Quella dei marginal gains nello sport è una teoria ormai vecchia. La prima volta che se ne sentì parlare era alla vigilia dei giochi Olimpici di Atene 2004, e a farlo fu Dave Brailsford, responsabile della performance nel ciclismo su pista della squadra del Regno Unito. L’UK, nel ciclismo, era allora una cenerentola, e su pista non vinceva una medaglia dal 1908. Motivo per cui la teoria di Dave Brailsford secondo la quale tutto era allenabile, anche ciò che non era parte dell’allenamento, venne presa un po’ con un’alzata di spalle. Poi il Regno Unito vinse due medaglie d’oro, tra Pechino 2008 e Londra 2012 ne vinse altre 16, e Brailsford, nel frattempo passato al team Sky, portò sul podio più alto del Tour de France Bradley Wiggins. A quel punto i riflettori si accesero anche sui marginal gains. O guadagni marginali, per dirlo in italiano.
La teoria è molto semplice: quando la competizione è tirata al limite, e si gioca sul filo del rasoio, qualunque cosa può fare la differenza. Anche ciò che non si vede, da cui il concetto di allenamento invisibile.
Prendiamo l’ultimo Tour de France, quello del 2020: tra Pogacar e Roglic alla fine c’erano solo 58″. 58″ dopo 87 ore e 20′ di corsa. E la finale dei 100 metri alle ultime Olimpiadi di Rio 2016? Tra usain Bolt e Justin Gatlin la differenza è stata di 8 centesimi di secondo (9″81 contro 9″89). E la maratona nella stessa Olimpiade? Tra Eliud Kipchoge e Feyisa Lilesa c’erano “solo” 1′ e 10″, che visti in TV sembrano anche un’eternità. Ma cosa sono 1′ e 10″ dopo 42 km passati a correre al limite delle proprie capacità. 8 decimi di secondo sui 100 metri o 58″ al termine di un Tour de France? A prima vista sono la differenza che passa tra vincere, e passare alla storia, e non vincere e venire (quasi) dimenticati. E solitamente la mistica sportiva parla di talento o di duro lavoro, ma forse non è solo così. Forse la differenza è anche nel saper trovare quelle aree di guadagno marginale che possono dare un vantaggio anche solo dell’1%. Da cui appunto il fatto che la teoria dei marginal gains è detta anche teoria dell’1%.
Le aree di guadagno marginale sono le più varie, variopinte, ampie e spesso inimmaginabili. Si narra che Brailsford, prima di ogni gara su pista con Team UK, misurasse la pressione atmosferica all’interno del velodromo per calcolare la giusta pressione con cui gonfiare i tubolari delle biciclette. Noi che eravamo a Monza in occasione del primo tentativo di Kipchoge di correre la distanza di una maratona in meno di 2 ore abbiamo visto con i nostri occhi tutti gli studi e i pensieri sull’orario migliore, e quindi con la temperatura ambientale migliore, per tentare l’impresa. E abbiamo visto anche le speciali calzature usate da Kipchoge in quell’occasione, quelle Nike Zoom Vaporfly Elite da cui poi sono discese le Nike Vaporfly 4%. Appunto, scarpe in grado di dare un vantaggio del 4%.
In tempi non sospetti, cioè ben prima dell’esplosisione delle pandemia, Craig Ranson, Direttore del dipartimento di Athlete Health presso l’English Institute of Sport, aveva già preannunciato che in vista di Tokyo 2020 avrebbero spiegato agli atleti di team UK come lavarsi correttamente le mani. Perché le infezioni respiratorie e i virus gastrointestinali sono due dei pericoli più subdoli per un atleta di alto livello.
Molti team ciclistici, ma anche squadre sportive e perfino delegazioni olimpiche ormai predispongono le camere da letto dei propri atleti con materassi personalizzati. Come se si dormisse sempre nello stesso letto, fatto a misura per sé, pur cambiando ogni volta stanza, albergo, città, nazione. Ma la lista delle aree di intervento per un guadagno marginale è davvero infinita: l’alimentazione, la psicologia, l’abbigliamento (chi ricorda i manicotti di Kipchoge per mantenere la postura delle braccia e favorire l’aerodinamica?), l’attrezzatura e chi più ne ha più ne metta. E non sono dettagli se è vero, come è vero, che domenica 28 febbraio, alla maratona di Tokyo, 42 uomini, di cui 40 giapponesi, hanno corso sotto le 2 ore e 10′. Tutti con le “nuove” scarpe con la piastra in carbonio. Qualcosa di mai successo nella lunga storia della competizione regina dell’atletica
Anzi, arrivati a un certo livello, il livello Top, è praticamente impossibile trovare guadagni significativi nella sola area di intervento dell’allenamento. Mentre è potenzialmente più facile trovare piccoli vantaggi in molte aree apparentemente non significative.
Ma che c’azzeccano i marginal gains con noi comuni mortali? A ben vedere poco, se si considera la competizione di alto livello qualcosa di lontano e inarrivabile. E meno ancora se la competizione e la performance non fanno parte dei nostri interessi. Ma se invece anche noi abbiamo i nostri piccoli record, i nostri piccoli personal best, i nostri segmenti Strava di cui essere “local hero”, allora i guadagni marginali possono essere molto interessanti anche per noi tapascioni o ciclisti della domenica.
Perché c’è un equivoco in tutti noi che ci alleniamo più o meno regolarmente e scientemente, e cioè che per ottenere di più bisogna allenarsi di più. Spingere di più. Non pain no gain, per dirla con un’altra frase fatta della mistica sportiva. E invece no, allenarsi di più può essere una condizione necessaria ma sicuramente non è condizione sufficiente. Perché bisogna anche (se non soprattutto) allenarsi meglio. E sì, nell’allenamento rientra tutto, anche il riposo (che è ormai assodato essere parte costituente dell’allenamento), l’alimentazione e tanti piccoli dettagli della nostra vita quotidiana in cui si può nascondere il Diavolo che ci priva della nostra piccola, grande soddisfazione personale.
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