Nel medio spesso stanno le virtù, fitness market incluso. Vedremo a fine analisi perché questa frase stravecchia ci riguarda. L’inizio di tutto coincide col 2020: un fitness martoriato vede l’esercizio fisico delocalizzarsi. E’ l’avvisaglia della liquefazione di una domanda di sport che non avrebbe più avuto un tempo né un luogo prestabiliti. Da quella situazione d’urgenza, molti hanno imparato a organizzarsi da soli per fronteggiare “l’imprevisto” e all’alba del 2025 la risposta che si cerca di dare per salvare capra e cavoli è stracciare i prezzi. Il che non è l’indicatore di un valore.
Fitness Industry A-Z: Valore
E così imperversano offerte di sport che se il valore ideale del fitness è al polo nord, siamo al polo sud. Come via per competere si è scelto di comunicare un fitness-disvalore (stanti i prezzi), ma torniamo al tempo dei lockdown. Quel tempo sospeso ci ha tramortito come gestori, manager, comunicatori, allenatori, fitness-commerciali e fitnessisti a seguire, nel momento in cui milioni di utenti fitness nel mondo acquisivano strumenti logistici, tecnologici e tecnici sull’allenamento casereccio. Fatto proprio in casa come una volta, quando le palestre scarseggiavano e mentre si faceva il pane chiusi in casa per far passare il tempo. Come una volta.
In quella autonomizzazione funzionale nella fruizione del fitness, si era capito che non servono né finti istruttori da instagram, né app copia e incolla, né video bene o male reperibili a costo quasi zero. Si era capito, anche, che una sana volontà e quattro attrezzi con una buona musica di sottofondo sono meglio di una palestra strapiena dove si deve combattere per posizionarsi al lat-machine. Non condanno le palestre da sostenere con impegno e affetto visto che si tratta del nostro lavoro, ma non ne comprendo certe strategie di prezzo che non fanno bene a nessuno. Nemmeno al cliente. O almeno a un certo tipo di cliente che si posiziona-va sulla grande fascia media. Se l’offerta di fitness resta sui poli (low-price e high-price), la fascia media è fuori target. Ma così si esclude un grande mercato che preferirà giocarsela a padel la sua ora di divertimento.
Il valore medio ideale: il cliente lo cerca ma non lo trova più
Restiamo perciò al valore medio ideale. Il cliente che lo cerca e non lo trova più, essendo posizionato, come detto, a metà strada tra il polo nord e il polo sud dei bisogni, si affeziona alle cose importanti, alla sostanza, all’utilità di un servizio umanizzato, umanizzazione erroneamente identificata come socialità. Perché questa è più digitale e “tik-tokiana” che fisica. Questo potenziale cliente perso, il cui embrione si è sviluppato nei lock-down e poi a seguire, ha un suo omologo: quello che ha abbandonato le sale cinematografiche in ragione di un bell’impianto per le proiezioni a casa. Salvo il film non sia così meritevole da smuoverlo.
Esattamente come questo cliente, l’utente fitness si è un po’ arreso. Non ha più posto come prioritario lo spazio di attività, anche se a basso costo, nel quale mettere in atto la propria idea di movimento. Il valore del fitness da lui percepito, da un certo punto in poi, non è più dipeso da strutture e spazi sport a perdita d’occhio, da tecnologie complesse e da uomini più attenti a inseguire il cliente per appioppargli l’ennesimo pacchetto-personal che a fare il proprio mestiere: quello dell’accoglienza. L’accoglienza non è un mero valore teorico ideale ma una prerogativa strategica assoluta che è sparita dalle palestre assieme a questo cliente.
Dove l’accoglianza è sacra
Un settore in cui l’accoglienza è “sacra”? L’hotellerie. L’hospitality, dalla pensione due stelle all’hotel cinque stelle lusso, fonda sull’accoglienza suprema il proprio valore di servizio rispetto al diretto competitore. L’accoglienza curata nel dettaglio è già inserita nel prezzo: non esiste una concergerie che ci risponde al telefono dalla camera solo se abbiamo pagato il pacchetto personalizzato. Ci saranno, vero, proposte opzionali, come un trattamento spa individuale, ma nell’alveo dei servizi proposti, annessi alla camera, il personale di “accoglienza” è sempre incluso, sempre educatissimo, sempre disponibilissimo. Perchè in quel contesto è l’imprescindibile valore attorno a cui ruotano tutti i processi aziendali. La partita si vince e si perde proprio lì, su quel confine che pare non interessare più a nessuno ma che resta cruciale in un fitness che è anche fatto di persone “sole”.
Sul fronte del disvalore e della non-accoglienza palestrara, invece, un’offerta-promo non mi convincerà ad allenarmi alle 18.30 se non ho, appunto, accoglienza, se le macchine sono sempre occupate, se giro tra un attrezzo e l’altro senza assistenza, se c’è disordine diffuso che inizia dal parcheggio e segue tutta la filiera finendo negli spogliatoi e in un piatto doccia poco invitanti. Non mi convincerà, me-cliente-tra-i-due-poli, se l’unica forma di accoglienza di cui dispongo è interessata al sottoscritto solo commercialmente, appena metto piede in una struttura che aprirà le danze a una mitragliata di calls e mail. Dopo avermi imposto la cessione di una montagna di dati riservati.
Sull’altro polo del valore, l’appunto su carta vergato a mano dalla receptionista, checché generi sghignazzi negli accaniti digitali, ha il senso di un gesto raro che se aggiunto alla doverosa procedura standard salta all’occhio. Sempre per “quel” cliente, un programma di allenamento personalizzato tracciato con stilografica su carta Fabriano a brand palestra, (assieme alle solite procedure ecc…ecc…) sarà gradito. Farà parlare di sé più di una raffica di call. Soprattutto se si opera nella grande provincia italiana, che la fa da padrona sui legami di fedeltà utente-struttura su bacini gravitazionali che non consentono turn-over e che per cultura mettono a mente quei piccoli gesti che rivelano il carattere delle persone (anche quelle che gestiscono un club). Una sfumatura, un’attenzione, dal bar del centro al fioraio della periferia, contrasta, quello sì, la fuga del cliente. Contrasta, quello sì, la crisi dei rinnovi iscrizionali.
Sguazzando ancora nel disvalore, e la chiudiamo qui, una value-proposal (termine forbito che si prende in giro da solo) a prezzo “super-accessibile” non è segno d’inclusività ma è “includere” un’iscrizione farlocca in più, un pacco vuoto, un modo per continuare a diffondere la dispercezione del reale valore del fitness che sta generando una promo-malattia paragonabile a una nuova pandemia: la promo-pandemia.
LEGGI ANCHE:
Fitness Industry A-Z: Abbonamenti
Fitness Industry A-Z: Corporate
Fitness Industry A-Z: Espansione
Fitness Industry A-Z: Internazionalizzazione
Fitness Industry A-Z: Panegirici
Fitness Industri A-Z: Rebranding
©RIPRODUZIONE RISERVATA