La corsa non solo fa dimagrire, ma tiene in allenamento anche il cervello, lo spiega la scienza

Secondo una ricerca pubblicata su Frontiers in Human Neuroscience la corsa stimola la creazione di connessioni tra le diverse aree del cervello, mantenendolo giovane e in forma

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La corsa fa dimagrire, fa bene al diabete e al testosterone, aumenta la felicità e stimola addirittura il desiderio sessuale. Uno studio dell’Università dell’Arizona, pubblicato sulla rivista Frontiers in Human Neuroscience, ha aggiornato ancora la lunghissima lista dei benefici del running. Questa attività fisica di tipo aerobico, secondo la ricerca, aumenterebbe le connessioni tra le varie aree del cervello, che diventerebbe quindi più abile nelle azioni cognitive complesse.

La corsa tiene in allenamento anche il cervello: lo studio

I ricercatori hanno preso in considerazione un campione di 22 giovani con un’età compresa tra i 18 e i 25 anni. I soggetti sono stati divisi in due parti: atleti e non atleti. Il primo gruppo era composto da corridori reclutati da scuole o squadre dell’area metropolitana della città di Tulson; i ragazzi del secondo gruppo, invece, hanno dichiarato di non aver praticato sport con regolarità nell’ultimo anno. Gli esperti, quindi, hanno sottoposto ogni partecipante a una risonanza magnetica cerebrale. È importante specificare che tutti i volontari avevano una forma fisica simile e un analogo livello di istruzione.rimettersi in forma con la corsa

Comportamenti cognitivi complessi e invecchiamento del cervello

Il cervello del gruppo dei runner, secondo la ricerca, aveva un maggior numero di connessioni fra le diverse aree. Le differenze a favore degli sportivi sono state evidenziate anche nella corteccia prefrontale, deputata all’organizzazione dei comportamenti cognitivi complessi, alla capacità di prendere decisioni, al controllo delle azioni a seconda del contesto sociale e alla concentrazione verso un obiettivo (sia a breve che a lungo termine).

L’area cerebrale in questione, inoltre, riguarda i processi di invecchiamento. Quando tali zone sono più “connesse”, secondo una supposizione degli esperti, il rischio di contrarre patologie neurodegenerative potrebbe diminuire.

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