Jake Burton Carpenter, il fondatore dell’omonimo marchio di snowboard, è morto ieri, 21 novembre 2019, a causa di una recidiva del cancro ai testicoli che gli era stato diagnosticato nel 2011. Proprio alcuni giorni fa aveva mandato una mail a tutti i dipendenti della sua azienda per informarli della ricaduta, rassicurandoli che, come già altre volte, avrebbe saputo riprendersi. Non era l’unico male contro cui lottava, dal momento che da anni combatteva ogni momento contro la sindrome di Miller Fisher, una rara variante della sindrome di Guillain-Barré, la più comune forma di polineuropatia che colpisce il sistema nervoso, in particolare i nervi cranici. Ciononstante fino all’ultimo Jake Burton Carpenter ha saputo tener fede al suo stile di vita che ancora di recente lo portava a passare oltre 100 giorni l’anno sulla neve, in compagnia delle sue tavole da snowboard.
Ecco, lo snowboard è il lascito più evidente di questo uomo visionario al mondo e a chi verrà. Prima di lui lo snowboard non esisteva. Con Jake Burton Carpenter lo snowboard è diventato sport, anche olimpico, business, stile di vita, socialità, moda, industria. Nato nello stato di New York, Jake Burton Carpenter si era spostato nella metà degli anni Settanta nel Vermont per seguire la sua passione per lo sci. Passione stroncata da un incidente in auto che, come talvolta accade con gli inciampi della vita, lo portò a immaginare lo snowboard.
Qualcosa di simile a una tavola da neve c’era già, e si chiama Snurfer, una specie di surf da neve che si guidava come si guidano quei surf da bambini in polistirolo, tirando una cordicella fissata in punta. Quello inventato da Sherman Poppen nel 1965 più che uno sport era un passatempo, un divertimento per bambini e ragazzi, ma Jake Burton Carpenter ci intravvide qualcosa di più.
Nel 1977, con qualche macchinario sistemato nel fienile di casa a Londonderry, nel Vermont, Jake Burton Carpenter cominciò a dare forma alla sua visione. All’inizio furono più quelli rotti che quelli funzionanti, ma poi, il primo anno, riuscì a venderne 300 pezzi. E il secondo 700. Ma c’era un problema: gli impianti di risalita erano vietati agli snowboarder. Potevano scendere dalle piste, ma per risalire dovevano arrangiarsi a piedi.
Come capita solo ai grandi visionari Jake Burton Carpenter non si arrese e si narra che andò al presidente del Vermont’s Stratton Mountain Resort con una tavola da snowboard dicendogli di provarla. Poi gli mostrò un disegno con una montagna: metà era occupata da sciatori, l’altra metà da snowboarder. “È questo quello che sogno” gli disse. Nessun responsabile del Vermont’s Stratton Mountain Resort sapeva come fare per stare in piedi su una tavola, eppure aprirono la ski area agli snowboard e due anni dopo si tennero i primi U.S. Open. Da sogno coltivato in un fienile lo snowboard era diventato sport di culto e in crescita, Jake Burton Carpenter si spostò a Burlington, sempre nel Vermont, dove fondò l’azienda da 950 addetti il cui nome nel mondo è sinonimo di snowboard.
Appena 20 anni dopo, nel 1998 a Nagano, lo snowboard era già diventato sport olimpico e soprattutto di massa, praticato in tutto il mondo. Ma più che il successo industriale o economico, che pure ci sono stati, il vero lascito di Jake Burton Carpenter è la filosofia insita nel profondo dello snowboard e alla base anche della Chill Foundation, la fondazione voluta da Jake e Donna Carpenter per stimolare i giovani a superare gli ostacoli grazie agli sport da tavola. Ride, Inspire, Lead: grazie di tutto Jake, e che il cielo ti sia pieno di neve.
©RIPRODUZIONE RISERVATA