La Wada riduce la squalifica per cocaina, ecstasy, eroina e marijuana. Si passa da un massimo di 4 anni a un massimo di 3 mesi.
Una notizia passata un po’ sottotraccia per via dell’uscita del nuovo Dpcm e dei colori delle Regioni (con le relative regole per lo sport), ma che sotto molti aspetti è di enorme importanza.
L’Agenzia mondiale antidoping (Wada) ha modificato il suo Codice riducendo le sanzioni per gli sportivi che assumono sostanze come la marijuana, l’ecstasy e la cocaina. Una decisione che da molti è considerata come una sorta di via libera alle droghe in ambito sportivo, e che per questo motivo sta creando parecchie polemiche.
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Cosa ha deciso la Wada sulla squalifica per cocaina, ecstasy e altre sostanze
La novità è dettata dalla riduzione, da parte della Wada, del periodo in cui l’atleta è considerato “in competizione”. L’arco temporale parte alle 23.59 del giorno prima della competizione e termina in occasione del controllo medico successivo alla competizione (che può essere ad esempio un controllo antidoping dopo una partita).
D’ora in poi, se uno sportivo assume una delle cosiddette “substances of abuse” (cocaina, eroina, cannabis, ecstasy e i loro derivati) fuori da quel confine di tempo, riceverà una squalifica molto blanda, decisamente inferiore a quella di chi dovesse assumere sostanze dopanti. Basti pensare che il motociclista Andrea Iannone (accusato di doping) è out fino al 2023 anche perché la Wada, nel novembre 2020, ha chiesto di inasprire la sua pena iniziale (18 mesi).
In passato la sanzione per cocaina, ecstasy o altre droghe avrebbe toccato i 4 anni (minimo 2 anni), mentre adesso è di massimo 3 mesi. Questo perché, secondo il nuovo regolamento, l’atleta è entrato in contatto con quella sostanza senza l’intento di consumarla per migliorare le proprie prestazioni sportive. E non è tutto: i 3 mesi di squalifica possono essere addirittura ridotti a 30 giorni nel caso in cui il soggetto dovesse decidere di partecipare a una specifica riabilitazione approvata dalla Wada.
Le polemiche
Le nuove linee guida della Wada sono entrate nella bufera anche perché non fanno differenza tra sostanze, paragonando la cannabis a droghe molto più pesanti. La cannabis, ricordiamo, è stata da poco eliminata dall’elenco di sostanze stupefacenti dell’Onu. La NBA, il più importante campionato di pallacanestro del mondo, ha inoltre deciso di smettere di testare gli atleti per rilevare la presenza di cannabinoidi nel loro organismo. Tuttavia, come anticipato in precedenza, nella categoria delle “substances of abuse” del 2021 della Wada ci sono sia i cannabinoidi sia la cocaina e l’ecstasy.
Come ricorda giustamente il sito del Corriere della Sera, con questa regola la famosa squalifica di Diego Maradona del 1991 (18 mesi per positività alla cocaina dopo Napoli-Bari) sarebbe stata molto più leggera. Dinnanzi alle prime polemiche, James Fitzgerald (Portavoce Wada) ha risposto focalizzandosi sul fatto che le sostanze in questione non vengono assunte ai fini di un miglioramento delle performance: “L’uso di questi farmaci è spesso estraneo alle prestazioni sportive e avviene in contesti sociali particolari. Si è ritenuto anche che nei casi in cui un atleta ha un problema di droga e non sta cercando o beneficiando di un miglioramento delle prestazioni, la priorità dovrebbe essere sulla sua salute piuttosto che su una lunga sanzione sportiva. Le notevoli risorse per discutere in udienze sulla durata appropriata della sanzione nei casi di abuso di sostanze potrebbero essere spese meglio per indagini antidoping che influiscono davvero sulla parità di condizioni dello sport”.
Fitgerald, dunque, ne fa un discorso quasi totalmente basato sulle prestazioni in gara, tralasciando però un fattore etico che forse è stato un po’ sottovalutato.
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