Una ciclista è andata in mountain bike nel selvaggio sud-est asiatico sulle tracce dei Vietcong.
Un avventuroso viaggio in bicicletta per cercare risposte e verità dopo più di 40 anni. Nel 1972, durante la guerra del Vietnam, il padre della campionessa di mountain bike Rebecca Rusch perse la vita in una violenta battaglia aerea. La donna, nel marzo del 2015, ha quindi attraversato le zone più selvagge di tre Paesi del sud-est asiatico (Vietnam, Laos e Cambogia lungo i percorsi usati dai Vietcong) per cercare il punto in cui il velivolo dell’uomo è caduto dopo l’incidente. In collaborazione con Red Bull Media House, quest’estate uscirà uno spettacolare documentario dedicato alla spedizione.
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In mountain bike nel selvaggio sud-est asiatico sulle tracce dei Vietcong
Rebecca Rusch, nata in Porto Rico nel 1968, aveva solo 4 anni quando il padre Stephen morì verso la fine della guerra del Vietnam. L’uomo faceva parte dell’Air Force statunitense e il suo aereo precipitò a terra dopo una tremenda battaglia ad alta quota. Il corpo del soldato non è mai stato ritrovato e quella che allora era una bambina, ormai, non ha più ricordi legati alla sua figura paterna. 43 anni e quattro titoli di campionessa mondiale di mountain bike (più altri premi in discipline differenti) dopo, la Rusch ha deciso di sfruttare la sua popolarità e la sua indole avventuriera per raggiungere due obiettivi ben precisi: trovare il punto in cui l’aereo è caduto e scovare ulteriori dettagli sulle reali circostanze dell’accaduto.
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Un documentario da non perdere
In onore di suo padre, nel marzo del 2015 la ciclista è partita per un viaggio in mountain bike lungo l’Ho Chi Minh Trail, una rete parzialmente segreta di strade (circa 1900 chilometri totali) che dava supporto logistico ai guerriglieri Vietcong durante la guerra. Il percorso tocca il Vietnam, il Laos e la Cambogia ed è caratterizzato da moltissimi punti selvaggi e immersi nella natura. Rebecca Rusch, a bordo di una Niner Jet RDO, si è spostata in compagnia di Huyen Nguyen (ciclista vietnamita), un piccolo support team e un gruppo di registi di Red Bull Media House, sempre attivi con le loro telecamere ad alta definizione. Villaggi, giungla, fiumi attraversati a piedi o su piccole imbarcazioni in legno, tracciati sterrati e vecchi teatri di guerra: potremo goderci le immagini del viaggio a partire dai mesi estivi, quando verrà pubblicato il documentario (il titolo è ‘Blood Road’ e ha già vinto l’Audience Choice Award al Sun Valley Film Festival) dedicato alla spedizione portata a termine in poco meno di un mese.
Avventure di ogni tipo
L’intero giro è stato organizzato con l’intento di arrivare nel punto dell’incidente il 7 marzo, ossia il giorno in cui il padre di Rebecca è deceduto nel 1972. Ancora non sappiamo l’esito più o meno positivo della spedizione, visto che tutto rimarrà segreto fino alla data di uscita del film: “Ho trovato molto più di ciò che stavo cercando”, ha assicurato però la Rusch in un’intervista a ‘Outside Online’. Durante il viaggio, la donna e il suo staff hanno dormito sia in hotel che in alcune case dei locali, orientandosi grazie a una combinazione tra vecchie cartine geografiche, GPS e consigli più o meno affidabili delle persone del posto.
Il selvaggio Vietnam (Foto: Jaja Varenna)
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