L’era delle scarpe da running con la piastra in carbonio è cominciata esattamente 4 anni fa, ad aprile 2017, quando Nike con Breaking2 ha tentato di far correre a 3 selezionatissimi super runner la distanza della maratona in meno di 2 ore. Ai piedi di Eliud Kipchoge, Lelisa Desisa e Zersenay Tadese sull’asfalto del Circuito di Monza c’erano le avveniristiche Zoom Vaporfly Elite. Kipchoge il muro delle 2 ore l’ha abbattuto solo nel 2019, a Vienna, non in una vera maratona bensì in un’altra sfida in condizioni ideali, la Ineos 1:59. Per questo fa ancora più impressione quanto avvenuto domenica 28 febbraio 2021 alla maratona di Tokyo: 42 uomini, di cui 40 giapponesi, hanno corso i 42 km e 195 metri di una vera maratona sotto le 2 ore e 10′. Qualcosa di mai successo nella lunga storia della competizione regina dell’atletica. Non solo: Kengo Suzuki con 2 ore 04 minuti e 56 secondi non è solo il nuovo primatista nazionale ma anche il primo atleta non africano a correre la maratona in meno di 2 ore e 5 minuti. Di più: 29 di quei 42 atleti hanno frantumato il proprio personal best.
Non solo lunghe distanze ma anche mezzofondo: il britannico Elliot Gilles, tester di Nike e anche atleta che non aveva mai raggiunto una finale internazionale in vita sua, in primavera ha frantumato il record sugli 800 metri di Sebastian Coe che resisteva da 40 anni.
Cosa avevano in comune? Tutti, ma proprio tutti, calzavano scarpe con la piastra in carbonio e il tallone rialzato. Rialzato fino a 4 cm.
Come sono fatte le scarpe da running con la piastra in carbonio?
Sono la tipologia di scarpe che vediamo oggi ai piedi dei maratoneti impegnati di nuovo a Sapporo, nella maratona olimpica. Beninteso, queste scarpe sono legalissime, approvate e ammesse da World Athletics, la federazione internazionale di atletica ex IAAF. L’unico vincolo era che tutti i modelli utilizzati nelle competizioni ufficiali devono essere non solo approvati ma anche normalmente in commercio, per garantire l’uguaglianza tra tutti gli atleti. Ora World Athletics ha inserito una postilla per cui le scarpe possono anche essere prototipi non in commercio, concessi dalle marche ad atleti selezionati, ma dal punto di vista regolamentare le scarpe da running con il tacco e la piastra in fibra di carbonio sono legalissime.
Eppure ancora pochi anni fa si discuteva di “doping tecnico” e scarpe con le molle, tanto che c’era già chi ipotizzava che queste scarpe da record avrebbero fatto la fine dei costumoni in poliuretano comparsi nel mondo del nuoto nel 2009 e poco dopo vietati per manifesta superiorità.
Se nel 2017 c’erano praticamente solo le Nike Vaporfly 4%, ora sono arrivati modelli praticamente di ogni marca: Adidas con le Adizero Pro o le Adios, Brooks con le Hyperion Elite 2, Hoka One One con la Carbon X, New Balance con le FuelCell TC, Asics con Metaspeed, la stessa Nike con Alphafly Next% e pure Puma con le appena uscite Magnifly Nitro.
Questi sono i nomi “commerciali” con cui chiunque le può acquistare già ora, quelle ai piedi dei maratoneti olimpici potrebbero variare in qualche dettaglio, ma la sostanza non cambia. E per non farci mancare nulla sono già comparse anche le prime scarpe da trail running con la piastra in carbonio, come le The North Face Vectiv.
I timori di Usain Bolt che i suoi record potessero essere frantumati con l’aiutino sono stati scongiurati, almeno per il mondo della velocità (benché i finalisti dei 100 metri Jacobs, Simbine, Kerley e Su Bingtian calzassero le Nike Max Fly chiodate), ma la domanda rimane: le scarpe da running con la piastra in carbonio sono moda o possono davvero aiutare gli atleti ad abbattere nuovi record?
Prendiamo le Nike Vaporfly 4%: come dice il nome, sarebbero in grado di migliorare l’efficienza di corsa e dare un vantaggio prestazionale nell’ordine del 4%. Lo studio che lo certifica è stato condotto dalla stessa Nike, quindi un po’ ci si deve fidare ma i risultati, da Ineos 1:59 di Kipchoge a quelli in gare ufficiali, parlano chiaro. Il vantaggio prestativo è indubbio.
Che vantaggio danno le scarpe da running “col tacco”?
Il meccanismo di queste scarpe col tacco e la piastra in fibra di carbonio è tutto sommato semplice da capire. All’interno dell’intersuola, che può essere alta al massimo 4 cm, c’è una piastra in carbonio con una forma che, vista di lato, ricorda vagamente quella di un cucchiaio. Il tutto immerso in una schiuma solida estremamente leggera e reattiva. Questo comporta un po’ di conseguenze.
La prima è che queste scarpe sono “scariche” sul tallone, perché sostanzialmente durante la corsa non lo si appoggia quasi.
La seconda che la fibra di carbonio riduce l’impatto del piede al suolo, e la conseguente dispersione di energia, e migliora la risposta in fase di spinta. Significa un tempo di appoggio del piede ridotto, una maggior spinta, un minor impatto muscolare, osseo e tendineo, una miglior efficienza di corsa. Tutte cose che gli atleti hanno sempre cercato con anni e anni di lavoro.
La terza che la piastra in carbonio funziona sostanzialmente come una leva, che spinge il corpo in avanti e favorisce appoggio e spinta di avampiede, perfezionando sostanzialmente la biomeccanica di corsa. E una tecnica di corsa biomeccanicamente perfetta (o molto vicina alla perfezione) significa minor consumo di ossigeno ed energia, minor senso di affaticamento, una distribuzione migliore dell’economia di corsa e ovviamente un abbassamento dei tempi.
Basteranno le scarpe da running con la piastra in carbonio per stabilire un nuovo record olimpico nella maratona? Difficile a dirsi. Il percorso non è propriamente di quelli favorevoli ai record, con 3 strappi non banali, il caldo e l’umidità che affliggono le gare all’aperto stanno influendo sui risultati, anche i maratoneti arrivano da un anno e mezzo di assenza di gare, COVID e varie restrizioni agli spostamenti che potrebbero aver influito sulla preparazione e questa volta più che mail il pronostico è impronosticabile. Ma è indubbio che accanto alla competizione sull’asfalto di Tokyo oggi andrà in gara anche quella del marketing per segnare il vero inizio dell’era delle scarpe da running col tacco e l’anima in carbonio.
©RIPRODUZIONE RISERVATA