Alcune attività sportive giovanili hanno ripreso e altre no, e i genitori non riescono a capire il perché. Se ne discute nei gruppi WhatsApp delle squadre, con genitori (e figli) che fanno notare come i loro amici di altri sport abbiano già ripreso con gli allenamenti all’interno dello stesso Comune, oppure come squadre di pari età dello stesso sport abbiano già ricominciato ad allenarsi nei comuni limitrofi. E spesso dirigenti, allenatori e istruttori non riescono a dare una risposta certa a queste domande. Né su quando eventualmente sarà possibile riprendere con lo sport giovanile. La situazione è complicata, e la spiegazione ancor più, ma una cosa è certa: non dipende dal colore delle zone, e quindi fino a questo momento non dipende dalla situazione pandemica. Per cui chi spera che il solo fatto che la propria regione sia ora in zona gialla per riprendere con le attività sportive giovanili è inutile che si faccia illusioni.
La possibilità di fare attività sportiva per bambini/e e ragazzi/e, secondo quanto stabilito dal Governo e dal Ministero dello Sport nei vari DPCM, dipende dall’incastro di diversi fattori:
Sport di contatto / sport non di contatto
Sport individuale / sport di squadra
Sport indoor / sport all’aperto
Sport agonistico / sport non agonistico
Sport di interesse nazionale / Sport non di interesse nazionale
La situazione più “fortunata” sarebbe quella di uno sport non di contatto, individuale, all’aperto, agonistico e di interesse nazionale, per cui non dovrebbero esserci mai stati (il condizionale è d’obbligo come vedremo poi) problemi alla continuazione dell’attività sportiva. La situazione più “sfortunata” è quella di uno sport di contatto, di squadra, indoor, non agonistico e non di interesse nazionale, per cui la speranza di riprendere con gli allenamenti è davvero lontana. Però sulle 5 situazioni è necessario fare un po’ di spiegazione.
Sport di contatto / sport non di contatto: è la cosa più semplice da spiegare. Date le modalità di trasmissione del virus, e la necessità di distanziamento interpersonale, gli sport di contatto sono stati subito fermati mentre quelli non di contatto in qualche modo avrebbero potuto continuare con l’attività (o potrebbero riprenderla). In ogni caso l’elenco degli sport di contatto è stato comunicato per tempo, e l’abbiamo ripreso in questo articolo.
Sport individuale / sport di squadra: è il corollario del punto precedente. Stante la necessità di mantenere il distanziamento fisico e l’interazione tra le persone, gli sport di squadra sono stati i primi a essere fermati, mentre quelli individuali in qualche modo avrebbero potuto continuare sempre l’attività (anche qui il condizionale è d’obbligo, perché ciascuna condizione è necessaria ma non sufficiente). Per esempio uno degli escamotage trovati per continuare o riprendere l’attività sportiva giovanile degli sport di squadra è stata quella fin da maggio 2020 di prevedere solo esercitazioni individuali. Come nel caso di non poche scuole calcio o squadre di basket che hanno organizzato gli allenamenti con solo esercitazioni tecniche individuali (un pallone a testa e senza passaggi) e senza fasi di gioco.
Sport indoor / sport all’aperto: altro corollario dei punti precedenti. Data la modalità di trasmissione del virus è stato ritenuto che uno sport all’aperto, in ampi spazi, presentasse minori rischi di uno sport indoor, come nel caso di 15 o 20 ragazzini nel chiuso di una piccola palestra scolastica.
Smarcati i punti più “oggettivi” poi ci sono quelli più difficilmente comprensibili a chi non è addentro ai meccanismi delle attività sportive giovanili.
Sport agonistico / sport non agonistico: se la definizione dal punto di vista “legale” (cioè per quanto riguarda la visita medico-sportiva) è chiara (lo sport agonistico comprende quelle attività continuative che prevedono la partecipazione regolare a gare o incontri. Viene praticato con allenamenti costanti da atleti tesserati ad una Federazione o ad un Ente riconosciuti dal Coni) poi però nella realtà delle attività sportive giovanili le cose possono essere molto variegate: nel nuoto anche i bambini delle elementari possono essere agonisti (possono, non necessariamente lo sono) e infatti alcune piscine non hanno mai interrotto i corsi o li hanno ripresi molto presto; anche lo sci considera agonisti già i bambini di 6 anni (quelli che si allenano regolarmente con i maestri, non i nostri figli che prendono qualche lezione quando andiamo a fare il weekend sulla neve); gli sport di combattimento considerano generalmente agonisti ragazzi e ragazze dai 12 anni, molti sport di squadra (calcio, basket, pallavolo) generalmente dai 14. Insomma, ciascuno deve capire con la propria federazione di tesseramento e in base all’età dei propri figli/e se sono considerati agonisti oppure no. Ma non basta, perché anche questa è una condizione necessaria ma non sufficiente, perché potrebbero esserci degli agonisti non di interesse nazionale.
Sport di interesse nazionale / Sport non di interesse nazionale: questo è il punto più controverso, sul quale si è combattuta una battaglia in parte anche politica con il Ministro dello Sport uscente Vincenzo Spadafora. La questione non è solo se si tratta di un campionato nazionale (che è tema che riguarda soprattutto gli adulti e che si confonde con quello della distinzione tra dilettanti e professionisti) ma se per quella attività è prevista una “fase nazionale”. Che vuol dire tutto e niente e che si può brutalmente riassumere con “se c’è una finale nazionale”. Alcuni sport, già in età di scuole medie, prevedono finali nazionali per i propri campionati giovanili, e sono stati dichiarati appunto “di interesse nazionale”. Questo ha concesso la possibilità di continuare o riprendere l’attività sportiva anche a sport indoor, di contatto e formalmente non agonistici. Altri sport non prevedono una “fase nazionale” e pur essendo magari all’aperto, o magari non di contatto, o magari agonistici, non hanno potuto riprendere con l’attività.
Tutto chiaro? Sì ma no, perché poi, pur in presenza dei criteri per poter riprendere l’attività sportiva giovanile, bisogna poter accedere agli impianti sportivi. E qui intervengono le ordinanze regionali, le decisioni dei singoli sindaci (i quali per legge sono i responsabili della condizione di salute della popolazione del loro territorio) e in alcuni casi anche i proprietari degli impianti (per esempio le Curie, che in molti Comuni non stanno aprendo gli oratori dove ci sono campi da calcio e palestre).
Insomma, la ripresa delle attività sportive giovanili è come una corsa a ostacoli in un labirinto, per la quale occorre ribadire appelli come il nostro sul fatto che la più grande lezione che possiamo dare ai nostri figli è quella della certezza, uniformità ed equanimità delle regole.
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