaca di alcuni dei confini più caldi del mondo (quelli tra la Russia e le varie repubbliche più o meno ufficialmente riconosciute formatesi dal crollo dell’Unione Sovietica), partendo dall’alto e dalle ragioni della storia e della geopolitica come dal basso, ovvero dalle ragioni di chi, popoli e individui, in quelle valli, in quei paesi e villaggi ci vive, da sempre o per scelta. Se fatti come la tragedia di Beslan o nomi come Inguscezia o Ossezia vi dicono qualcosa, Mario Casella vi porta oltre l’uscio delle case di chi quei fatti, quelle tragedie, quelle guerre le ha vissute sulla propria pelle.
E poi è un gran libro scritto da chi la storia dell’alpinismo la conosce a menadito e può raccontare dei pionieri dell’Alpine Club inglese così come dell’alpinismo collettivo dell’epoca sovietica, quando, dopo la sconfitta contro le truppe naziste proprio sulle montagne del Caucaso, Stalin aveva imposto che tutti i giovani russi fossero tenuti a fare esperienze alpinistiche per scongiurare nuove disfatte militari: grandi slanci e grandi strutture di un passato che oggi forse si vuole recuperare a fini turistici.
L’arrivo, inevitabile, è a Sochi, alla vigilia dei massicci lavori in vista delle Olimpiadi del 2014. Il paesaggio incontaminato pronto a essere deturpato, la forza delle decisioni di Mosca nei confronti delle popolazioni locali, il peso degli oligarchi russi e delle loro aziende nelle scelte in vista dell’appuntamento a cinque cerchi: Casella non tralascia nulla, nemmeno il suo punto di vista, e oggi, a giochi fatti, è ancora più interessante leggere i suoi timori, le sue previsioni, le sue paure.
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