Luci puntate in questi giorni su Irma (Testa), la dolce. Anche se in realtà tanto dolce non deve essere visto che picchia come una fabbro. La prima pugile donne a italiana ad andare alle Olimpiadi. Perché fa così scalpore? Per la sua tenera età di 18 anni? No. Perché è un’atleta azzurra che si è ‘semplicemente’ qualificata per Rio? No.
Perché è un pugile donna? Si, esattamente.
E per questo è una donna extraterrestre, vista dai più come una eroina che vuole sfondare il muro della discriminazione maschile. In realtà ha segnato un momento storico. Sono passati ormai 15 anni da quel lontano 2001 dove finalmente in Italia la boxe femminile veniva ammessa e legalizzata. Mi trovo a rileggere un vecchio articolo della Gazzetta, in cui venivo citata come prima pugile italiana con un contratto da professionista di boxe in Italia. Avevo fatto notizia! Non ero più fuorilegge, non dovevo più andare a combattere all’estero con licenza austriaca. Finalmente potevo farlo a casa mia. Che soddisfazione.
Fautori di questo furono la ministra Pari opportunità Belillo e il noto Prof. Veronesi, allora Ministro della Sanità. Era il 2001. Il motivo dell’esclusione delle donne dalla boxe secondo cui l’ansia pre-mestruale rendeva le donne instabili emotivamente, era stato superato. Perché effettivamente noi donne in quella fase, tanto equilibrate non siamo. Ma nemmeno chi va a fare boxe lo è! Tanto vale. E poi ci contestavano le tette che gli uomini non hanno. Ma loro hanno ben di più e si riparano con la conchiglia, noi abbiamo dei paraseni che son meglio di un armatura. Quindi non scherziamo. In realtà è stato abbattuto quel divieto arcaico e ingiusto, come definito da qualcuno, che voleva che le donne rimanessero a casa a fare la calza e a cucinare. Eppure ancora oggi ci sono gli scettici che si rifiutano di guardare due donne che si ‘prendono a botte’, le paragonano ancora alle squallide lotte nel fango. Mentre tirare pugni su un ring è uno sport come un altro e deve essere accessibile e accettato da tutti. Può piacere e non piacere esattamente come uno può guardarlo e non guardarlo.
Ovviamente, come nel mondo del lavoro, i pregiudizi e le discriminazioni restano, soprattutto a livello economico: prima siamo tutte lesbiche e poi ci pagano anche poco; le borse, infatti, restano sempre molto inferiori rispetto a quelle degli uomini. Ma che dire? È sempre tutto un gioco delle parti, tra ingaggi, diritti tv, sponsor, ecc. Mi verrebbe da chiedere a Irma: ma chi te lo fa fare? Ma conosco già la risposta: è una passione e non posso farne a meno: uno sport con tanti valori (che paradosso!), cosiddetto nobile, dove si imparano delle regole, l’autocontrollo, si sfoga un po’ di rabbia e di stress, ti dà anche una buona dose di sicurezza che ai giorni d’oggi non guasta e, dulcis in fundo, ti fa un fisico bestiale. Per chi non lo sapesse, l’allenamento per un pugile difficilmente ti gonfia e ti ingrossa come un bue (solo le spalle, ammetto!), bensì ti assottiglia la vita e ti affusola le gambe, quasi come una ballerina. Anche perché l’agilità conta molto. Quindi perché tenere la boxe tanto tempo lontana dall’universo femminile?
Leggere quindi il racconto di Irma mi fa venire la pelle d’oca. Un pugile italiano donna alle Olimpiadi di Rio2016 significa una nuova vittoria femminile, che conferma l’importanza del ruolo delle donne nello sport e in questo caso nel contesto olimpico.
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