Sembra una notizia improbabile, ma nella ricerca di un vaccino o di un trattamento efficace per fermare il Coronavirus, i lama potrebbero giocare un ruolo chiave nella scoperta di anticorpi al Covid-19. Un team internazionale di ricercatori (Università del Texas ad Austin, National Institutes of Health e Ghent University in Belgio) pare abbia trovato un improbabile alleato negli animali che vivono sulle Ande. Il loro studio apparirà sulla rivista Cell a maggio ma il paper è già disponibile online come “prova preliminare”, il che significa che è sottoposto a revisione paritaria ma in fase di formattazione finale. Cerchiamo di capirne di più.
Coronavirus, come i lama possono darci gli anticorpi contro Covid-19
I ricercatori hanno collegato due copie di un tipo speciale di anticorpo prodotto dai lama per creare un nuovo anticorpo che si lega strettamente a una proteina chiave sul coronavirus che causa COVID-19. Questa proteina (chiamata spike), consente al virus di penetrare nelle cellule ospiti. I test iniziali indicano che l’anticorpo dei lama blocca i virus che rivelano questa proteina e evitano l’infezione delle cellule.
Come mai proprio i lama? Sembra che quando i sistemi immunitari dei lama rilevano invasori estranei come batteri e virus, gli animali (e altri camelidi come gli alpaca) producono due tipi di anticorpi: uno simile agli anticorpi umani e un altro che corrisponde a un quarto delle dimensioni. Questi più piccoli, chiamati nanobodies, possono essere nebulizzati e utilizzati in un inalatore.
“Questo aspetto li rende potenzialmente davvero interessanti come farmaco per un patogeno respiratorio”, spiega Daniel Wrapp, coautore del documento.
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Dagli anticorpi dei lama a un farmaco?
Siamo di fronte a uno dei primi anticorpi noti per neutralizzare la SARS-CoV-2.
E ora? Il team si sta ora preparando a condurre studi preclinici su animali come criceti o primati non umani, con la speranza di test successivi sugli esseri umani. L’obiettivo è sviluppare un trattamento che aiuti le persone subito dopo l’infezione da virus.
“I vaccini devono essere somministrati un mese o due prima dell’infezione per fornire protezione”, spiega un altro coautore dello studio, Jason McLellan. “Ma gli anticorpi potrebbero anche essere usati per trattare qualcuno che è già malato per ridurre la gravità della malattia”. Sarebbe particolarmente utile per i gruppi vulnerabili come gli anziani, che generano una modesta risposta ai vaccini, così come per gli operatori sanitari e altre persone a maggior rischio di esposizione al virus.
(foto ZEBULON72 pixabay)
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