Fare sport da soli peggiora l’umore e la performance: a confermarlo è uno studio brasiliano che ha sottolineato l’importanza della competizione e della solidarietà tra compagni di allenamento, a maggior ragione nella fase di lockdown da Coronavirus.
Dal 4 maggio, in seguito al Dpcm “Fase 2” approvato il 26 aprile, potremo tornare a correre, ad andare in bicicletta e a fare fitness outdoor anche lontano dalle nostre abitazioni. In sostanza, però, dovremo praticare tutti questi sport in solitaria, facendo attenzione a mantenerci distanti dalle altre persone: minimo 2 metri per l’attività sportiva come una corsa, minimo 1 metro per “ogni altra attività” (come una semplice passeggiata al parco). Ma cosa potrà accadere a chi fa sport da solo dopo che magari, prima del lockdown, era abituato alla competizione e agli allenamenti di gruppo? Secondo uno studio brasiliano, pubblicato sul Journal of Sports Physiology, i rischi sono principalmente due (e sono connessi tra loro): un peggioramento della performance e uno stato d’animo complessivamente più instabile e negativo durante l’attività.
Andiamo ora ad approfondire questo tema: continua a leggere qui sotto.
Fare sport da soli o in gruppo?
Lo studio, condotto da un team di esperti guidato da Everton do Carmo dell’Università di San Paolo, si è focalizzato sulla “psicologia del cronometro” e sul ruolo dei sentimenti durante lo sport. Di nuovo ha portato alla luce una serie di differenze (apparentemente sottili ma molto importanti) tra l’allenamento individuale e l’allenamento in gruppo, magari con amici o persone con cui amiamo entrare in competizione. I ricercatori hanno reclutato 14 runner di sesso maschile e hanno chiesto loro di completare due corse da 10 chilometri: una da soli e l’altra in gruppo (gareggiando l’uno contro l’altro). Le performance dei partecipanti sono state analizzate attraverso delle apposite tecnologie, mentre alla fine sono stati sottoposti a dei test psicologici dedicati al loro stato d’animo durante l’attività. Gli esperti non sono stati sorpresi dal fatto che i corridori sono stati più veloci nella gara di gruppo (tempo medio di 39 minuti e 32 secondi) rispetto a quella singola (40:28). Un minuto di differenza può sembrare poco, ma nella corsa non sempre lo è.
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La concorrenza e le differenze nello sforzo percepito
La concorrenza ci fa andare più veloci: avere dei compagni di allenamento stimola a correre più rapidamente, ottenendo risultati migliori. Questo è un dato di fatto già osservato nel corso di numerosi studi passati. Ma qual è il significato di tutto ciò? La cosiddetta psicologia della resistenza è studiata analizzando la componente soggettiva dello sforzo percepito (come lo sforzo viene percepito in maniera diversa da persona a persona), la quale comprende dei fattori fisiologici (come la frequenza respiratoria) e dei fattori mentali.
Un aspetto notevole sottolineato dagli esperti è stato il seguente: nonostante i runner abbiano corso più velocemente nella gara di gruppo, non hanno percepito uno sforzo maggiore rispetto a quello provato nella corsa individuale. Il loro schema di stimolazione (partenza veloce, centro più lento, accelerazione alla fine) è stato lo stesso in entrambe le gare. Un altro risultato evidenziato dagli psicologi è stato che, durante la gara in solitaria, i partecipanti sono caduti in un “mood” progressivamente più negativo, mentre in gruppo il loro livello emotivo è rimasto stabile.
Performance peggiori rispetto a prima, ma è tutto normale
Dare una spiegazione generalizzata a tutto ciò, spiegano gli autori della ricerca, non è semplice e potrebbe essere errato. Secondo gli esperti, in un contesto di gruppo l’attenzione si sposta dal focus interno a quello esterno, il che potrebbe trasmetterci un senso di solidarietà con gli altri partecipanti o un senso di realizzazione connesso alla nostra performance (quando è migliore rispetto a quella di chi si sta alleando con noi). E se notiamo che stiamo rallentando e che ormai i compagni si stanno allontanando sempre di più, la voglia di mollare potrebbe prendere il sopravvento: è quello che è successo a 3 dei 14 runner dello studio, i quali hanno gettato la spugna prima della fine della corsa in gruppo. Se poi i compagni di allenamento sono anche compagni di squadra che stanno lavorando per i nostri stessi obiettivi, allora sarà ancora più probabile che i risultati diventino oggettivamente migliori rispetto a quando ci alleniamo singolarmente. Dunque, fino a quando saremo costretti a fare attività sportiva da soli, non dobbiamo scoraggiarci se la nostra performance non risulta ottimale come “ai vecchi tempi”: è perfettamente normale. E torneremo anche ad allenarci tutti assieme.
(foto di copertina: Pixabay / Pexels)
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