Non è la prima volta che lo raccontiamo, ma un altro studio scientifico rivela come l’attività fisica renda in qualche modo più intelligenti. La New York University ha individuato la proteina che grazie all’attività fisica aiuta i neuroni a crescere e a sviluppare connessioni con le sinapsi. Ora i ricercatori della Wake Forest School of Medicine (WFSM) di Winston-Salem hanno condotto test che dimostrano come alcuni sport, soprattutto quelli di tipo aerobico, contribuiscono a un aumento del volume cerebrale, con conseguenze positive a livello cognitivo-comportamentale.
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Lo sport fa bene al cervello: lo studio
Il team accademico americano, guidato da Laura Baker, ha esaminato 35 adulti con 63 anni di età media, tutti affetti da leggeri problemi cognitivi. I partecipanti si sono sottoposti a esercizi fisici 4 volte a settimana per 6 mesi, dividendo le sessioni in tapis roulant, cyclette e alla bici ellittica. Un altro gruppo di controllo ha invece eseguito workout di stretching.
I ricercatori hanno monitorato i mutamenti cerebrali dei soggetti attraverso la risonanza magnetica ad alta risoluzione, scoprendo che le persone sottoposte a esercizi aerobici mostravano un aumento sia del volume di materia che della sua elasticità. Chi ha eseguito invece solo lo stretching ha mostrato al contrario una atrofia nei tessuti connettivi del cervello, il che porta i neurologia pensare a una riduzione del volume cerebrale.
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Ci si evolve anche dopo i 65 anni
Lo studio, che è stato presentato al convegno della Società Radiologica del Nord-America rivela anche che l’aumento del volume del cervello è collegato anche a miglioramenti importanti nelle facoltà cognitive del primo gruppo. La conclusione è che fare uno sport aerobico aiuta a migliorare le capacità intellettive, anche in tarda età. Sappiamo già che correre ci fa vivere più a lungo. Ora scopriamo che le persone oltre i 65 anni possono dunque evolvere le loro performance cognitive, a patto di svolgere regolare attività sportiva, cosa che oltretutto aiuta a limitare i rischi di malattie cardiovascolari. Al di là dei miglioramenti intellettivi, la ricerca ha lo scopo di indagare nuove vie per prevenire malattie degenerative come il morbo di Alzheimer (solo nel 2015 ha colpito 46,8 milioni di persone nel mondo)
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