Il Trento Film Festival 2020, nonostante il coronavirus, si fa, e si fa alla grande, dal vivo e online, con date cambiate e un programma molto fitto e impegnato.
La 68ª edizione del Trento Film Festival si annuncia speciale non solo per le date, con lo slittamento dall’abituale settimana primaverile al 27 agosto – 2 settembre, ma anche nel formato ibrido, che per la prima volta prevede la presentazione del ricco programma cinematografico non solo in città e in altri centri della provincia (con modalità in via di definizione, in base all’aggiornamento delle normative) ma anche in streaming in tutta Italia.
“Quando il Covid-19 ha colpito l’Italia – ricorda il responsabile del programma Sergio Fant – eravamo nel pieno della selezione, che si doveva concludere a metà marzo. In seguito al rinvio e a un inevitabile momento di scoramento, portare a termine le visioni in pieno isolamento, guardando chiusi in casa immagini dei luoghi più belli e remoti del pianeta, è stato ancor più surreale del solito; ma ci ha ricordato la forza delle immagini che animano il nostro festival, capaci di farci viaggiare con lo sguardo e lo spirito, superando idealmente limiti e difficoltà, e quanto ne abbiamo avuto bisogno in questi mesi…”.
Trento Film Festival 2020, il programma dal 27 agosto al 2 settembre
Sono circa cento i film selezionati, tra oltre 600 iscritti, di cui 26 in anteprima mondiale e 37 in anteprima italiana.
Con l’eccezione dell’evento speciale di chiusura Nomad: In the Footsteps of Bruce Chatwin di Werner Herzog, e del lungometraggio Paradise, una nuova vita di Davide Del Degan, entrambi finalmente in autunno in uscita nelle sale cinematografiche, l’intero programma sarà presentato sia in proiezione per il pubblico trentino e gli ospiti del festival, che in streaming in tutta Italia, per tutti gli appassionati di cinema, montagna e natura. Ogni film sarà disponibile online per 7 giorni e un massimo di 500 visioni.
La piattaforma adottata per la versione online del festival è quella sviluppata dal provider di servizi di streaming neozelandese Shift72 e dalla società francese Festivalscope, partner web dei maggiori festival e mercati cinematografici internazionali, a partire dalla Mostra del Cinema di Venezia, di cui gestisce dal 2012 le sale virtuali. In risposta all’annullamento delle manifestazioni cinematografiche in tutto il mondo, Festivalscope e Shift72 hanno reso disponibile una piattaforma concepita su misura per i festival online, già adottata dai primi eventi europei trasferiti sul web, come CPH:DOX di Copenaghen e Visions du Réel di Nyon in Svizzera. Quello di Trento sarà il primo festival a utilizzare questa tecnologia in Italia.
Le proiezioni nelle città
Ma non sarà un festival solo online, perché parallelamente le proiezioni si svolgeranno anche in città e in provincia, in spazi e con modalità nuovi che terranno naturalmente conto delle normative sanitarie e di sicurezza vigenti a fine agosto, e sono quindi tuttora in via di definizione.
“Nella scelta di portare il festival online – continua Fant – per essere pronti a qualsiasi evenienza, ci ha aiutato pensare che non sarebbe stato solo in streaming, e che avremmo fatto di tutto per tornare a proiettare i film sul grande schermo, riaprendo le sale, ritrovando quel pubblico che a fine aprile tanto ci è mancato, e a cui vogliamo credere sia mancato un po’ anche il festival”.
I film in concorso al Trento Film Festival
Sono 25 le opere in gara per le Genziane d’Oro e d’Argento: 14 lungometraggi e 11 cortometraggi, di cui 14 anteprime italiane e 2 anteprime internazionali, provenienti da 16 paesi diversi.
Inevitabile citare per primo un maestro come il documentarista cileno Patricio Guzmán, i cui commoventi film tra memoria e politica sono stati presentati a Trento in occasione del programma “Destinazione… Cile” nel 2016, e partecipa per la prima volta al concorso con l’ultimo lavoro La Cordillera de los Sueños, affascinante riflessione sul significato delle Ande per l’identità cilena, che racconta quelle montagne come imponente metafora storica. Il film sarà distribuito in Italia da I Wonder.
Si resta in America Latina con due anteprime italiane: dalla Colombia Suspensión di Simón Uribe ha per protagonisti una surreale autostrada sospesa mai completata, costruita tra impervie pendici e foreste, e gli indigeni rimasti a fare i conti con questo mostro di cemento; dalla Bolivia Cholitas degli spagnoli Jaime Murciego e Pablo Iraburu, su un gruppo di donne che sfidano pregiudizi e altitudine per cimentarsi nella scalata dell’Aconcagua, con 6962 metri la montagna più alta delle Ande, indossando i coloratissimi abiti tradizionali della popolazione aymara.
Alpinismo, questa volta ai massimi livelli, al centro di altri due lungometraggi in concorso e anteprima italiana: The Last Mountain di Dariusz Zaluski sulla già leggendaria spedizione invernale polacca del 2018 al K2, con i fortissimi Krzysztof Wielicki, Adam Bielecki e Denis Urubko, culminata nella operazione di salvataggio della francese Élisabeth Revol, isolata sul vicino Nanga Parbat insieme a Tomasz Mackiewicz; e Alpinist – Confession of a Cameraman di Minchul Kim e Iljin Lim, omaggio di inedita sensibilità ai protagonisti dell’alpinismo sudcoreano recente, dal punto di vista privilegiato dell’operatore che ha seguito in parete tante spedizioni, perdendo uno dopo l’altro i suoi compagni.
Trasformazioni e attualità dei territori di montagna sono al centro di A Tunnel di Nino Orjonikidze e Vano Arsenishvili, che rappresenta in concorso la Georgia a cui è dedicato quest’anno il programma speciale “Destinazione”, e documenta le tensioni tra gli abitanti di una regione di montagna e l’impresa cinese che vi sta costruendo la ferrovia che collegherà Europa e oriente, la nuova controversa “Via della seta”; Sidik and the Panther di Reber Dosky, filmato tra le splendide montagne del Kurdistan iracheno, dove il leggendario e inafferrabile leopardo persiano potrebbe diventare la chiave per portare la pace in un’intera regione; e Sing me a Song del belga Thomas Balmès, che dopo Happiness, Premio della Giuria a Trento nel 2014, torna in Buthan per raccontare la vicenda contemporanea e universale di un giovane monaco combattuto tra l’isolamento in un monastero tra le montagne, e le tentazioni del suo smartphone, che lo connette al resto del mondo.
Due opere molto diverse, entrambe in anteprima per l’Italia, porteranno gli spettatori nel Grande Nord americano: North della francese Leslie Lagier, ispirato ritratto del leggendario Yukon canadese, tra il boom della corsa all’oro di un tempo, e le macerie sociali e ambientali lasciate dallo sfruttamento delle risorse oggi; e Der Bär in mir di Roman Droux, che segue la spedizione del biologo svizzero David Bittner nell’Alaska più selvaggio, dove i due passeranno un’estate condividendo una vallata con giganteschi orsi grizzly, mostrati in immagini ravvicinate mozzafiato, che ci interrogano sul rapporto tra uomo e animale.
I film italiani al Trento Film Festival
Tre le opere di produzione o co-produzione italiana: Sicherheit 123 degli altoatesini Florian Kofler e Julia Gutweniger è una stupefacente ricognizione attraverso l’arco alpino, per ritrarre le molteplici forme del confronto tra uomo e forze della natura; Noci sonanti di Damiano Giacomelli e Lorenzo Raponi segue la vita di un padre e del figlio undicenne Siddharta, in una casa priva di comfort sull’appennino marchigiano, sede della idealistica “Tribù delle noci sonanti”; The Valley del portoghese Nuno Escudeiro, girato nella Val Roia sul confine tra Italia e Francia, dove una vivace comunità di montanari e contadini rischia denunce e arresti per assistere i rifugiati che attraversano le Alpi a piedi.
I cortometraggi del Trento Film Festival
Completano il Concorso gli 11 cortometraggi che si contendono la Genziana d’Argento, tra cui il pluripremiato a livello internazionale The Tough del polacco Marcin Polar; l’esilarante Guy Proposes to his Girlfriend on a Mountain di Bernhard Wenger dall’Austria; l’inclassificabile Untitled (Burned Rubber on Asphalt, 2018) di Tinja Ruusuvuori dalla Finlandia; gli italiani Carie di Achille Mauri, visionario sguardo sulle cave di marmo delle Apuane, e Pratomagno di Gianfranco Bonadies e Paolo Martino, altra opera in cui la montagna diventa luogo dell’incontro e della solidarietà tra italiani e migranti; e il film d’animazione svedese Zlatan in the Slopes di Monne Lindström, il cui protagonista (disegnato) è proprio il leggendario Zlatan Ibrahimović, qui impegnato non su un campo da calcio, ma una pista da sci.
La Giuria
La giuria internazionale della 68. edizione è composta da Carlos Casas (regista e artista spagnolo), Matteo Della Bordella (alpinista italiano), Carmen Gray (giornalista e critica cinematografica neozelandese), Gustav Hofer (filmmaker e reporter italiano) e Salomé Jashi (regista georgiana).
Anteprime e proiezioni speciali
A causa dell’incertezza che regna nel mondo della distribuzione cinematografica, si è deciso in questa edizione di ridurre la presenza dei lungometraggi narrativi, con un’eccezione, una commedia che dalla sua apparizione nei festival internazionali si annunciava imperdibile per il Trento Film Festival: Paradise, una nuova vita di Davide Del Degan, presentato al Busan International Film Festival in Corea, narra una tragicomica vicenda ambientata tra le gelide montagne friulane, dove viene spedito Calogero, testimone di giustizia siciliano sotto protezione. Il film verrà distribuito nelle sale da Fandango, e non sarà quindi presente nella versione online del festival.
Serata finale con Werner Herzog
Si torna al documentario per l’evento di chiusura, protagonista un maestro del cinema caro al Trento Film Festival: Werner Herzog, con l’ultimo lavoro Nomad: In the Footsteps of Bruce Chatwin, commovente omaggio al grande scrittore, giornalista e viaggiatore inglese, con cui Herzog aveva stretto una profonda amicizia, in nome della passione comune per l’avventura ai confini del mondo. Il documentario, che è anche un viaggio di Herzog a ritroso nel suo stesso cinema, sarà prossimamente nelle sale italiane distribuito da Wanted, e per questo visibile solo in proiezione al festival.
Esplorazione, montagna e rischio sono da sempre ingredienti del cinema di Herzog, di cui il Trento Film Festival ha presentato, per restare solo agli ultimi anni, Grizzly Man (2005), Encounters at the End of the World (2007), Cave of Forgotten Dreams (2010) e Happy People: A Year in the Taiga (2010). Sono questi aspetti ad aver spinto la International Alliance for Mountain Films, di cui il festival è socio fondatore, ad assegnare proprio a Herzog, per l’attenzione che il regista ha dedicato attraverso la sua opera al mondo della montagna, il Gran Premio IAMF 2020 nella serata finale della 68ª edizione, che culminerà nella proiezione di Nomad.
Sezione Terre Alte
Nell’anno in cui l’Italia ha affrontato una prova così dura, che ha scosso i pilastri della nostra società, ci è sembrato importante concentrare sul nostro Paese la sezione dedicata al racconto dei territori e delle genti di montagna oggi.
Partendo da nord con Sotto le stelle fredde del friulano Stefano Giacomuzzi, ritratto di dura vita rurale in un rigoroso bianco e nero, e con l’anteprima assoluta di Prima che arrivi l’estate di Francesco Di Martino, il cui protagonista Italo, dopo un passato di militanza politica, ha scelto di vivere ai piedi dell’Adamello e dedicarsi alla causa degli indigeni d’America.
Il centro Italia e l’Appennino fanno da sfondo a Il passo dell’acqua di Antonio Di Biase, che attraversa l’Abruzzo dalle vette della Maiella al mare Adriatico in cerca di tracce, voci e volti; e Vulnerabile bellezza, in cui Manuele Mandolesi racconta come una giovane famiglia di allevatori marchigiani superi il trauma del terremoto del 2016 attraverso il legame che la tiene unita, e quello con la terra e gli animali.
Altra anteprima assoluta Senza tempo di Giuseppe Valentino, che segue un padre e figlio, e le loro 300 mucche, in una delle ultime transumanze attraverso il Sud Italia, dalla Campania alla Puglia; infine si arriverà in Sardegna con Fango rosso di Alberto Diana, che ci mostra le rovine del paesaggio minerario del Sulcis attraverso lo sguardo di due ragazzi, che in quella desolazione trovano nuove identità e ragioni di speranza.
È di un altro regista italiano infine, il fotografo e reporter Emanuele Confortin, Kinnaur Himalaya, in prima mondiale, unico film di Terre Alte che non ha per sfondo il paesaggio italiano, ma al centro una vicenda che gli spettatori trentini troveranno familiare: quella del Distretto di Kinnaur in India, dove la coltivazione delle mele ha trasformato la società e la vita della popolazione.
Anche Terre Alte vede la presenza di alcuni cortometraggi, tra cui gli italiani Di acqua, di fuoco e quello che resta di Matteo Ninni, girato nella Val Vigezzo in Piemonte, e in anteprima assoluta dal cuore della Sardegna Padenti – Foresta di Marco Antonio Pani.
Sezione Orizzonti Vicini
La sezione dedicata agli autori, alle produzioni e ai protagonisti dalla regione Trentino-Alto Adige presenta 5 lungometraggi e 3 opere brevi.
Due autori trentini tornano al festival per l’anteprima dei loro ultimi lavori: Manu Gerosa con One More Jump, girato tra Gaza e Rovereto seguendo i destini paralleli di un gruppo di ragazzi palestinesi praticanti del parkour, la cui amicizia e passione è messa a dura prova dalla guerra e dalla migrazione; e Oro rosso di Katia Bernardi, che avrà al festival la sua prima proiezione assoluta, viaggio alla scoperta del mondo e della società che ruotano intorno alle cave di porfido di Albiano, da cui la preziosa pietra inizia un viaggio verso le strade e piazze di tutto il mondo.
Altro ritratto inedito del territorio trentino e in particolare della Val di Fiemme, nel momento critico seguito alla tempesta Vaia del 2018, è Con le mie mani di Mattia Venturi, in cui quattro protagonisti (un imprenditore del legno, un celebre liutaio, una scienziata e una guida alpina) raccontano il loro rapporto con la montagna, la natura e il territorio.
Un unico protagonista, in entrambi i casi a suo modo straordinario, hanno invece Le creature di Andrea di Thomas Saglia, ritratto di un artista naif trentino con un passato difficile alle spalle; e in anteprima assoluta Scrivo ad alta voce di Antonio Dalla Palma e Pier Paolo Giarolo, già a Trento con Libri e nuvole in concorso, che con la sua telecamera è entrato discretamente nella casa, tra i pensieri e i versi della poetessa Roberta Dapunt, nata in Val Badia, la cui ultima raccolta Sincope è uscita per Einaudi nel 2018.
Completano la sezione Orizzonti Vicini i cortometraggi Manufatti in pietra di un altro autore vicino al festival come Michele Trentini, Il bosco cresce in silenzio e a ritmo della musica di Stefano Volcan, e Croste di polenta di Emanuele Bonomi.
Sezione Alp&Ism
Nell’anno in cui tanto le attività sulle Alpi e gli Appennini quanto le grandi spedizioni sono diventate impossibili, sarà ancor più speciale per gli appassionati di montagna e avventura alimentare la loro passione attraverso il cinema, e quest’anno la selezione propone proprio al pubblico trentino una selezione che mette più che mai al centro luoghi e protagonisti di casa.
A partire da Armando Aste, il grande rocciatore scomparso nel 2017, socio onorario del Trento Film Festival, di cui si vedrà per la prima volta il ritratto Il cercatore d’infinito di Federico Massa e Andrea Azzetti, viaggio nei luoghi che hanno formato l’uomo e l’alpinista, seguendo la sua riflessione sui valori della montagna e sui nostri limiti.
Le pareti trentine sono il teatro di due racconti a più voci: Valle della luce di Alberto Beltrami e Lia Giovanazzi Beltrami fa il punto, a quasi novant’anni dalla prima ascensione in Valle della Sarca, sulla storia alpinistica di quelle pareti, che oggi richiamano appassionati da tutto il mondo; Ten di Gabriele Donati fa un’operazione simile sulla storia dell’arrampicata in Val d’Adige, attraverso i racconti dei suoi protagonisti e le imprese degli scalatori che negli anni ’80 scoprirono le pareti di questa valle incuneata tra il monte Baldo e i Lessini. E trentini, questa volta non sulle montagne di casa, ma tra i paesaggi maestosi del Grande Nord, sono anche Maurizio Belli e Fulvio Giovannini, di cui Gabriele Carletti ha raccontato l’ultima massacrante traversata invernale di 1100 chilometri in Alaska, cercatori di avventure.
Come ormai abitudine il festival presenta la più recente fatica cinematografica di un grande alpinista oggi regista quasi a tempo pieno: in Die Grosse Zinne Reinhold Messner ricostruisce con passione e precisione la storia dell’alpinismo sulle Tre Cime, a 150 anni dalla prima salita della Cima Grande, con attori-alpinisti in costume che ci fanno rivivere cinque scalate storiche, e lo spirito pionieristico di quei tempi.
Un altro gigante dell’alpinismo è protagonista di Ocean to Sky: Sir Edmund Hillary, primo uomo sull’Everest, poco dopo la tragica morte della moglie e della figlia in un incidente aereo, si imbarcò in una impossibile spedizione dalla foce del Gange alle sorgenti himalayane del sacro fiume. Michael Dillon ha recuperato lo straordinario materiale a colori filmato all’epoca, usato in un film vincitore proprio a Trento nel 1980, per tornare su quell’avventura e sulla figura di Hillary, attraverso le testimonianze inedite dei partecipanti.
Due alpinisti di oggi sono invece i protagonisti di Attraction of Heights di Rastislav Hatiar, sulle imprese e la carriera dello slovacco Peter Hámor, segnata dalle rinunce e dai sacrifici fatti in nome della montagna; e di Superhombre di Lucian Mircu e Mircea Gherase, sguardo dietro le quinte della vita quotidiana del rumeno Horia Colibasanu, che si divide tra il lavoro come dentista, gli impegni familiari, la ricerca di sponsor e le spedizioni himalayane, cercando un complicato equilibrio tra la dimensione privata e la passione per l’alpinismo estremo.
Ma scalate e avventura non sono esperienze alla portata solo di grandi atleti professionisti, come ci ricordano Into the Canyon dell’americano Peter McBride, che con l’amico scrittore Kevin Fedarko ha affrontato con calma e humor lo spettacolare impervio percorso di 1.200 chilometri lungo cui si snoda l’intero Grand Canyon; e Alé di Marco Zingaretti, omaggio alla scena dell’arrampicata sportiva a Roma e in Centro Italia, tra campioni e praticanti di ogni livello, tra cui Erri De Luca, la cui testimonianza introduce e guida il film.
Muse.Doc
La sezione curata in collaborazione con il MUSE – Museo di Scienze di Trento propone il meglio dei documentari naturalistici internazionali sulla fauna e l’ambiente.
Si parte naturalmente dalle Alpi, con due film che ci portano incredibilmente vicini agli animali selvaggi che vivono sulle nostre montagne: Le plus beau pays du Monde: Le sanctuaire del francese Frédéric Fougea celebra la tenacia e bellezza della fauna europea d’alta montagna, mostrandoci che non sempre è il più forte a sopravvivere, ma chi è capace di adattarsi e aiutare le altre specie; con un budget molto minore, ma risultati ugualmente spettacolari, Tomaso Baldassarra affronta gli stessi ambienti estremi in La vallata della pernice bianca, racconto attraverso le stagioni della vita in montagna dal punto di vista della fauna che, da tempi immemori, è riuscita ad adattarsi al rigore dell’ambiente alpino.
Dalle Alpi alla Scandinavia per l’omaggio al paesaggio finlandese di Nature Symphony, in cui riprese naturalistiche spettacolari si uniscono all’armonia della musica: il compositore Panu Aaltio ha composto molto più che una colonna sonora, e il regista Marko Röhr ha messo letteralmente in scena la Vantaa Pops Orchestra, un coro di 40 elementi e la cantante Johanna Kurkela, per interagire con lo scorrere delle immagini e delle stagioni, tra laghi e foreste.
Chiude la sezione come tradizione il film vincitore dell’ultimo Sondrio Festival – Mostra Internazionale dei Documentari sui Parchi, partner del Trento Film Festival: Il ghepardo asiatico dell’Iran di Fathollah Amiri.
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