“Scendi di li!“. “Vieni giù che cadi!“. “Dove vai che è pericoloso!” (e ogni altra variazione sul tema pericolo, preoccupazione, ansia): quante volte l’avete detto o sentito dire a figli e bambini che si stavano arrampicando da qualche parte, dai mobili di casa agli scogli in fondo alla spiaggia fino a – ovviamente – qualche bella parete incontrata in montagna?
Noi frasi del genere le abbiamo sentite un sacco di volte, e allora quando abbiamo incontrato Simone Moro (in occasione di una sessione di arrampicata ai piani di Bobbio per festeggiare i 125 anni di Camp) non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione per chiedergli chi abbia ragione: gli adulti o i bambini?
“I bambini! Arrampicare è una matrice motoria di base ed è un istinto innato: tutti noi guadagniamo la posizione eretta prima facendo un’attività quadrupedica orizzontale, ovvero gattonando, e poi verticale, ovvero aggrappandoci a quello che capita: una sedia, il calorifero, un mobile”.
Quindi per un bambino, arrampicare è qualcosa di naturale?
“Di assolutamente naturale e innato. Poi purtroppo crescendo perdiamo questa abilità. Ma è un errore: sapete che grazie all’arrampicata si sono curate sia la dislessia che la disgrafia? L’arrampicata migliora la coordinazione oculo-manuale e oculo-podalica, ed è dimostrato scientificamente che questo migliora anche l’apprendimento cerebrale.”
Quindi conviene lasciar arrampicare i bambini?
“Sicuramente: è un investimento sulle loro capacità di apprendimento. Purtroppo sono gli adulti a proiettare le loro paure, come vertigine e panico per l’altezza, sui bambini. Siamo noi adulti i primi a non essere esploratori, ma arrampicare è formativo dal punto di vista caratteriale, della personalità e anche dello sviluppo dell’apprendimento”.
Meglio indoor o direttamente all’aperto?
“Io ho cominciato così, in palestra e poi andando outdoor. Va benissimo, soprattutto per chi vive in città, ma è bene sapere che l’arrampicata outdoor è anche un modo per fare attività aerobica, camminare alla ricerca della parete giusta, fare escursioni alla ricerca dell’avventura. L’importante è che i genitori stiano vicini ai loro figli, ma senza improvvisarsi istruttori”.
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