Se il fitness resta solo fitness

Se il fitness resta solo fitness

Una volta, nel mondo del marketing analogico, si prendeva un servizio alla persona che andava così e così, gli si cambiava nome, lo si associava ad altro che fosse autorevole e partivano le vendite. Lo si ribrandizzava. Le cose funzionavano. Nel digital fitness marketing è lo stesso, anzi peggio: lo stream si compra al mercato di fitness influencer che nascono come funghi, con fan-base dopate. E non basta. A tutti capita di cliccare su un articolo o una fitness session che pare “rivoluzionaria”, costruita per portare click e far scattare il trailer. Nella trappola dei maghi SEO ci cadiamo tutti. Infatti, i più richiesti sono proprio loro. Bisogna riconoscere, però, che sono in gamba con key-words strategiche e immagini, specie quando la foto dell’allenata è la wag del calciatore che fa gli stessi inutili slanci all’indietro. Quelli che faceva Jane Fonda quarant’anni fa, per capirci. Stante così le cose, l’autorevolezza sarà sempre da verificare, perché questi articoli, che dovrebbero promuoverci, nascondono trappole per chi vuole avvicinarsi e non scoraggiarsi se quegli slanci non portano niente. Alla stregua della scatola di cioccolatini che non vediamo l’ora di aprire ma che poi scopriamo dentro non avere, appunto, niente.

Per i prodotti fitness varrebbe lo stessa analisi, specie in ambito wellness-food con focus bio e dintorni: il marketing prende un pomodoro normale, gli mette il nome giusto che ricorda una vecchia cascina umbra dell’Ottocento e lo piazza su grande distribuzione a nove euro al mezzo chilo. Trattandosi di prodotto, però, un minimo di qualità tangibile ci deve stare, quindi si può barare ma un po’ meno. Torniamo al “fitness che resta solo fitness”. Negli incontri con manager d’altri settori, a cominciare da quelli del manufatturiero, pragmatici e restii a trovare interesse per attività non categorizzabili (il fitness spesso non lo è), ci si è trovati a discutere del perché investire su un’attività, il fitness, che non ha vie di mezzo: o ci si barcamena o, con la battaglia sui prezzi che tornerà anche dopo la tempesta, da questo mercato si esce. Soprattutto dopo quello che si sta passando tutti.

Il “fitness solo fitness”, al netto della pandemia è, per intenderci, e da anni, l’iscrizione per un certo periodo a un certo punto sport con un certo servizio. Non è ancora ben chiaro cosa sia venduto in quell’iscrizione, tant’è che spesso, a svantaggio del cliente e a vantaggio (effimero perché breve) del club, viene rivenduto a seguire un altro servizio che è il pacchetto lezioni o il pacchetto “scegli tu”. Poi se ne propone addirittura un terzo, e via via altri, inseribili attraverso campagne che coincidono coi periodi che sappiamo. Tempo fa ho provato a chiedere al titolare di due centri fitness cosa stesse vendendo attraverso il servizio fitness, risposta: “Vendiamo benessere”. Fosse stata una sessione d’esame sulla gestione dei centri fitness, il diciotto d’incoraggiamento al club’s owner sarebbe stato utopia. Il titolare, attraverso quella risposta che si può leggere anche sull’etichetta di un biscotto, non sapeva niente di quello che stava producendo e vendendo il suo centro fitness azienda. Ma la colpa dell’impreparazione non era tutta sua.

Il problema è che anche il fitness non sa bene cosa sia diventato negli ultimi anni, dopo la battaglia (a volte persa) giocata sui profili instagram di esperti perché famosi e non di esperti perché esperti. Eppure il mondo del fitness italiano è pieno di grandi allenatori, di grandi manager, di realtà impiantistiche materializzatesi attraverso la genialità di architetti appassionati che sanno trovare soluzioni per ogni spazio-sport. Il fitness mondo è anche pieno di staff commerciali che rilancerebbero aziende industriali, altro che fitness membership e basta. Però, se il fitness non si schioda dalla solita sala pesi erogando molto più di un servizio “fisico” non provando solo a ribrandizzarlo ma attaccando sul servizio consulenziale-professionale, sul remoto-professionale, sul misto-professionale e sui prodotti-professionali, includendo la filiera tutta, resta dov’è. Resta una palestra che “Vende benessere”. Ma quello lo vende anche una bottiglia d’acqua.

Credits photo: it.depositphotos.com

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