Correre rende felici, e se non lo sapete perché siete appassionati di corsa, lo saprete per tutte le volte che un runner ha cercato di spiegarvelo. Se invece siete ancora convinti che quella sensazione di felicità e appagamento che si prova correndo sia semplicemente un parto della mente o una suggestione, vi sbagliate di grosso: c’è una ragione scientifica che spiega perché la corsa procura felicità.
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Perché correre rende felici
La spiegazione è in una ricerca pubblicata su Cell Metabolism e intitolata “Leptin Suppresses the Rewarding Effects of Running via STAT3 Signaling in Dopamine Neurons”. Se il titolo può apparire oscuro, la sintesi è che la corsa ha molto a che fare con la leptina, popolarmente conosciuta come l’ormone della sazietà, e che il famoso runner’s high esiste davvero.
Lo studio è stato condotto presso l’University of Montreal su una serie di topi, alcuni dei quali geneticamente modificati privandoli di una proteina chiamata STAT3 e sensibile alla leptina: i roditori geneticamente modificati e con minor produzione di leptina hanno corso ogni giorno mediamente il doppio delle cavie non modificate (11km contro 6).
Cosa c’entra la quantità di km corsi in un giorno da un topo con la felicità derivante dal running? C’entra nella misura in cui c’entra la leptina, l’ormone della sazietà che regola i meccanismi dell’ingestione e della spesa calorica, dell’appetito e del metabolismo. Quando siamo a digiuno e affamati i livelli di leptina sono molto bassi; quando invece mangiamo riprende la produzione di leptina e così proviamo quella sensazione di soddisfazione e benessere tipica dell’aver soddisfatto un bisogno.
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Correre produce dopamina
Quando si corre sostanzialmente si produce leptina, e i livelli di leptina sono direttamente correlati a quelli di dopamina, il cosiddetto ormone del benessere, del piacere e della felicità.
La domanda da porsi casomai è il motivo per cui i meccanismi di gratificazione derivanti dal cibo e dall’attività fisica di resistenza siano tra loro correlati. Secondo Stephanie Fulton, del Dipartimento di Nutrizione dell’Università di Montréal, probabilmente la spiegazione è da far risalire ai primordi e ai tempi della caccia di persistenza (la storia è raccontata anche nel libro Born to Run di Chris McDougall): quando l’uomo primitivo aveva fame (= bassi livelli di leptina) doveva cominciare a correre per andare in cerca di cibo, e il solo fatto di mettersi in moto con la prospettiva di trovare qualcosa da mangiare era sufficiente alla produzione dell’ormone della gratificazione.
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La rincorsa della felicità
Infine: può esserci correlazione tra la quantità di km corsi dai topi di laboratorio con più o meno leptina in corpo e l’impulso a correre degli umani? Sì, la risposta è scientificamente provata: gli autori dello studio hanno riscontrato una correlazione diretta tra i livelli di leptina e i tempi dei maratoneti: più bassi sono i livelli di leptina e più basso è il tempo impiegato per tagliare il traguardo.
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