L’incidente occorso all’auto a guida autonoma di Uber ha scatenato il dibattito sui rischi nelle strade e le responsabilità Carlos Ghosn, Ceo di Nissan Renault, è intervenuto a gamba piuttosto tesa sui ciclisti, dichiarando che
“Uno dei più grandi problemi è costituito dalle persone che vanno in bici. Le auto autonome vengono confuse dai ciclisti, che a volte si comportano come pedoni, a volte come auto”.
Questo, secondo il boss del colosso dell’automotive, può mandare in tilt gli algoritmi che calcolano le variabili in strada e definiscono il comportamento delle auto. Ghosn ha aggiunto che i ciclisti sono spiriti liberi e in strada “di solito non rispettano alcuna regola”.
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Inizia l’era delle bici che comunicano con le auto
Premesso che avere più sicurezza in strada sia sacrosanto, è anche evidente come non siano i ciclisti gli unici responsabili degli incidenti (considerando fra l’altro il fatto che chi va in bici è più esposto a rischi mortali rispetto a chi guida un’auto). Ma è innegabile che è difficile prevedere i movimenti di un ciclista in strada, sia per un guidatore ‘umano’ che per un software.
Lo ha spiegato lo stesso Manuel Marsilio, il general manager di Confederation of the European Bicycle Industry (CONEBI), che durante una tavola rotonda dell’evento Future Networked Car che si è tenuto a Ginevra l’8 marzo scorso durante il Salone dell’Auto, ha usato quasi le stesse parole di Ghosn:
“A volte i ciclisti non vogliono comportarsi in modo sicuro e rispettoso”.
Aggiunge poi che “Dobbiamo trovare soluzioni per rendere più sicuri i ciclisti. L’industria delle bici sta iniziando a lavorare su una Intelligenza Artificiale che riesca a gestire la comunicazione fra auto e biciclette”.
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Come faranno le bici a dialogare con le auto?
Così da qualche tempo alcune case stanno ragionando su sistemi di dialogo bici-auto, in modo che queste ultime siano in grado di riconoscere meglio la posizione e il comportamento dei mezzi a due ruote.
Il sistema su cui si sta lavorando si ispira al principio dei beacon, una tecnologia basata sul bluetooth. In generale si tratta di un piccolo oggetto dotato di trasmettitore radio a bassa potenza, che è in grado di monitorare in tempo reale la presenza di altri soggetti (in questo caso le auto). Per farlo funzionare serve uno smartphone su cui sia installata una app che permetta di leggere il messaggio.
Oltre a essere considerati un importante strumento di marketing, i beacon sono sempre più impiegati nella sicurezza.
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I limiti
Un sistema del genere presuppone che tutti i ciclisti e le auto siano dotati di beacon, così come cani, gatti, alci e qualsiasi essere animato che possa capitare in strada. In ogni caso è un primo passo verso una maggiore sicurezza: se solo dovesse salvare una vita, saremmo contenti.
Proprio per questo i tempi non sono ancora maturi, ma le case ci stanno lavorando.
I primi prodotti: Garmin Varia
Le case ciclistiche e automobilistiche sono al lavoro su questo fronte. Fra le prime c’è ad esempio Garmin, con Varia Bike Radar, un sistema che cerca di aumentare la sicurezza per chi si muove sulle due ruote. Si tratta di un radar che va posizionato sotto la sella e avvisa dei veicoli in avvicinamento fino a una distanza di 140 metri. Di fatto un retrovisore elettronico per biciclettte.
Varia non è in grado di dialogare con le auto e condizionare le scelte di un’auto autonoma (in effetti i tempi non sono ancora maturi), ma dialoga con i computer Gps della casa per rilevare la posizione delle auto e la loro velocità di avvicinamento, per poi calcolare il livello di pericolo. Che viene segnalato al ciclista con un avviso sonoro (il volume e l’intensità crescono al crescere del rischio) e all’auto vicina con un lampeggiante.
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(foto pixabay, garmin)
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