Stefano Ghisolfi: l’arrampicata? È uno stile di vita

Stefano Ghisolfi: l'arrampicata? È uno stile di vita

Stefano Ghisolfi, 30 anni, torinese di nascita e trentino d’adozione da quando si è trasferito a vivere ad Arco, è senza dubbio il miglior arrampicatore italiano e tra i migliori al mondo. Vincitore della Coppa del mondo Lead di arrampicata nel 2021, alterna le competizioni in parete artificiale all’attività su roccia. È il secondo rocciatore al mondo ad aver salito 3 vie di 9b+ (5.15c): Perfecto Mundo, Change e Bibliographie, via gradata 9c da Alexander Megos ma downgradata da Stefano a 9b+, restituendo a “Silence” di Adam Ondra, il primato attuale di unica via 9c al mondo.

Stefano Ghisolfi: l’arrampicata? È uno stile di vita

L’abbiamo incontrato in occasione del Cortina Outdoor Summer Camp organizzato da The North Face, di cui è parte del team di atleti. E questa è stata l’occasione per una chiacchierata dalla prima “presa” al sogno di una carriera verticale.

Stefano, come ti sei avvicinato all’arrampicata? È stato il tuo primo amore o ci sei arrivato dopo aver praticato altri sport?

Il mio primo sport è stato in realtà la mountain bike, di cui mio papà è Maestro, e così ho cominciato fin da piccolo, da quando avevo 6 anni, a fare garette in bicicletta sui sentieri di montagna. Poi quando avevo 11 anni, proprio dopo una gara, alcuni miei amici mi hanno fatto provare una parete di arrampicata artificiale in Val d’Aosta, e questo è stato il mio primo contatto con l’arrampicata.

Quindi il primo approccio all’arrampicata è stata su parete artificiale?

In realtà erano delle prese su una diga, quindi era outdoor, ma era un muro artificiale. Quindi sì, ho cominciato su parete artificiale e non su roccia, anche perché i miei genitori non sono degli scalatori e ci sono voluti questi amici per provare ad arrampicare.

 

> Iscriviti alla nostra newsletter compilando il form qui sotto!
Spoiler: ne mandiamo poche, ma buone!

 

E cos’è che ti ha fatto dire “Wow questo è il mio sport“?

Guarda, già dalla prima volta mi sono trovato subito a mio agio, cioè ho capito che mi muovevo molto meglio degli altri ragazzini. Insomma, ero arrivato in cima e mi ero divertito mentre lo facevo. E poi in realtà arrampicare era una cosa che facevo dappertutto fin da piccolo, salivo ai giardinetti, salivo su tutti i castelli, le costruzioni, i cartelli stradali.
Quindi già quello mi doveva far capire un po’ di cose. Ma sicuramente proprio il fatto che mi venisse così facile senza aver mai provato ad arrampicare mi ha fatto capire che mi piaceva, che ero portato e mi ha fatto poi decidere di continuare.

 

Stefano Ghisolfi: l'arrampicata? È uno stile di vita

 

Il passaggio dalle prese artificiali alla roccia, come è avvenuto?

Quello è venuto in realtà molto più avanti, dopo già 4 o 5 anni che che arrampicavo. Ogni tanto avevo provato anche prima a scalare sulla roccia, ma saltuariamente, magari una volta all’anno. Il vero passaggio alla roccia c’è stato quando avevo già 15 o 16 anni, e quando ho cominciato a capire che sulla roccia potevo coltivare una passione parallela alle gare. Perché io ho iniziato sulla plastica e sono entrato praticamente subito in una squadra agonistica, in un gruppo giovanile, e poi ho iniziato a fare le gare anche nella nazionale giovanile, e la roccia è arrivata quando ero già avanti con l’esperienza. Anche in questo caso quando ho provato a scalare su roccia mi è piaciuto talmente che poi ho continuato parallelamente alla mia attività di gare.

 

Vieni infatti descritto come un atleta poliedrico: quali sono le differenze proprio di approccio, di sensazioni tra l’attività in palestra e quella su roccia?

A parte la Speed, che facevo all’inizio e ora non faccio più da molti anni e che è davvero una cosa diversa, poi tutte le altre sono aspetti diversi dell’arrampicata che ti permettono di divertirti praticando quello che ti piace. Indoor, outdoor, boulder, parete, la cosa bella è che in una settimana puoi andare una volta in palestra, una volta su roccia, una volta a fare boulder, e la cosa bella dell’arrampicata è proprio la sua poliedricità e la possibilità di fare tutto anche contemporaneamente.

 

Pensi che queste esperienze diverse ti completino come atleta? E che cosa porti dalla palestra in falesia e viceversa?

Sicuramente non è così per tutti, perché molti fanno solo roccia, molti fanno solo palestra, mentre per me sono una cosa parallela e l’una ha sempre aiutato l’altra. Sicuramente dal punto di vista fisico, perché più o meno l’allenamento è simile, ma molto anche dal punto di vista mentale, come modo di allenarsi variando la la situazione, l’ambiente, e quindi spezzare un po’ la monotonia.

Stefano Ghisolfi: l'arrampicata? È uno stile di vita

Sicuramente allenarsi sempre solo in palestra può essere molto ripetitivo e quindi poter andare anche su roccia aiuta molto. Poi mi ha aiutato anche molto per la testa e diciamo psicologicamente. Anche solo il fatto di avere diversi obiettivi, cioè una gara e contemporaneamente un obiettivo su roccia mi ha sempre aiutato ad abbassare un po’ la tensione, perché sapevo che se un obiettivo falliva avevo la possibilità di avere l’altro. Ecco, avere un’altro obiettivo, quello mi ha sempre aiutato.

 

Dal punto di vista dell’investimento personale che cosa significa preparare un progetto del livello di Bibliographie?

Sicuramente già l’arrampicata di suo e in generale e un po a tutti i livelli rischia di diventare totalizzante. Ti prende dal mattino alla sera e il pensiero rischia di essere solo quello. Ma per un progetto del genere non sempre è un bene però focalizzarsi tutto l’anno. Quindi è come dicevo prima, mi alleno sempre per le gare e poi cerco di cambiare l’allenamento per la roccia. Alla fine l’arrampicata diventa proprio uno stile di vita a un certo punto, e quindi il progetto diventa anche proprio un obiettivo annuale che poi coinvolge tutto, anche le vacanze si scelgono in base agli obiettivi e si cerca di di programmare tutto. Quindi sì, è complicato, ti prende totalmente e ci pensi sempre.
La cosa che poi ti prende di più in realtà è quando cominci a provare un progetto e da quel momento poi pensi sempre a quello, la sera ti metti nel letto e ripensi ai movimenti della via, ripassi le cose, ti dici “ah qua potevo fare così” e quindi alla fine durante tutto il giorno e anche quando fai un momento di pausa alla fine pensi sempre a quel progetto.

 

Anche tu i movimenti da fare li hai già in testa prima di cominciare una via?

Se è una via che è già stata provata, che qualcuno l’ha già provata, e magari c’è anche qualche video sì, e magari cerco di ricreare anche in palestra qualcosa di simile con gli stessi movimenti, anche se magari non sono mai andato a provare in parete.
L’evoluzione finale di questa cosa è l’ultimo boulder che sto provando e del quale è stata fatta una replica delle prese scannerizzate in 3D e riprodotte su prese artificiali in modo da poterle mettere in palestra e potersi allenare in maniera molto specifica, visto che è uguale al 95% a quello che che poi è il boulder là fuori.

Stefano Ghisolfi: l'arrampicata? È uno stile di vita

 

Cosa pensi di queste possibilità tecnologiche, di questa ingegnerizzazione di un’attività che nasce a contatto con la natura, e che non è per tutti?

È un’evoluzione, e bisogna capire qual è il proprio obiettivo. Certo che se voglio godermi una giornata all’aria aperta e andare a scalare fuori nulla me lo vieta, ma se l’obiettivo diventa scalare la Via o il boulder più difficile del mondo allora bisogna cercare di trovare tutti i mezzi possibili per arrivare al meglio all’obiettivo. Questo della riproduzione in 3D secondo me è uno strumento in più che trovo molto utile e che non mi toglie le giornate all’aperto. Molto semplicemente: ho un obiettivo e quello è uno strumento in più che ho e anzi magari così riesco a fare anche qualcosa in più, prepararmi per un’altro obiettivo o spenderlo all’aria aperta. Poi come sempre ognuno può scegliere quello che vuole.

 

Allora, parlando di obiettivi e progetti, qual è il tuo sogno in questo momento rispetto alla tua carriera di arrampicatore?

Il mio sogno più grande adesso è di di scalare la via più difficile del mondo che è Silence, il 9c in Norvegia, e di scalare anche il boulder più difficile del mondo che si chiama Burden Of Dreams, è in Finlandia ed è il primo 9A al mondo. E questi sono i due obiettivi su roccia principali. Silence l’ho provata già l’anno scorso, Burden Of Dreams l’ho provato quest’anno e sono veramente oltre i limiti. Cioè sono già stati scalati, però sono veramente al limite delle mie possibilità e il mio sogno sarebbe scalarli entrambi, una cosa che nessuno è ancora riuscito a fare.

Stefano Ghisolfi: l'arrampicata? È uno stile di vita

 

E allora qual è secondo te l’essenza, il significato profondo, l’anima dell’arrampicata?

Bella domanda… L’essenza, il significato dell’arrampicata ognuno deve trovarlo dentro di sé. Però proprio perché è così poliedrica, proprio perché dà così tante possibilità è bello che ognuno possa scegliere quello che vuole. Per me l’arrampicata è portarmi al mio limite, per uno può essere sfogarsi o rilassarsi dopo una giornata di lavoro, per un’altro può essere usarla come un allenamento fitness. Ognuno può sceglie che cosa è bello per sé, e forse è proprio questa l’essenza dell’arrampicata.

LEGGI ANCHE: Stefano Ghisolfi: andare in parete è divertimento e adattamento

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Pubblicità

Potrebbe interessarti anche...