Austriaco classe 1986, atleta della scuderia The North Face, Fabio Studer è uno dei freerider di maggior talento in circolazione. Ma il talento, purtroppo, non basta a proteggerti dagli imprevisti: Studer è caduto durante la sua prova nella prima tappa dello Swatch Freeride World Tour by The North Face, a Chamonix, subendo un infortunio al ginocchio che ha posto fine alla sua stagione agonistica.
Prima dell’incidente abbiamo comunque avuto l’occasione di intervistarlo, e ci ha parlato della sua passione per questa spettacolare disciplina, di come affrontare il pericolo e di come l’equipaggiamento giusto faccia la differenza in montagna.
Cosa ti dà il freeride che non trovi nello sci “normale”?
Quando hai di fronte una grande parete, c’è un sacco di neve e puoi scegliere la tua “linea” di discesa con la massima libertà – lo adoro, è una sensazione bellissima.
Perché hai scelto il freeride? Come ci sei arrivato?
Ho praticato sci agonistico fino ai 16 anni, ma già da quando ero piccolo mio padre mi portava a sciare lontano dalle piste. Quindi ho cominciato abbastanza presto a fare freeride, mentre ancora gareggiavo (e facevo anche freestyle negli snow park), poi quattro anni fa ho iniziato a concentrarmi sul freeride e poi a partecipare alle gare. Sono contento di averlo fatto, il freeride mi ha regalato molti bei momenti.
Qual è il tuo obiettivo?
Potrà suonare banale, ma amo davvero il freeride. Sento che quando faccio quello che mi piace, do il meglio di me sugli sci. Quindi per ora scio per me stesso, per godere al massimo il piacere della neve.
Ti piace partecipare alle gare?
Sono competitivo, mi piace molto confrontarmi con altre persone.
Guardandovi dal basso mentre scendete dalla parete viene da chiedersi: non avete paura? Non è pericoloso?
Senza dubbio è pericoloso, ecco perché devi prepararti al meglio. Devi valutare la discesa, capire come affrontare i passaggi più rischiosi, essere sicuro di atterrare evitando le rocce quando salti. Ma non direi di provare paura, e così nemmeno gli altri freerider: si tratta di avere rispetto della montagna e consapevolezza delle proprie capacità. Poi, quando esci dal cancelletto di partenza, non stai lì a pensare se sei spaventato o meno: hai la tua discesa da fare e vai.
Come gestisci la pressione durante le gare?
Prima della partenza sono un po’ nervoso, e allora guardo in alto verso il cielo, cerco di respirare lentamente, ripenso alla linea che ho studiato, mi ripeto: “Ci sono, ce la posso fare”, e così al momento del via riesco a essere più rilassato.
Quanto prepari prima la linea da percorrere nelle gara, e quanto invece è lasciato all’intuizione del momento?
Di solito stabilisci la linea il giorno prima; se la parete non offre molte opzioni, a volte prepari anche una seconda linea [in modo da avere un’alternativa nel caso gli altri atleti stiano facendo tutti la stessa linea, ndr]. Quando poi arrivi a un salto, allora valuti se fare uno dei trick che magari avevi già pensato, ma al momento puoi anche decidere che non te lo senti e saltare dritto. Al di là di questo, però, devi sapere già prima di partire come vuoi affrontare la discesa per evitare di perderti.
Voi studiate la parete dal basso o dal lato: come riuscite a orientarvi quando invece vi trovate in cima?
Cerchiamo di fissare dei punti per orientarci: una roccia, per esempio, o qualsiasi altra cosa che si possa vedere poi anche dall’alto. Da lì comunque la prospettiva è diversa e tutto sembra più vicino, ma individuare quei punti di riferimento ti permette di sapere dove andare.
Quanto ci vuole a studiare la linea?
A volte è questione di un attimo, guardi la parete e sai subito dove andare. Altre volte invece devi lavorarci di più, individuare i salti migliori, pensarci… Capita di finire la ricognizione e avere diverse opzioni in testa, ma prima di andare a dormire sai già quale linea farai il giorno dopo.
Quali sono i posti che ami di più dove fare freeride?
Ovviamente le montagne di casa mia, Silvretta Montafon: è una zona che conosco molto bene e che offre un sacco di cose da fare sulla neve. Quando sto via per un po’, non vedo l’ora di tornare a sciare da quelle parti, mi fa sentire bene. E mi piace molto Chamonix, quando la neve è buona è un posto bellissimo per sciare.
Quanto contano l’abbigliamento e l’attrezzatura per un freerider? Che differenza fa utilizzare materiale tecnico?
Prima di diventare un atleta di The North Farce non avevo abbigliamento specifico, ma poi ho iniziato a usare base layer, strati intermedi e giacche tecniche, e la differenza si sente: ti tengono al caldo, cosa fondamentale, e quando serve puoi togliere qualche strato per evitare di sudare. Al tempo stesso sono leggeri e ti garantiscono la libertà di movimento necessaria per fare i trick. E sono studiati per permetterti di portare nelle tasche quello che ti serve, dagli occhiali al telefono, senza che si bagni. Insomma, cambia parecchio.
E come sono cambiati invece gli sci?
Negli ultimi anni i produttori stanno lavorando con materiali differenti per realizzare sci più leggeri, ma al tempo stesso resistenti e stabili. A seconda di quello che devi fare oggi puoi scegliere gli sci adatti: se vuoi andare veloce ci sono sci più rigidi e con la punta più pronunciata, per esempio, ma io preferisco sci più morbidi e divertenti.
Come si è evoluto il freeride rispetto a quando hai iniziato?
Negli ultimi anni ci sono sempre più appassionati che arrivano dal freestyle, dotati di ottima tecnica nei salti e nei trick, il che è un bene per il pubblico che può assistere a gare più spettacolari. È una tendenza sempre più evidente.
Credits foto: freerideworldtour.com / DOMDAHER
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