Tornare a correre per il piacere di correre potrebbe essere la grande lezione che ci lascia questa inedita estate del COVID-19. È fine agosto e in giro sembra che non corra quasi più nessuno. Certo i duri e puri continuano a farlo, e li riconosci lontano un miglio: corrono bene, non temono il caldo, li vedi al mattino presto, sotto il sole cocente, la sera dopo cena e anche con i temporali. Sono quelli che cascasse il mondo loro corrono tutti i giorni, Ferragosto e Natale compresi. Ma rispetto alle precedenti estati davvero sembra che ci sia in giro meno gente che corre. La sensazione mi ronzava in testa da un po’, poi un paio di post di amici me ne hanno data conferma. Amici che allenano, che sono in pista e al parco tutti i giorni tutto il giorno, e che anche loro hanno toccato con mano lo sgonfiarsi di questa voglia di correre: meno gente che corre per le strade, meno post social di allenamenti e tempi, meno volti sudati, meno scarpe in primo piano, meno selfie da runner e meno tutto il resto. Come se, tolte le gare, fosse scemata anche la motivazione. Perché questo è successo: che le gare, dalle maratone alle tapasciate e fino alle fun-run, sono state tutte annullate causa Coronavirus, ed è come se fosse saltata la molla motivazionale, quella che ti fa correre per il piacere di correre.
È successa una dinamica inedita. Ricordate i mesi di marzo e aprile, quelli del lockdown più duro? Ricordate i runner di nascosto, la caccia al runner untore in stile Briatore, quelli che correvano prima dell’alba o dopo il tramonto perché non si può stare senza correre? Sembrava che tutto il mondo volesse uscire a correre, che correre fosse un bisogno e un diritto primario, che impedire di correre fosse ledere una libertà individuale inalienabile. Poi è arrivata la Fase 2, quella del correre con la mascherina (prima) e poi senza, del correre distanziati, del via all’attività fisica all’aperto, ed erano tutti fuori, in giro a correre: nei parchi, per le strade, lungo le ciclabili e le pedonali sembrava di essere al centro commerciale la vigilia di Natale. Altro che assembramenti, assembramenti di corsa per la ritrovata libertà. È durata più o meno fino a giugno e poi, come in un mix di sostanze letali, dopo l’up c’è stato il down. Man mano se ne vedevano sempre meno, e sorgeva il dubbio che fossero in vacanza, a correre sul lungomare o nei sentieri di montagna. Ma no, non erano neanche lì, semplicemente un sacco di gente ha smesso di correre. Numeri ufficiali non ce ne sono, perché non puoi quantificare quanta gente che corre quando e come gli pare. Ma insomma, sul lungomare di Cesenatico o di Finale Ligure, ai Giardini Montanelli di Milano o al Parco degli Acquedotti di Roma come all’Alpe di Siusi i runner non si son visti e non si vedono.
Ho avuto qualche dubbio solo in occasione del down di Garmin Connect, con la gente in crisi d’astinenza che non riusciva a caricare i propri dati, ma è stato un momento illusorio (un’illusione peraltro che mi ha fatto prendere la decisione di evitare di registrare corse e tempi per tutto il mese di agosto, come ho raccontato qui).
Eppure questo era il momento in cui cominciavano la preparazione per le maratone di autunno, il tempo in cui dopo la settimana di relax assoluto si ricominciava a correre per tornare in città con la gamba tonica, il tempo in cui il caldo africano molla un po’ la presa e si soffre un po’ meno. È come se annullate le gare, gli eventi e tutto quanto è dimensione sociale del running fossero diminuite le motivazioni. Come se le motivazioni fossero più esterne – gareggiare, dimagrire per la prova costume, tonificarsi per la settimana in spiaggia, rimettersi in forma prima delle vacanze – che interne. Come se correre fosse più un’esigenza che un’autoesigenza.
Ecco, esattamente come per la decisione di non prendere tempi e distanze per tutto il mese di agosto, ma di correre a sensazione e sentimento, così il lockdown, il distanziamento sociale, l’annullamento delle gare e tutto quello che ci sta succedendo in questa strana estate del Coronavirus probabilmente ci porteranno a ripensare le motivazioni per cui usciamo a correre. E magari a riscoprire il correre per il piacere di correre.
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