Mi capita spesso di sentirmi chiedere da persone digiune di montagna se l’alpinismo è uno sport. Una domanda lecita la cui risposta è soprattutto di tipo filosofico. Ovvero riguarda l’idea che abbiamo oggi dello sport e dell’alpinismo in particolare, e l’essenza dello sport e dell’alpinismo.
Che cos’è uno sport per noi oggi?
Se chiediamo a bruciapelo a qualcuno che cos’è uno sport, è molto probabile che la risposta comprenda le parole competizione, agonismo, gara, regole, classifiche. Questo sono in fondo le Olimpiadi, la massima espressione dello sport a livello globale: una serie di competizioni in cui uomini e donne gareggiano per vincere, e magari stabilire primati, secondo regole prestabilite e accettate.Una definizione ormai codificata anche dai dizionari, come per esempio la Treccani che per sport intende una “attività intesa a sviluppare le capacità fisiche e insieme psichiche, e il complesso degli esercizi e delle manifestazioni, soprattutto agonistiche, in cui tale attività si realizza, praticati nel rispetto di regole codificate da appositi enti, sia per spirito competitivo (accompagnandosi o differenziandosi, così, dal gioco in senso proprio), sia, fin dalle origini, per divertimento, senza quindi il carattere di necessità, di obbligo, proprio di ogni attività lavorativa“.
In effetti, risalendo all’etimologia del termine, si scopre che sport è una parola cinquecentesca inglese (la prima apparizione è del 1532) che significa divertimento. Deriva da un’abbreviazione dal francese antico della voce “desport”, da cui derivano lo spagnolo “deporte” e l’italiano “diporto”, cioè svago, divertimento, ricreazione. E questa idea di divertimento gratuito è anche la prima definizione che ne dà il Cambridge Dictionary, che descrive lo sport come svago, distrazione, divertimento. Una sfumatura di significato che in Italia è ancora presente, in accezione quasi negativa, nell’espressione “fare qualcosa per sport”.
Certamente se pensiamo alle Olimpiadi, ai campionati degli sport di squadra, alle competizioni di ogni ordine e grado di qualunque sport, è difficile pensare che “si facciano per sport”. Cioè per svago, divertimento e gratuità. Tuttavia se pensiamo all’alpinismo è più facile pensare a questi termini, insieme ad altri come avventura e sfida, che non a competizione, regole e classifiche.
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Che cos’è l’alpinismo?
Infatti, che cos’è l’alpinismo esattamente? Sempre per la Treccani si tratta di “un’attività sportiva consistente nell’ascendere le montagne ricorrendo a una specifica tecnica“. Una frase interessante perché definisce l’alpinismo in quanto sport per l’attività che lo caratterizza (ascendere le montagne), senza finalità prestabilite (non dice “raggiungere la vetta di una montagna”) e per il ricorso a una specifica tecnica. Quindi se per altri sport si parla di regole, per l’alpinismo si parla di tecnica. Ma in ogni sport ci sono delle “tecniche”, e però, volendo fare un paragone banale ma facilmente comprensibile, un gol è un gol anche se scaturisce da un rimbalzo del pallone su una natica. Che non è propriamente una tecnica.
Ma quindi l’alpinismo è uno sport?
Fatta tutta questa premessa filosofica, quindi l’alpinismo è uno sport? Per rispondere proviamo a partire dalla data, e dall’evento, che determinano la nascita dell’alpinismo in senso moderno. Era il 1760 quando un giovane scienziato ginevrino, Horace-Bénédict de Saussure, in visita a Chamonix guardando la vetta del Monte Bianco disse che avrebbe scalato quella montagna fino alla cima o che ne avrebbe in qualche modo favorito l’ascensione offrendo del denaro a chi ci fosse riuscito per primo. 25 anni dopo, nel 1786, un medico di Chamonix, Michel-Gabriel Paccard, e il suo portatore, Jacques Balmat, raggiunsero la vetta e reclamarono il denaro appena prima che l’anno successivo lo stesso de Saussure raggiungesse la vetta. Se questo è l’avvenimento che determina la nascita dell’alpinismo moderno, bisognerà poi attendere la metà dell’Ottocento per vedere gruppi di britannici, svizzeri, francesi e italiani misurarsi con le più alte vette delle Alpi finché una ascensione fece sì che l’alpinismo diventasse di interesse popolare: fu quando il 14 luglio 1865 Edward Whymper raggiunse per la prima volta l’iconica vetta del Cervino / Matterhorn dal versante svizzero.
Nonostante la presenza di un premio in denaro come “atto di nascita” oggi per molti l’alpinismo è un’attività caratterizzata da gratuità, piacere personale, sfida, avventura. Ci sono ovviamente anche interessi economici, sponsorizzazioni, record, interessi geopolitici e molti altri aspetti, soprattutto quando si tratta degli Ottomila e di altre montagne che rappresentano qualcosa in più di una semplice montagna.
Se non ci sono più dubbi relativamente al fatto che l’alpinismo è uno sport a tutti gli effetti, qualunque limite si voglia imporre alla definizione di sport, bisogna però aprire un altro paio di riflessioni. La prima sul “campo di gioco” dell’alpinismo; la seconda sulle “regole di gioco”.
Se da definizione l’alpinismo è “un’attività sportiva consistente nell’ascendere le montagne“, dove inizia esattamente l’alpinismo? Ascendere una montagna di 2000 metri procedendo lungo un sentiero è alpinismo o una escursione impegnativa? In effetti la stessa definizione dice anche “ricorrendo a una specifica tecnica“: ma il modo in cui Kilian Jornet è salito sul Cervino o le ascensioni di Ueli Steck non prevedono la stessa tecnica con cui lo salgono centinaia di altre persone ogni anno; oppure chi sale l’Everest o qualunque altro Ottomila “in stile alpino” non usa la stessa “tecnica” di chi vi sale con una spedizione commerciale e l’uso di bombole di ossigeno da parte dei portatori d’alta quota. Allora la domanda è: tutti fanno alpinismo? O solo alcuni di questi? E di conseguenza chi di questi fa sport e chi qualcosa di diverso ancora da definire? E chi lo stabilisce?
Si potrebbe andare avanti ancora per decine e decine di righe ad analizzare gli aspetti filosofici dell’alpinismo, il suo perimetro, l’idea di “by fair means” e tutte le loro possibili implicazioni. Ma per tornare alla domanda iniziale sì, l’alpinismo è uno sport nella misura in cui impegna il fisico e la mente nel raggiungimento di un obiettivo – l’ascesa verso una vetta – e non lo è nella misura in cui si pensa allo sport in termini di competizioni e classifiche; è uno sport che ha una componente spirituale enorme, legata al valore simbolico delle montagne ma anche al superamento dei limiti fisici e mentali; è uno sport che prevede il mettersi in gioco in prima persona con la possibilità di non riuscire a raggiungere l’obiettivo (e sempre con una possibilità di rischio di vita); ma anche uno sport in cui ciascuno deve fare i conti con le proprie aspirazioni e commisurarle all’attrezzatura tecnica che si concede di poter utilizzare.
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