Arrampicarsi sugli alberi, nuotare nel fiume, ruzzolarsi nel fango, appendersi a una corda, vagare nel bosco o una delle 50 cose da fare prima dei 12 anni suggerite dal National Trust inglese di cui abbiamo parlato qui: tutte attività che buona parte dei genitori considerano giochi pericolosi e meritevoli di un bel divieto. Ora però sarà il caso di ripensare le nostre convinzioni: le attività all’aperto con piccoli margini di pericolo non solo rappresentano il modo migliore per far amare la natura ai bambini, ma migliorano anche la creatività, la salute e le capacità di relazione dei nostri figli. Un buon motivo insomma per portare i nostri ragazzi all’avventura nella natura.
I bambini che fanno giochi pericolosi crescono più sani e intelligenti
Che concedere ai piccoli qualche attività un po’ rischiosa sia salutare lo sostiene una ricerca appena pubblicata sull’International Journal of Environmental Research and Public Health e condotta dal Child & Family Research Institute del BC Children’s Hospital: “Fare qualche gioco un po’ pericoloso permette ai bambini di imparare a calcolare i rischi, prendere coscienza dei propri limiti e trovare strategie per superarli” ha dichiarato Mariana Brussoni, team leader della ricerca e docente presso la School of Population and Public Health and Department of Pediatrics della University of British Columbia. Esattamente quello che ci aveva detto Simone Moro esortandoci a lasciare arrampicare i nostri figli.
Però c’è sempre l’ansia di mamme e papà (o nonni) a farla da padrone: come limitare i rischi, facendo in modo che i bambini si sentano liberi di sperimentare senza mettersi troppo nei guai? “Banalmente il controllo a distanza, o monitoring, al posto di una presenza costante e continua” spiega Brussoni: in questo modo si lascia il giusto margine per sbagliare e fallire, evitando le conseguenze più gravi ma stimolando contemporaneamente lo sviluppo di autostima, creatività, capacità di tessere relazioni sociali e resilienza, alcuni degli indubbi benefici dello stare nella natura di cui abbiamo parlato qui.
Credits: Graham Crumb/Imagicity.com [CC BY-SA 3.0], via Wikimedia Commons – Foto di Gerald Yambao da Pexels
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