Tra le skills delle grandi realtà del fitness-networking e franchising ci sono Club Manager che al 2024 non conoscono neanche le postazioni “iso” (le singole macchine per allenarsi in palestra, come informazione per il lettore extra-settore). Più o meno alla stregua del direttore di una unità GDO che non conosce la differenza del prezzo tra yogurt greco e tradizionale. Ignoranza accettabile per il goliardico pizzicarolo sotto casa che invece lui, sì, fa delle relazioni umane la sua sacrosanta e nobile missione. E mi ci alzo il cappello dinanzi a cotanta missione, date le solitudini diffuse nei borghi veri d’Italia e in quelli virtuali che si stanno ricreando nei microcosmi metropolitani.
Fitness Industry A-Z: Skills
Ma torniamo a noi fitnessisti. Mi sfugge la causa di queste ignoranze, ovvero se si tratta del cosiddetto “Quiet quitting” di cui ci si riempie la bocca da un po’: imparo il minimo indispensabile per mandare avanti la baracca con un filo d’acceleratore, tanto chissene. “Sono un abile commerciale, perciò mettetemi pure a vendere una cosa che non conosco e state sicuri che funzionerà”. Secondo lui. Dipende a quale prezzo vuoi svendere quello che proponi, obietterei (non il sottoscritto ma il mercato).
La skill del non sapere
Tale superfluità conoscitiva, che prevede il non sapere il nome dei macchinari, centrali nella filiera servizi erogati, è annoverata, dunque e addirittura, come qualità: “la skill del non sapere così da fuori porto idee e innovazione al settore”. Perchè tutto sommato cosa conta? Conta mitragliare gli zebedei dei clienti con l’ennesima promo della promo, a tappeto, a tappetissimo. E dati i prezzi, per cui tra un po’ sarà quasi la palestra a pagare i potenziali clienti per spingerli a iscriversi, si resterà in tranquilla navigazione con un filo di vento (secondo il club manager di cui si parla). Fino a quando naufragheranno tutti, nostro club e competitors sul bacino gravitazionale. Muoia Sansone con tutti i Filistei.
Altra “skill” considerata del tutto inutile è la capacità di filtrare non per algoritmi (che vanno bene) le dinamiche dei clienti-utenti-iscritti nei club, ma osservando sul campo e misurando cosa realmente impatta sulle clientele. Le clientele sono un complesso multiforme (non monoforma) di “soggetti che si allenano con le macchine, interagiscono con gli astanti e nel bene e nel male vogliono doccia calda e spogliatoi puliti”. Ma soprattutto sono ben felici che li si accolga ogni giorno con un sorriso cordiale e gli si metta a disposizione un parco tecnologico per le attività di fitness sempre funzionante.
Misurare a vista ciò che succede
Ciò narrato, quindi, viene condiderata “non skill” proprio la capacità, per un Club Manager, di misurare a “vista” quello che succede, come quelle solerti vedette degli antichi velieri sempre in coperta e mai sotto-coperta. E non blindate nella versione vedetta 2024, in ufficio, a cercare soluzioni dietro al “gestionale”. Le grandi vedette restavano sempre in coperta sotto i temporali, mentre gli alti ufficiali giocavano col compasso nei palazzi, ben protetti, sulla terraferma. Le fitness-vedette di oggi fanno pausa caffè nelle loro riunioni fiume, nel team-building e nelle inutili chiacchierate dei Board distanti dall’odore di una battaglia che continuano a osservare dall’alto.
C’è un trascurato scollegamento tra approccio antico e moderno. Moderno: l’evolversi degli strumenti potenti per l’analisi (AI), attesi a braccia aperte per evitare costose analisi di mercato che si completano quando il mercato è già cambiato (ma la fattura monstre resta). Antico: quelle skills del Club Manager che come diritto recitava e recita ora: “Gestisce la propria realtà come il buon padre di famiglia”. Ma ormai si tratta di roba passata, di non skills. Se è così, buona battaglia prezzi a tutti.
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