Tra gli effetti collaterali dello smart working in emergenza Covid ci sono anche le innumerevoli conference call su Zoom, Google Meet e altre piattaforme. Con conseguenze sulla salute che a quanto pare non riguardano solo i mal di testa da overdose di parole a fine giornata: dagli Stati Uniti arriva infatti la segnalazione di un nuovo problema della sfera estetica, la “dismorfia da Zoom”.
Secondo un articolo pubblicato da alcune dermatologhe del Massachusetts General Hospital sulla rivista Facial Plastic Surgery & Aesthetic Medicine, le tante ore passate a vedere la propria faccia sullo schermo del pc o dello smartphone stanno spingendo molte persone a prestare più attenzione ai difetti estetici del loro volto, con particolare riferimento all’acne, alle rughe e alla caduta dei capelli. Tre problemi di medicina estetica che a quanto pare hanno anche avuto negli Usa un forte incremento del numero di ricerche in google durante il lockdown e che, secondo le dermatologhe americane, sono destinati a spingere sempre più soggetti a chiedere l’aiuto dello specialista come a ricorrere a prodotti per la cura e la bellezza del viso.
Sempre nell’articolo viene citato uno studio che ha verificato come una foto scattata da 30 cm fa scattare una preoccupazione per le dimensioni e la forma del proprio naso con una percentuale superiore del 30% rispetto a un’immagine presa da 1,5 metri. Con una conseguente maggiore propensione a rivolgersi alla chirurgia plastica per un “ritocchino.
La “dismorfia da Zoom” non ha però suscitato solo l’interesse dei medici, ma anche dalle stesse piattaforme per le call, alcune delle quali (come VooV Meeting) hanno infatti inserito anche dei “filtri di bellezza” tra le funzioni disponibili nelle loro app.
Credits foto: Tima Miroshnichenko da Pexels.
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