Il tema di questi giorni è capire se andremo a sciare a Natale secondo il nuovo Dpcm: Governo, Regioni, Cts, esercenti funiviari, virologi, nomi dello sport, albergatori, il dibattito è molto acceso.
La risposta alla domanda può essere data solo e unicamente dal Presidente del Consiglio Conte e dal prossimo Dpcm, la cui pubblicazione è prevista per il prossimo 3 dicembre. In quel Dpcm ci sarà un possibile (ma non sicuro) aggiornamento sul colore delle Regioni e una possibile presa di posizione ufficiale del Governo sullo sci a Natale.
Indipendentemente dalle dichiarazioni che si leggono sui giornali, al momento la posizione del Governo pare inequivocabile: “Non si scia a Natale e ne riparliamo sicuramente dopo l’8 gennaio“. La notizia di stamattina è che i governi delle nazioni alpine si stanno mettendo d’accordo per disincentivare il turismo invernale almeno fino a quando non sarà tutto finito.
Allo stesso tempo però c’è chi cerca di spingere per salvare l’economia alpina: è vero anche però che non più tardi di un paio di giorni fa la Ministra dell’istruzione Azzolina si sia messa di mezzo dicendo: “se volete aprire gli impianti, allora apriamo anche le scuole” che, così a occhio, pare anche una posizione legittima o quantomeno coerente.
Andremo a sciare a Natale? Cosa accadrà con il nuovo Dpcm
Se si andrà a sciare a Natale quindi dipende soprattutto dai famosi 21 fattori che determinano la colorazione delle Regioni e dalla approvazione del protocollo che regola la sicurezza sugli impianti di risalita. Quindi, pare quantomeno logico che – se il Governo riapre gli impianti ma nessuno può uscire dalla propria regione – sulle Dolomiti non apriranno di certo gli impianti per far sciare quelli del posto. Già che ci siamo, aggiungiamo tre considerazioni:
Le zone rosse
Se la Lombardia o il Piemonte prima di Natale fossero gialle e ci si potesse muovere all’interno della regione, i milanesi potrebbero legittimamente andare a Bormio o a Livigno come i torinesi potrebbero andare a Sestriere e a Sauze? Pare di sì ma a che condizioni? Utilizzo della mascherina, distanziamento sociale, limiti alla portata degli impianti chiusi e sviluppo di sistemi di acquisto degli skipass online con consegna direttamente nelle strutture ricettive. C’è chi chiede di tenere chiusi i rifugi sulle piste.
I ricongiungimenti natalizi
Se, come pare sicuro, verranno concessi degli spostamenti nella settimana di Natale per permettere il ricongiungimento con i parenti (ma solo quelli di primo grado!), quanti proveranno a recarsi almeno nelle seconde case, almeno all’interno della propria regione? Ci saranno i carabinieri all’uscita della tangenziale che fermano la gente per controllare se ha gli sci in macchina e se hai lo stato di famiglia a posto? Del resto, durante la prima ondata era già accaduto, anche settimana scorsa quando quattro ragazzi valdostani sono stati fermati a Cervinia mentre cercavano di andare a sciare nei giorni in cui gli impianti erano aperti per le squadre nazionali che si stavano allenando: divieto di movimento senza giustificato motivo.
Quali condizioni troveremmo?
E anche se a Natale fosse possibile per i milanesi andare a sciare a Natale in Valtellina, cosa troverebbero? Apriranno gli alberghi? Forse solo quelli piccoli a gestione famigliare? E i ristoranti? I rifugi? Si potrà – come pare scontato – almeno fare sci di fondo e sci alpinismo?
Detto questo, le affermazioni dei politici locali sembrano omologate verso l’ottimismo: mentre il Presidente del Trentino Fugatti fa di tutto per trasmettere fiducia, ieri l’assessore provinciale al turismo della Provincia di Bolzano, Arnold Schuler, ha dichiarato alla stampa che “Vogliamo riaprire gli impianti sciistici al pubblico nella seconda metà di dicembre“.
Peccato che un paio di impiantisti locali altoatesini che abbiamo sentito stamattina abbiano affermato esattamente il contrario: “Come potremmo aprire se i turisti non ci sono? Se i milanesi non possono venire qui? Solo per far sciare i locali? Sarebbe troppo oneroso”. Quel che è certo è che quasi dappertutto si è cominciato a sparare e a preparare le piste. non potevano aspettare perché pare che le favorevoli condizioni di freddo e umidità che ci sono in questo periodo poi non si ripresenteranno a metà dicembre o a metà gennaio.
Il protocollo di sicurezza
Al di là di tutte le condizioni politiche, il primo scoglio del protocollo di sicurezza sugli impianti è stato superato. Questa mattina i rappresentanti degli impiantisti italiani dovevano incontrare la Conferenza Stato Regioni per una prima approvazione. Si è discusso fondamentalmente di capienza sugli impianti. La proposta di protocollo dovrebbe comunque passare poi un secondo vaglio del CTS, il comitato tecnico Scientifico del Governo, e poi del Governo stesso. Speriam che il Covid muoia di morte naturale prima che si risolva la burocrazia.
[photocredit: Saalbach Region]
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