Sono anni che voglio scrivere questo articolo sul perché odio i trolley. Ma odiandoli al punto tale da volerli prendere a calci ogni volta che me li trovo tra i piedi, ho sempre lasciato perdere di mettere nero su bianco i miei astratti pensieri sul mio odio viscerale rispetto ai bagagli con le rotelle.
Perché odio i trolley
Ma ora un articolo su The Atlantic (The Carry-On-Baggage Bubble Is About to Pop) mi ha riaperto la mente, aiutandomi a capire almeno da dove viene questa mia idiosincrasia viscerale per i trolley.
Bagagli a bordo?
Ora, chiunque abbia volato anche solo qualche volta non potrà non essere stato coinvolto in quelle scene di lotta di classe economy al momento di sistemare i bagagli nelle cappelliere. Bagagli troppo grandi, troppo ingombranti, troppo voluminosi e con tutti quegli ammennicoli tipo ruote e maniglie che non ci sarebbe bisogno di scomodare Newton e la legge della “Impenetrabilità dei corpi” per capire che non ci staranno mai e poi mai.
Che poi quei trolley troppo pieni e troppo grossi per essere considerati dei bagagli a mano – cioè lo stretto indispensabile per il volo, o per una giornata di lavoro in trasferta – dove finiscono? Esattamente: sotto il sedile. Il che significa che io non ci posso mettere i piedi, cioè non posso distendere le gambe, cioè viaggio male. Ma male male male. Solo perché tu non vuoi imbarcare il tuo trasloco aereo in stiva pagando il giusto sovrapprezzo.
Aerei, treni, metropolitane: dove i trolley scodinzolano riottosi
Ma non è solo sugli aerei, che sarebbe anche il meno, al netto della enorme perdita di tempo e conseguenti ritardi sul volo. E il treno, ne vogliamo parlare? Di quelli che si trascinano il loro enorme trolley nel corridoio incastrandosi in ogni bracciolo per scoprire con aria fintamente ingenua che no, il loro ingombrante bagaglio può stare solo a inizio vagone, insieme agli altri ingombranti bagagli?
Per non parlare di metro, stazioni e aeroporti dove tutti questi trolley trascinati a mano scondinzolano come cani riottosi e scodano come macchine scorbutiche abbattendosi sui piedi e sulle caviglie di tutti quegli ignari viaggiatori che sì, il loro bagaglio se lo tengono in mano, a tracolla, sulle spalle. Ecco, questi più che mai sono i momenti in cui più che in altri io i trolley li farei brillare come palazzi da demolire con le dinamite.
Ma quando è iniziato tutto questo?
Quindi, la domanda è: quando esattamente è cominciato tutto questo? Secondo Ian Bogost tutto nasce con la Crisi dei subprime nel 2007 e la conseguente “Grande recessione” iniziata nel 2008 e i cui effetti si fanno sentire oltre il 2010, quando ai viaggiatori sono stati dati nuovi incentivi per partecipare alla mischia nei corridoi per lo spazio nelle cappelliere.
“In passato, quando si acquistava un biglietto aereo, molte cose erano incluse”, mi ha detto Laurie Garrow, docente di ingegneria civile al Georgia Institute of Technology e specializzata in comportamento nei viaggi aerei. “Poi, dopo la crisi finanziaria del 2008, è iniziato il de-accorpamento”. Sotto la pressione dell’aumento del costo del carburante, della concorrenza dei vettori low-cost e di altri fattori, le compagnie aeree hanno separato i vantaggi standard, come il bagaglio da stiva gratuito, in servizi individuali, che i viaggiatori potevano acquistare o declinare. Per evitare questi costi aggiuntivi, sempre più persone hanno scelto di portare con sé il bagaglio a mano.
Tesi interessante, perché in effetti tutti abbiamo ben presente quanto incide ormai l’imbarcare dei bagagli in stiva rispetto al prezzo di un biglietto aereo, low cost o meno che sia. Ma secondo me quella è stata solo la seconda ondata e tutto è cominciato molto prima, appena dopo gli attentati dell’11 settembre 2001.
Con il mondo in panico davanti alle immagini degli aerei che si schiantavano contro il World Trade Center furono introdotte tutta una serie di misure di sicurezza – dal divieto dei liquidi al controllo di PC e tablet e fino al body scanner – che ora ci sembrano la normalità ma che prima di quella data non lo erano.
Prima era diverso
Prima dell’11 settembre salire in aereo era tutto sommato una procedura veloce: arrivavi in aeroporto, lasciavi il bagaglio al check-in, ti dirigevi al gate e salivi a bordo. Fine della storia. Ora, non è che bisogna per forza aver sperimentato di persona il caos di Heathrow, la coda chilometrica di JFK (almeno 2 ore da quando arrivi in aeroporto a quando approdi ai controlli di sicurezza, e hai ancora qualche km per arrivare al gate…), l’inflessibilità rigidamente teutonica di Francoforte o il casino organizzato di Fiumicino per sapere quanto tempo si perde negli aeroporti. E se oltre a ciò devo perdere altro tempo per il drop-off dei bagagli e poi aspettare davanti al nastro trasportatore almeno un’altra buona mezz’ora dopo l’atterraggio, è normale che le persone vogliano portarsi tutto a bordo. E i trolley sono sembrati a molti, troppi, quasi tutti, la soluzione migliore. Migliore per loro, ma non per l’umanità. Perché poi come le pantegane dagli aeroporti si sono diffusi un po’ ovunque.
I trolley sono solo apparentemente comodi
Diciamo la verità: i trolley sono solo apparentemente comodi. In realtà sono un vero fastidio. Per chi li trascina e per chi se li ritrova intorno. Se hai provato a trascinare una di queste cose per una vacanza itinerante, da un luogo all’altro, da una scala all’altra, da una strada di ciottoli nel centro storico di una città a una sassosa di una località di mare, capisci a cosa mi riferisco. Sono instabili su qualsiasi superficie che non sia liscia come il marmo di un aeroporto. La loro forma squadrata rende difficile riporli e maneggiarli. Tendono a incastrarsi o a deviare e a sfiorare gli altri viaggiatori. Per non parlare poi di quel rumore che fanno sempre se le loro ruotine non rotolano sul marmo levigato di una hall. E quando non rotolano sul marmo di una hall significa che stanno raccogliendo tutto lo sporco che c’è in giro nelle nostre città per poi portarlo nelle cappelliere dove riponiamo le nostre giacche.
Ecco, a meno che non si abbia davvero qualche impedimento oggettivo a portarsi uno zaino o una duffel, la cosa più giusta che bisognerebbe fare è portare con sé esattamente quello che si riesce a mettere in una borsa o valigia che si regge a mano, sollevandola da terra e portandosela a spalla. E alla faccia di chi come la Soncini sostiene che “non si imbarca mai la valigia per nessuna ragione al mondo, anche se si sta fuori per un mese, anche se ti ordinano di farlo“, imbarcarla.
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