In Italia le grandi catene di palestre non hanno brillato nella prima fase espansiva. Proprio come i grandi centri commerciali che prima hanno spiazzato i negozietti, ma poi, questi, si sono lentamente riposizionati sul mercato di prossimità. Market place che cresce. Ma se per i centri commerciali, che vendono soprattutto prodotti spesso uguali l’uno all’altro dal supermercato X al supermercato Y, le standardizzazioni sono proponibili, il fitness resta un servizio che per noi italiani non è sempre replicabile spazio-temporalmente.
Fitness Industry A-Z: Internazionalizzazione
Le scelte strategiche e commerciali a monte si riverberano inevitabilmente sull’erogazione del servizio fitness a valle, che non può essere copia-e-incolla da Bolzano a Enna. Come da Calolziocorte a Meda, cioè nella stessa regione ma con storie completamente diverse. Questo il primo punto.
Metropoli e provincia
Il secondo punto è che di aree metropolitane in Italia non ve ne sono a profusione (otto o nove a esagerare), salvo Roma, Milano, Napoli e poche altre: tutto è distribuito o per meglio dire allocato, in termini di mercato potenziale fitnessista, su una gigantesca provincia, con differenze e contrasti, a volte, che variano a distanza di pochi chilometri. Un hamburger può essere venduto allo stesso modo a Milano o Napoli, ma commercializzare fitness a Napoli o Milano vedrà, vivaddio, qualche differenza psicografica e meteorologica: a Milano si gira col piumino mentre a Napoli si fa il bagno in spiaggia. Quindi, dal come al quando mangiare, a come pianificare la giornata di lavoro, allo status della mobilità, tutto è diverso, altro che uguale. E lo standard col diverso ci stride di brutto. Basti pensare ai dilatati tempi di percorrenza su una stessa distanza tra Napoli, Roma o Milano.
Multinazionali del fitness e dettaglio territoriale
Detto questo, la pretesa d’imporre lo stesso fitness-standard ha frenato, nelle prime fasi, l’azione delle catene, che allestendo palestre fotocopia in zone geografiche tra loro distanti non coglievano propriamente il centro del bersaglio. Le multinazionali del fitness non avevano in avvio quel focus dettagliato sul territoriale, osservazione che deve contraddistinguere le diverse zone d’Italia con variazioni di gusto parcellizzate sui fronti del prodotto e del servizio. Mc Donald’s stessa ha inserito pezzi di cucina italiana nei menù per soddisfare uno standard ma aggiungendoci un pizzico di locale, perciò, della “Glocalizzazione del fitness” va tenuto conto.
Oggi, intercettare meglio la domanda di fitness, personalizzandola sempre più, segnala un’attenzione maggiore verso noi utenti. Siamo noi che facciamo il mercato, noi che lo guidiamo. La strategia, l’approccio, si sono dovuti riaggiornare e proseguiranno nell’aggiornarsi come un’APP, perchè la legge dell’offerta che crea la domanda, condizionandola, non è stata sempre vincente. A volte ha portato dritti su un muro. E nella fitness industry si sa, i margini non sono da Oscar di Bilancio.
Internazionalizzazione e network nazionali
Sotto un altro aspetto la fitness-internazionalizzazione ha indirettamente (o direttamente) accelerato lo sviluppo dei fitness network nazionali, gruppi di palestre nostrane a metà strada tra la grande catena multinazionale e la singola palestra. Per chi s’iscrive, ovvero dal punto di vista utente/cliente/iscritto e non da quello dell’imprenditore, decisamente sotto pressione dopo l’avvento delle multinazionali, il fitness network può essere una soluzione per scegliere la palestra giusta. Ma il limite del network casereccio è che sta seguendo esattamente le linee iniziali delle multinazionali, poi correttesi e che ora sono un passo avanti. Per fare un esempio pratico, una cosa è coordinare dieci pizzerie sparse in Italia, ben altra è lanciare dieci ristoranti. Per la pizzeria passi pure lo standard ma per i ristoranti non se ne parla nemmeno: ognuno dovrà avere caratteristiche diverse e localizzate nella struttura, negli spazi, nel numero dei tavoli, nella modalità di erogazione del servizio.
Allo stesso modo, più centri fitness posizionati su diverse zone della città vedranno ogni singola palestra tener conto financo delle caratteristiche di “quartiere”: iscrivendoci alla palestra numero uno del network, più in periferia, troveremo attività all’aperto come tennis e calcio, oltre a servizi e aree giochi per bambini. Iscrivendoci invece alla palestra numero due, più in centro,
troveremo aree spa e servizi di personal training apprezzati dalle clientele più esclusive, che per solito lavorano nel cuore della città. Per la palestra numero tre, il cervello dell’imprenditore in chiave sviluppo network dovrà di nuovo essere messo in funzione. Ma non è quasi mai così perchè la sensazione è che serpeggi un po’ di presunzione imprenditoriale. Eppure le azioni auto-correttive delle stesse catene multinazionali avrebbero dovuto fare da indicatore.
Il turnover dei clienti
In ogni caso per arginare l’avanzata inesorabile e sacrosanta delle grandi catene si è iniziato a proporre anche da parte dei network nazionali abbonamenti con cui è possibile girare da una palestra all’altra del gruppo. Potrebbe essere una buona scelta, perchè un altro motivo per cui l’iscrizione a un fitness-network è teoricamente conveniente è il tipo di gestione, per solito più diretta e più sul campo, in grado di proporre ai clienti gli instant-desiderata con fitness-novità che sono lanciate senza tanti passaggi. Questo, diversamente da alcune catene internazionali che attuano procedure diverse, che passano attraverso l’approvazione di manager a volte lontani dalla realtà locale. Ma girare solo da un club all’altro o tenere un prezzo ai limiti della sopravvivenza è troppo, troppo poco.
Se il prezzo è la forza della grande catena di palestre che è in grado di sostenere il turn-over clienti tipicamente italiano, si dovrebbe dare, gli altri, più personalizzazione sul servizio. Più valore aggiunto, che non è solo un brand giallo o rosso. In questo scontro tra grandissimi e medio-grandi, la palestra 4.0 risorge sul mercato di prossimità, che ne è il segnale inequivocabile. Per usare una metafora, se sulle grandi autostrade oggi gli autoarticolati si muovono potenti, nelle viuzze cittadine i furgoncini tirati a lucido entrano dappertutto e arrivano primi. Più agili, più veloci. E trasportano fitness-idee cotte e mangiate al momento, non membership sotto costo per difendersi dall’internalizzazione. Battaglia persa fin dal principio.
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