Il guanto di sfida è lanciato: Adidas e Nike hanno ufficialmente dichiarato di voler portare un proprio atleta a correre la distanza principe dell’atletica, i 42 km e 195 metri della maratona, in meno di 2 ore. Un tempo pazzesco, dal punto di vista della prestazione, ma soprattutto simbolico: come i 10″ per i 100 metri, superati da Jim Hines, Ronnie Ray Smith e Charles Greene durante i campionati statunitensi del 1968, come i 4′ per il miglio infranti da Sir Roger Bannister il 6 maggio 1954, anche le 2 ore per la maratona segneranno inevitabilmente un prima e un dopo.
Cosa significa correre una maratona in meno di 2 ore
Ma cosa significa davvero correre una maratona in meno di 2 ore? In termini di tempi nudi e crudi significa correre in 28 minuti e 20″ i 10K e passare con qualche secondo d’anticipo ai 60 minuti per la mezza maratona. Ma soprattutto significa correre sul passo dei 2 minuti e 50″ al km per 42K. Ovvero tagliare di botto del 2,5% l’attuale record mondiale degli uomini di 2:02’57” stabilito da Dennis Kimetto a Berlino nel 2014. Considerando che per scendere di 3 minuti dal 2:06:50 stabilito da Belayneh Dinsamo nel 1988 a Rotterdam ci sono voluti ben 26 anni, potrebbero aver ragione i due ricercatori canadesi, Francois Perronet e Guy Thibaut, che hanno sviluppato un modello matematico secondo il quale il muro delle due ore è destinato a resistere almeno fino al 2030.
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Per fortuna la storia delle cose umane non è uniforme e progressiva: quando Bolt ha stampato il record dei 100 metri a 9:58 ha ridotto dell’1.7% il precedente record di 9:74. E, mutatis mutandis, il pazzesco 2:15:25 fissato da Paula Radcliffe nel 2003 equivarrebbe a qualcosa meno di 2 ore per gli uomini (lo hanno scritto sul Journal of Applied Physiology nel 2015 i ricercatori americani Sandra Hunter, Michael Joyner e Andrew Jones).
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Come correranno la maratona in meno di 2 ore
Se c’è una cosa sulla quale tutti – atleti, allenatori, ricercatori e sponsor – sono d’accordo è che per fare un tempo del genere bisogna lavorare sui 3 principali aspetti che influiscono sulle corse di lunga distanza: il massimo consumo di ossigeno (o VO2 Max), la soglia aerobica (o soglia del lattato) e infine l’economia di corsa, ovvero l’ottimizzazione dell’energia e dello sforzo dispersi nell’atto di correre. Se i primi due aspetti interessano il mondo dell’allenamento nel suo complesso (metodologia, fisiologia, alimentazione, riposo, etc), il terzo riguarda invece lo sviluppo di materiali e prodotti, dalle calzature all’abbigliamento, in grado di dare un vantaggio prestazionale agli atleti.
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Secondo Ross Tucker dell’University of Cape Town in Sud Africa il running è un’attività altamente inefficiente in cui solo il 45% dell’energia prodotta dalle gambe viene utilizzata per spingerci in avanti mentre ben il 55% dello sforzo è disperso e dissipato al suolo.
Secondo uno studio condotto da Wouter Hoogkamer e pubblicato su Sports Medicine, già un paio di scarpe del peso di appena 130 grammi potrebbero far guadagnare circa 57″ nell’arco di una maratona a un atleta in grado di correre al ritmo del record del mondo di Kimetto (che al tempo indossava scarpe da 230 grammi). Non solo. Ovviamente anche il tracciato influisce sui tempi di una maratona e non a caso il record di Kimetto è stato fatto a Berlino, la maratona con il tracciato con il minor dislivello al mondo.
Infine anche la strategia di “gara” può aiutare a correre più veloci. E con strategia di gara si parla di lepri che non solo dettano il ritmo ma tagliano anche l’aria: secondo alcuni studi condotti nella galleria del vento correre a 1 metro di distanza da un altro atleta ridurrebbe la resistenza dell’aria di ben il 93% e, per un atleta in grado di correre una maratona in 2:03:00, basterebbe ridurla anche solo del 36%, migliorando l’economia di corsa del 2.7%, per sfondare il muro delle 2 ore.
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Nike vs Adidas
Ovviamente la sfida sportiva ha dietro di sé una enorme battaglia di marketing tra i due maggiori marchi di prodotti per lo sport e il running: Nike e Adidas.
Adidas è partita per prima con il suo Sub2, un progetto da 30 milioni di dollari per portare un atleta, entro 5 anni, a correre una maratona in meno di 2 ore in condizioni di gara, lavorando su aree specifiche come bioinformatica, bioenergetica, biomeccanica, nutrizione, tecnologia, allenamento, fisioterapia.
Nike con Breaking2 ha scelto una strada diversa che già nel primo weekend di maggio 2017 potrebbe portare uno tra Eliud Kipchoge (kenia, 32 anni, campione olimpico a Rio, personale di 2:03’05”), Lelisa Desisa (etiopia, 26 anni, primato personale di 2:04’45”) e Zersenay Tadese (eritrea, 34 anni, primato mondiale sulla mezza maratona) a sfondare il muro delle 2 ore. Se ciò accadrà, sarà sul circuito dell’autodromo di Monza e non sarà durante una “vera” maratona: l’anello breve del circuito brianzolo è infatti il tracciato che al mondo risulta più uniformemente pianeggiante, a maggio garantisce condizioni climatiche ideali per un tentativo del genere (11°C, ragionevolmente verso sera o il mattino presto, e assenza di vento) e permette una gestione anche logistica del tentativo facilitata rispetto a un percorso stradale, dal monitoraggio dei tempi ai rifornimenti all’avvicendamento delle lepri.
Le prove generali Nike le ha fatte a inizio marzo, presentando anche le scarpe Zoom Vaporfly Elite (solo 3 esemplari, forma avveniristica e soluzioni estreme, dall’aerodinamica posteriore a una piastra in carbonio simile a un cucchiaio nell’intersuola) e un total look che va dalla canotta ai manicotti e fino a pantaloncini e a particolari alettoni per le tibie che dovrebbero migliorare la penetrazione degli atleti nell’aria.
Breaking2 non sarà una “vera” maratona ma un tentativo sulla distanza della maratona: non è ancora ben chiaro se e cosa la IAFF omologherà ma rimane un fatto: record vero o roba dal Guinness dei Primati, il primo che taglierà il traguardo dei 42.195 metri in meno di due ore scolpirà il proprio nome nella storia del più antico e nobile degli sport.
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