School for Future e No Dad: perché mio figlio ha deciso di mettersi fuori da scuola a seguire le lezioni

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Mio figlio, 13 anni, terza media, ha deciso di seguire le lezioni della didattica a distanza mettendosi fuori dalla sua scuola per chiedere il ritorno delle lezioni in classe. Dopo qualche giorni di ripensamento ha trovato la convinzione definitiva e stamattina, finita la prima ora, è uscito di casa per piazzarsi davanti al suo istituto, la Scuola Media Italo Calvino di Vimercate, in provincia di Monza. Con lui, un compagno di scuola e carissimo amico.
In casa ne parlavano da giorni dopo avere letto di Anita e degli altri ragazzi che chiedono la ripresa della didattica in aula. Si sono trovati su uno spiazzo davanti all’edificio con tavolino da campeggio e seggiolino, hotspot wifi acceso, cuffia sulle orecchie e mascherina FFP2.
Cosa dovevo fare da genitore? Cercare di capire.
Così, prima di dargli l’ok da genitori, ci abbiamo provato con una serie di domande.
Perché vuoi fare questa cosa?
“Non mi piace più la dad, le lezioni sono un casino. Poi non posso nemmeno giocare a basket…”
Ma quando eravamo in lockdown in primavera mi sembrava ti trovassi bene
“Adesso è diverso”.
Perché?
“Non lo so, è diverso. Fa schifo”.
Ne avete parlato con i compagni?
“Sì li abbiamo chiamati al telefono, ma non viene nessuno. Cioè alcuni dicono no e basta, altri ci dicono, tipo, che sono d’accordo e ci sostengono ma non possono venire. Mi sa che i genitori non vogliono”
E perché io dovrei darti il permesso?
“Dai papà, una volta che voglio fare una cosa utile!”
Non è che lo fai per metterti in mostra, per fare un po’ il figo?
“Ma ti pare? Se nessuno lo fa… Poi sei tu che mi rompi sempre dicendo che stare all’aperto fa bene e che nei paesi del Nord Europa fanno le lezioni nei boschi anche se piove, no?”
E se arriva il ministro Azzolina cosa le dite?
“La mandiamo affanc…”
Ma lo sapete che in realtà lei ha chiamato la ragazza di Torino per complimentarsi e si sta impegnando per il ritorno in classe?
“Ah brava, non lo sapevamo”
Ecco, allora magari leggete qualche quotidiano online in più, documentatevi meglio?
“Ok”
Sì, però dimmi perché lo fai davvero
“Mmmm! Anche se siamo piccoli vogliamo dire quello che pensiamo. Preferisco andare a scuola e fare lezione in fianco a compagni che, tipo, detesto, piuttosto che andare avanti così. La dad ci fa schifo! Poi siamo tutti in casa, che palle!”
Sapete però che c’è il piccolissimo problema dei contagi? Gli assembramenti sui mezzi e altre banalità…
“Ma non siamo a Milano. Là ci sono più rischi ma qui si va a scuola a piedi o in bici, o in macchina. Non si possono fare regole differenti per i paesi piccoli?”
Va bene ma allora, dato che si tratta di una cosa un po’ al limite, prima è meglio scrivere un messaggio al sindaco in cui si spiega cosa fate. Poi per sicurezza sentiamo una conoscente avvocato.
“Ok”
Non ci siamo capiti, dovete farlo voi
“NO, perché”
Io di certo non lo faccio per voi: è una cosa vostra, fatela fino in fondo
“No”
Allora niente, te ne stai a casa
“Mmmm. Vabbè dammi l’email”
Poco fa l’ho sentito via Whatsapp: tutto bene, i professori li hanno elogiati, i compagni anche e altri 3, che ieri non se la sentivano, hanno deciso che domani si metteranno fuori con loro. E forse la scuola metterà a disposizione delle prese elettriche per l’alimentazione dei computer.
Sembra anche che qualcuno di passaggio abbia chiamato dei giornalisti locali: forse meglio se scrivo un articolo che spiega cosa c’è dietro questa decisione.
Un loro compagno che era a scuola per lezioni di sostegno è uscito per portargli un bicchiere di tè.
[foto Martino De Mori]

 

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