Palestre più forti con la “hybrid strategy”

Palestre più forti con la hybrid strategy

Per viaggiare nel marketing palestraro e tornare a spingere sull’acceleratore con strategie calibrate non appena ce ne sarà data occasione, ci si deve attrezzare con storie vere. Siamo qualche decennio addietro, uno dei club più prestigiosi d’Italia che terremo segreto (fatti e riferimenti devono restare casuali come nelle serie TV), sta volando nelle iscrizioni, nella soddisfazione clienti, nello spirito di squadra dei collaboratori. La classica azienda perfetta, insomma. Il club è la punta di diamante di un fitness network importante che, con grande gioia e orgoglio personale, vede incarnare nel sottoscritto le funzioni di leader maximo. Una delle caratteristiche socialmente più “rivoluzionarie” di quella struttura è un’area verde interna con ruscello. Ora, sebbene ci si trovi in pieno centro città, dove le opportunità per gli abitanti di far fitness su un prato sono zero, la geniale strategia messa in atto dalla proprietà del network è lastricare l’area verde, piante e fiori vari per piazzare qualche altra bike.

Pur facendo presente che nei tour in una palestra (specie se estesa) non colpiscono più le cyclette, ormai uguali dappertutto, ma le emozioni e gli odori scatenatisi durante il percorso, nulla impedisce al genial management di eliminare quell’elemento di unicità. Quel fattore “ibrido”, per loro, non è carne né pesce. Tempo due mesi e s’inizia a registrare un calo di iscrizioni a fine tour, cui fa seguito l’immediato passaggio del sottoscritto da leader maximo a capro espiatorio. Conclusioni: l’incapacità di valorizzare le caratteristiche intermedie del servizio fitness poste tra il materiale e l’immateriale ha prodotto il disastro. Il mix-strategico del centro fitness di oggi, pandemie incluse, si allontana dagli standard e si avvicina all’ibridazione. Non va bene né il troppo fisico né il troppo digitale. Non si può progettare un servizio fitness non pensando di tornare mai più ad erogarlo sul campo di gioco tradizionale. Né si può non tener conto che l’esplosione del digital-fitness, avvertibile prima della pandemia, sia una realtà da analizzare bene.

Come tutte le cose che vorremmo non nascessero e non prendessero piede perché non le condividiamo e perché diventano concorrenziali al nostro business, bisognerà cominciare a tenerne conto in una strategia di riconfigurazione del servizio erogato che, specie per i grandi fitness network, è opportuno elaborare adesso, prima della ripartenza. Negli ultimi cinque anni le migliori risorse ex-collaboratrici dei grandi fitness network hanno iniziato a operare in esterno e ad acquisire sempre più clienti. Il fatto è che il service-mix che propongono con successo, non è più incentrato sulla tecnologia ma è rimesso in atto su quel prato emozionale che, valorizzato dalla qualità della risorsa fisico-umana, sta riprendendosi con gli interessi tutto quello spazio che il genial management gli aveva sottratto. Quel management, in realtà, era già seduto su una soluzione che varrebbe anche oggi, però non lo sapeva. Non aveva orecchie. Se ci saranno spazi sicuri all’interno dei centri di un network (o se ci saranno intere unità ibride all’interno di un network), se si lavorerà su un ventaglio servizi fisici e digitali che non siano il video-tutorial trito e ritrito, se ci saranno filiere di servizi che via via si collegano a prodotti, la riemersione dalla crisi sarà possibile. O ci sarà, comunque, una via praticabile.

Stante la tremenda crisi del mercato del 2021, è ora che ci si unisca sì lavorando a intenti comuni, ma partendo dal presupposto che se l’auto ibrida ha conquistato il mercato, la rivoluzione del fitness è nella sua erogazione ibridata: un po’ fisica, un po’ mista e un po’ digitale. E’ così, c’è poco da fare. Quel mercato bisogna tornare a conquistarcelo con le strategie, non solo coi ristori.

Photo by Purple Smith from Pexels

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