Da praticante, da genitore di figli praticanti, da “addetto ai lavori” in quanto allenatore e anche da osservatore interessato in quanto giornalista che ne scrive da 30 anni, alla notizia dello Sport in Costituzione dovrei stappare una bottiglia di spumante buono, lanciare i coriandoli e fare un carosello per strada. E però, quando sono uscite le prime Ansa sul voto unanime e bipartisan a questa modifica costituzionale, la prima reazione è stata chiedermi: e allora?
20 settembre 2023: lo sport in Costituzione non sarà una “breccia di Porta Pia”
Già, e quindi dal 20 settembre 2023 che cosa cambia in concreto, de facto, per lo sport e gli sportivi italiani? Sostanzialmente nulla. No, la riforma dell’articolo 33 della Costituzione non sarà una “breccia di Porta Pia” del ruolo, del peso e del valore dello sport nella società italiana.
Mi verrebbe da dire che il primo motivo per cui gattopardescamente nulla cambierà è proprio il voto unanime e bipartisan (312 sì su 312) con cui la modifica dell’articolo 33 della Costituzione ha concluso il suo iter iniziato nella scorsa legislatura e approvato due volte sia dalla Camera sia dal Senato nella stessa versione, in un intervallo di tempo non inferiore ai tre mesi. A 50 anni e più ho capito purtroppo che in Italia le leggi e le riforme che filano spedite e all’unanimità o sono quelle emergenziali o sono quelle che non fanno male a nessuno. E sì, aggiungere la dicitura «La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme» all’articolo 33 che recita «L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento» in fondo non fa male a nessuno.
Perché lo sport nell’articolo 33 della Costituzione?
Come ha raccontato il deputato PD, ex CT dell’Italvolley e tra i primi firmatari Mauro Berruto a Tuttosport si era inizialmente pensato di inserire lo sport nell’articolo 32, quello per cui «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti» e che tante polemiche ha scatenato nei mesi della pandemia, o nel 34, quello che garantisce il diritto all’istruzione recitando che «La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso». Ma espressioni come “tutelare”, “garantire” o “rendere effettivo” sarebbero state troppo impegnative. E allora lo Sport è finito nell’articolo 33, dove si usa l’espressione “Riconosce”.
Le parole sono importanti, soprattutto nelle Costituzioni, e come si legge nel dossier del Centro Studi di Camera e Senato la scelta del verbo “riconosce” richiama la formula linguistica dell’articolo 2 della Carta, lasciando trasparire la visione dell’attività sportiva come realtà “pre-esistente”, di cui la Repubblica è chiamata a prendere atto, offrendole al contempo tutela e promozione.
Educazione, coesione sociale, salute
Si legge ancora, nello stesso documento, che il contenuto dell’attività sportiva, poi, è declinato su tre direttrici complementari. Il valore educativo, legato allo sviluppo e alla formazione della persona; il valore sociale: lo sport, rappresenta spesso un fattore di aggregazione e uno strumento d’inclusione per persone in condizioni di svantaggio o marginalità di vario genere: di tipo socio-economico, etnico-culturale o fisico-cognitivo. Innegabile la correlazione dello sport con la salute, specie intesa nella sua più moderna concezione di benessere psico-fisico integrale della persona. La formula secondo cui è riconosciuto il valore dell’attività sportiva “in tuttele sue forme” appare finalizzata, del resto, a esplicitare che la norma abbraccia lo sport nella sua accezione più ampia.
Tutto bellissimo, e questo lo dico senza ironia visto che da più di 10 è ciò che sostanzialmente raccontiamo su questo sito: lo sport fa bene agli individui e alle comunità, fa bene al fisico e alla mente e alle relazioni sociali, lo sport è anche motore economico e un sacco di altre cose che non serve ripetere.
Si riconosce un valore, non si determina un diritto
Poi però è proprio il Ministro dello Sport Abodi sul sito del Dipartimento dello Sport a dire che la Costituzione da oggi riconosce il valore, ma non determina un diritto, e sarà proprio una nostra responsabilità, della classe dirigente, quella politica, ma anche quella sportiva, trasformare il riconoscimento del valore in un diritto da garantire a tutti.
E cosa vuol dire trasformare il riconoscimento del valore in un diritto da garantire a tutti?
Rendere un diritto qualcosa di concreto
Secondo i dati Istat-Coni il 50% delle scuole italiane non ha una palestra né un campo sportivo. Il che, in soldoni, significa che (quasi) altrettanti Comuni non ce l’hanno. Sembra assurdo ma questo è un Paese in cui le palestre sono per lo più scolastiche, quindi di proprietà dei Comuni o delle Province, e seguono il calendario scolastico, cioè spesso chiudono per i 3 mesi estivi e anche nelle vacanze invernali. Del miliardo di euro sui 209 del PNRR dedicato allo sport, solo 300 milioni andranno all’edilizia scolastica, e si stima che soddisferà a malapena il 25% delle necessità. E chiunque abbia figli in età scolare può vedere con i propri occhi in quali condizioni versino le strutture sportive nelle scuole, spesso una fotografia sbiadita di ciò che erano quando furono costruite negli anni Sessanta o Settanta.
Sempre a proposito di scuole: è stato indetto finalmente il concorso per l’assunzione a tempo indeterminato dei docenti di Educazione motoria per la Scuola primaria. 1.740 per 17.600 scuole elementari: 1 insegnante ogni 10 scuole. Peraltro si è molto discusso anche sulla dicitura “educazione motoria” perché nella scuola, soprattutto quella elementare, la parola sport viene ancora vista con il fumo negli occhi da uno zoccolo duro di insegnanti che non riescono a scindere il concetto di sport da quello di agonismo. In tutto ciò disconoscendo il fatto che la parola sport trova la sua radice linguistica nell’espressione che gli antichi romani usavano per rappresentare le attività ludiche e fisiche praticate “fuori porta”, cioè fuori dalla porta di casa ma anche fuori dalle porte dell’urbe, cioè all’aperto o outdoor come diciamo oggi, e che con termine desueto dovremmo chiamare di diporto.
E anche ammesso e non concesso che lo sport entri nella scuola, cosa si pensa di fare fattivamente e concretamente contro l’abbandono sportivo, che in Italia – sempre secondo i dati Istat – Coni – avviene proprio e drammaticamente tra la fine delle scuole medie e l’inizio delle superiori?
Pensiamo davvero che possa bastare mettere qualche struttura di calisthenic nei parchetti delle città, qualche canestro da basket o uno skatepark per pensare che le persone – di ogni età e genere – cominceranno magicamente a tenersi più attivi?
E poi c’è tutto il tema della riforma dello sport targata Spadafora. Partita con la nobile ambizione di creare e tutelare il lavoratore sportivo sta ora mettendo le associazioni sportive dilettantistiche di base – quelle che fanno fare sport al pomeriggio ai nostri figli e che sono animate da volontari volonterosi – davanti a enormi incombenze burocratiche, fiscali ed economiche con un aumento esponenziale dei costi che, giocoforza, si scaricheranno sulle famiglie.
E ci fermiamo qui per non scrivere un libro sugli enormi problemi della pratica sportiva in Italia.
Il tutto sapendo che nella Costituzione italiana lo sport è citato anche nell’articolo 117, quello che regola in modo concorrente il rapporto tra le funzioni dello Stato, delle regioni e delle province autonome. In altre parole dal campionato di calcio di serie A alla tapasciata di paese allo sport a scuola sia lo Stato che gli enti locali possono legiferare in materia. Il che, come si è visto in molte altre occasioni, porta spesso a conflitti o a vuoti di legge.
Siamo davvero sicuri che lo sport in Costituzione non rimarrà solo un fatto simbolico?
Insomma, come si chiedono anche emeriti costituzionalisti, siamo davvero sicuri che lo sport in Costituzione non rimarrà solo un fatto simbolico? Ci saranno davvero dei risvolti concreti per la vita dei cittadini? O piuttosto finirà come spesso accade con «ricorsi da parte dei tribunali per questioni di legittimità costituzionale su leggi in ambito sportivo, qualora i giudici ritengano che il principio dello sport come pratica educativa non venga rispettato»?
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