C’è una ricerca su lavori pesanti e sport, appena pubblicata sul British Journal of Sports Medicine, che evidenzia un paradosso sulla troppa attività fisica che deve far riflettere.
È stata condotta al VU University Medical Center di Amsterdam e porta alla conclusione che gli uomini che fanno lavori fisicamente impegnativi, hanno un rischio significativamente più alto di morte precoce rispetto a chi fa lavori sedentari, anche se fanno sport.
Cerchiamo di capire di più.
Sport, lavoro e salute
Abbiamo raccontato di molte ricerche che fare un lavoro in cui stiamo troppo seduti sia deleterio per la salute e il cervello, di come correre in pausa pranzo combatta lo stress e le malattie cardiovascolari, di come in generale fare sport sia un toccasana per la salute cardiovascolare, faccia bene al cervello, aiuti a prevenire il cancro e in generale allunghi la vita. L’impatto dell’inattività sul carico sanitario a livello globale è stimato attorno al 7% dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che suggerisce di fare 20 minuti di attività moderata al giorno (i famosi 10mila passi quotidiani) per condurre una vita sana.
È però da considerare il fatto che queste linee guida non distinguono fra attività fisica collegata al lavoro o al tempo libero. Da qui parte la ricerca olandese.
Lo studio olandese su lavori pesanti e sport
Il gruppo accademico con sede ad Amsterdam, motivato proprio da alcune contraddizioni sul tema, ha effettuato una revisione sistematica degli studi passati che indagavano l’associazione tra attività fisica sul lavoro e mortalità. Hanno così isolato 17 studi condotti fra 1960 e 2010, dai quali sono stati utilizzati dati aggregati su 193.696 partecipanti.
L’analisi ha mostrato che gli uomini che svolgono lavori intensi dal punto di vista fisico sono sottoposti a un rischio maggiore del 18% di morte precoce rispetto a chi ha un lavoro che non è fisicamente impegnativo. Questa conclusione si applicherebbe anche nei casi in cui i soggetti svolgano attività fisica nel tempo libero.
Per le donne invece sembra sia valida la conclusione contraria: rischia meno chi lavora più duramente, o chi fa più sport.
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Il paradosso dell’attività fisica
Si viene a creare una sorta di cortocircuito teorico, il cosiddetto paradosso dell’attività fisica (da on confondere con il sovrallenamento): da una parte sappiamo che se facciamo attività fisica cosiddetta leisure abbiamo notevoli benefici per la salute, dall’altra scopriamo che se la facciamo sul lavoro invece la nostra salute peggiora. Quindi?
Differenziare le linee guida sull’attività fisica
La ricerca olandese sembrerebbe smentire il principio dell’attività fisica come cardine di una vita sana. In realtà non è così: crea importanti distinguo e apre nuove strade alla ricerca.
Questo può essere considerato il primo studio a trovare prove coerenti del paradosso dell’attività fisica. Le conseguenze negative per la salute associate all’attività fisica sul lavoro sono evidenti, e rimangono tali anche quando le persone che hanno un lavoro impegnativo si mettono a fare attività sportiva moderata nel tempo libero.
Ma dall’altra parte come si legge sul paper, “Questa prova indica che le linee guida sull’attività fisica dovrebbero esser differenziate meglio tra attività fisica sul lavoro e nel tempo libero”.
Il punto è proprio questo, approfondire gli studi sugli effetti dell’attività fisica sul lavoro rispetto a quelli del tempo libero (due mondi evidentemente diversi) e arrivare a stabilire indicazioni più precise e ad hoc a seconda dei casi.
La ricerca olandese ha trovato una chiave importante nell’interpretazione futura dell’impatto dell’attività fisica su di noi e sulle nostre abitudini. E forse troveremo soluzioni come quella dell’attività sportiva trattata alla strega di un benefit aziendale, che sta cominciando a circolare
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