In questa intervista Roberto D’Amico, pluricampione italiano di surf, ci parla di mare, di spiagge da ripulire e dei posti migliori per il surf in Italia.
Non è affatto scontato che un asso del surf come lui, conosciuto e premiato a livello internazionale, decida di impegnarsi nel concreto per pulire le spiagge dai rifiuti e veicolare messaggi di rispetto e amore nei confronti del nostro pianeta. Per Roberto D’Amico, surfista 27enne originario di Ladispoli (Roma), è però stato un passo quasi naturale, dato che il mare è il suo elemento, il suo luogo felice dove può esprimersi cavalcando imponenti onde con coraggio, grazia e fantasia: “Ho sempre vissuto il mare come un parco giochi. Tutti vogliono godere dei suoi benefici, ma in quanti se ne prendono cura? Il mare viene letteralmente distrutto. E non vivendolo a 360 gradi tutti i giorni, magari certa gente non si rende conto di ciò che sta accadendo”, ci ha detto il fuoriclasse laziale, che attualmente si sta allenando in Francia con la Nazionale per prepararsi a un 2021 ricco di stimoli e di obiettivi. Il surf, infatti, per la prima volta nella storia sarà sport olimpico.
L’onda perfetta e la spiaggia da ripulire: l’amore di Roberto D’Amico per il mare
Roberto D’Amico, in modo del tutto spontaneo, una decina di anni fa ha cominciato a organizzare i cosiddetti “cleanup” sulle spiagge della sua zona. Con il passare del tempo, anche grazie alla sua popolarità, questi eventi in favore dell’ambiente hanno avuto sempre più successo. E allora, in occasione della terribile mareggiata del novembre 2019 sul litorale laziale, ha deciso di dare un nome a queste iniziative (Roby Cleanup) e di farsi aiutare dal brand Save The Duck, che realizza abbigliamenti con tecniche cruelty-free ed è in prima linea quando si parla di progetti di sostenibilità ambientale.
Roberto D’Amico è spesso in giro per il mondo alla ricerca dell’onda perfetta, ma tra una missione e l’altra trova sempre il tempo per prendersi cura delle spiagge su cui è cresciuto (e non solo). Senza mai perdere di vista i suoi obiettivi sportivi: il prossimo, in particolare, è a dir poco ambizioso e parla giapponese. Già, perché D’Amico si sta allenando per entrare al PreOlimpico che potrebbe permettergli di staccare un pass per i Giochi di Tokyo, durante i quali il surf farà il suo esordio come disciplina olimpica.
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Partiamo dal Roby Cleanup: come è nato e cosa ti spinge a portare avanti un progetto così impegnativo?
“Il mare è un luogo in cui mi sento bene, un posto in cui ho la necessità di trascorrere del tempo ogni giorno. Tutti vogliono godere dei benefici del mare, ma in quanti se ne prendono cura? Il mare viene letteralmente distrutto. E non vivendolo a 360 gradi tutti i giorni, magari certa gente non si rende conto di ciò che sta accadendo. Circa 10 anni fa, dunque, ho cominciato con i primi cleanup. All’inizio le persone mi prendevano un po’ per pazzo, poi ho creato il primo evento assieme ai miei amici appassionati di surf che hanno iniziato a credere nel mio stesso obiettivo: mi hanno dato speranza. Così ogni anno ho continuato a organizzare eventi di questo tipo, anche in giro per il mondo.
Poi a novembre dello scorso anno ci fu questa mareggiata da sud che portò tutti i rifiuti del Tevere e di altri fiumi sulle spiagge, ma c’erano anche automobili e detriti di ogni tipo: una discarica. Era il momento di agire subito, non c’era il tempo di programmare un beach cleaning. E a quel punto ho creato il Roby Cleanup: grazie ai social si sono mosse tantissime persone che hanno iniziato a raccogliere rifiuti, non solo a Ladispoli. Il seguito è aumentato sempre di più”.
Durante il lockdown abbiamo avuto la sensazione che la natura, in alcuni posti del mondo, si sia come riappropriata dei suoi spazi. Hai notato anche tu questa situazione? E ora è cambiato qualcosa?
“Sì, con la quarantena abbiamo visto tutti quanto i paesaggi naturali siano riusciti a cambiare, in positivo, nel giro di poco tempo. Io ho la fortuna di abitare a 100 metri dal mare, durante la quarantena portavo giù il cane e vedevo proprio che il paesaggio era migliore: c’erano più fiori, più verde, più pulizia. Ma circa 10 giorni dopo la riapertura era di nuovo tutto sporco. Anche perché le mascherine e i guanti non vengono buttati dove dovrebbero essere buttati: stanno diventando un po’ come i mozziconi di sigaretta, che purtroppo ormai sembra quasi normale trovarli a terra. Ecco perché ho organizzato la seconda edizione del Roby Cleanup a Ladispoli. Si sono presentati circa 100 volontari e abbiamo raccolto circa 100 sacchi con una media di 15-20 chili di rifiuti per sacco. Il tutto in una sola mattinata. Ora sto pianificando un nuovo evento, il ‘Roby Cleanup – The Tour’, che farà diverse tappe in tutto il paese. L’ultimo evento è stato supportato da Save The Duck: abbiamo lo stesso modo di pensare e anche loro vogliono fare del bene”.
Spostiamoci sul surf: come sta andando la ripresa dopo il lungo stop?
“Ora sono in Francia con la Nazionale. Sul resto non abbiamo conferme e credo che fino a fine 2020 rimanga tutto fermo a livello di competizioni. Questo lungo periodo a casa e lontano dall’oceano mi ha un po’ bloccato. Fortunatamente adesso stiamo riprendendo ritmi a cui non eravamo più abituati: sono passate due settimane e va molto meglio. Continuerò a lavorare su me stesso per ricominciare le competizioni da gennaio in poi. Spero di qualificarmi per la PreOlimpica ed eventualmente alle Olimpiadi, è molto difficile ma rimane un obiettivo”.
Come ti sei allenato in questo periodo?
“In quarantena tantissime persone si sono rese utili condividendo i loro metodi di allenamento. È stato un periodo in cui si è fermata la solita vita frenetica: un’occasione per riflettere e lavorare su noi stessi. Io, in particolare, ho seguito tantissime dirette live di ragazzi che hanno condiviso le loro conoscenze. Pensavo andasse male, ma devo dire che sono stato molto bene. Ho imparato tante cose nuove e ho lavorato su aspetti su cui di solito non ho il tempo di soffermarmi. Ad esempio l’elasticità del corpo, il potenziamento e altri esercizi un po’ noiosi ma molto utili per il proprio fisico”.
Parlarci di uno dei tuoi ultimi viaggi all’insegna del surf che ti sono rimasti nel cuore
“Più che fare viaggi, amo fare le cosiddette missioni in cui tutto viene organizzato in pochissimo tempo e si parte all’arrembaggio: zaino in spalla e sacca con quattro o cinque tavole. E se c’è bisogno si va anche dall’altra parte del mondo. L’ultima esperienza super che ho fatto è stata in Namibia, a Skeleton Bay. Ho testato una delle onde più lunghe del mondo su questa lingua di sabbia nascosta dietro delle dune gigantesche.
Abbiamo dovuto fare delle ricerche particolari sulle cartine e spegnere i telefoni per immergerci nel viaggio al 100%. Un’esperienza che mi è rimasta nel cuore non solo per le onde, ma proprio per la gioia del trovare ciò che stavamo cercando. Si tratta di uno spot che sembra davvero dentro l’oceano: è difficile da scovare. È senza collegamenti su strada: ci arrivi tramite delle saline non segnalate sulle mappe. È una lingua di sabbia letteralmente nell’oceano”.
Anche in Italia, però, ci sono diversi spot interessanti per fare surf. Quale zona del nostro paese consiglieresti per imparare a praticare il tuo sport?
“L’Italia va benissimo per chi vuole cominciare a fare surf. Le coste che si prestano un po’ di più in questo periodo estivo sono sicuramente quelle nella zona ovest della Sardegna, che è più esposta a diverse tipologie di onde: è molto efficace in estate anche perché ci sono poche perturbazioni”.
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