In Italia c’è l’obbligo ARVA per scialpinisti e le ciaspole fuoripista? E se sì, in quali regioni? E per ARVA obbligatorio intendiamo per legge? Cioè obbligatorio laddove ci sia una normativa almeno regionale che impone l’uso del dispositivo dell’Apparecchio di Ricerca dei Travolti in Valanga (da cui la denominazione oggi anche come ARTVA) insieme alla dotazione di pala e sonda per chiunque faccia fuoripista, che sia scialpinismo o anche una escursione con le ciaspole fuori dai sentieri predispositi, in neve fresca?
Obbligo ARVA per scialpinisti e ciaspole fuoripista: in quali regioni?
Si legge infatti spesso che l’ARVA, insieme a pala e sonda, sono strumenti “obbligatori” in quanto strumenti salvavita. Ma all’obbligo “morale” di dotarsi di uno strumento che può fare la differenza tra la vita e la morte in caso di travolgimento da valanga, esiste anche un obbligo di legge? Come sempre, in Italia, la situazione tra leggi nazionali e disposizioni regionali è variegata e purtroppo confusa.
Cos’è l’ARVA
Cos’è l’ARVA lo abbiamo già spiegato più e più volte: è un piccolo strumento elettronico, da indossare sotto l’abbigliamento, che può trasmettere e/o ricevere dei segnali che consentono di individuare la posizione di una persona travolta da una valanga. Nel momento in cui si parte per una gita l’ARTVA o ARVA è in modalità di trasmissione e, nel caso di valanga, chi non è ne è travolto puoi mettere lo strumento in modalità di ricerca per localizzare le persone, e i dispositivi, travolti dalla valanga. L’ARVA serve solo a individuare il punto in cui si trova la persona travolta da valanga, poi per estrarlo dal cumulo di neve è necessario individuare precisamente la sua posizione, con la ricerca con la sonda, e quindi scavare con la pala.
In quali regioni c’è l’obbligo ARVA?
In teoria l’obbligo ARVA c’è in tutte le regioni italiane e in qualunque situazione le condizioni climatiche e della neve facciano sussistere un rischio valanga. Cioè praticamente sempre e ovunque, non esistendo de facto il rischio zero valanghe. Lo stabilisce una legge nazionale, la 363 del 24 dicembre 2003 “Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo” pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 3 del 5 gennaio 2004.
Tra le tante norme che regolano lo sci in pista c’è anche l’articolo 17 relativo a “Sci fuori pista e sci-alpinismo” che recita:
1. Il concessionario e il gestore degli impianti di risalita non sono responsabili degli incidenti che possono verificarsi nei percorsi fuori pista serviti dagli impianti medesimi.
2. I soggetti che praticano lo sci-alpinismo devono munirsi, laddove, per le condizioni climatiche e della neve, sussistano evidenti rischi di valanghe, di appositi sistemi elettronici per garantire un idoneo intervento di soccorso.
La legge nazionale non parla espressamente di ARVA o ARTVA ma di “appositi sistemi elettronici per garantire un idoneo intervento di soccorso” e in un mondo che dal punto di vista tecnologico corre veloce la legge 363 è stata in qualche modo lungimirante. La stessa legge ha però un altro articolo, il 18, con “Ulteriori prescrizioni per la sicurezza e sanzioni”, che lascia spazio ad aggiuntive norme regionali e comunali e facoltà di determinare le sanzioni del caso:
1. Le regioni e i comuni possono adottare ulteriori prescrizioni per garantire la sicurezza e il migliore utilizzo delle piste e degli impianti.
2. Le regioni determinano l’ammontare delle sanzioni amministrative da applicare in caso di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 5, comma 3, 6, da 9 a 13 e da 15 a 17, da stabilire tra un minimo di 20 euro e un massimo di 250 euro.
Dal combinato dell’articolo 17 (che parla solo di sci-alpinismo) e dell’articolo 18 (che lascia alle Regioni e ai Comuni facoltà di introdurre ulteriori normative) nascono i soliti fraintendimenti circa l’obbligo ARVA, in particolare per chi fa escursioni fuoripista che non sono tecnicamente scialpinismo, per esempio con le ciaspole.
Fraintendimenti che ora dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) essere superati dal decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 40 (lo stesso dell’obbligo di assicurazione sulle piste da sci e dei controlli con l’etilometro) che nell’articolo 26 parla espressamente di obbligo di ARTVA, pala e sonda per chi pratica attività escursionistiche fuoripista (quindi scialpinismo ma anche ciaspole) “in particolari ambienti innevati, laddove, per le condizioni nivometeorologiche, sussistano rischi di valanghe”.
E qui bisogna chiarire il concetto di “rischio di valanghe”: se come detto il rischio 0 non esiste mai, tuttavia dal punto di vista della legge bisogna fare riferimento alla scala del pericolo valanghe in relazione ai bollettini quotidiani. E quindi tener conto che non si parla più di rischio marcato, corrispondente al livello 3, ma di semplice rischio di valanghe, quindi già al livello 2. E siccome dovrebbero (sempre condizionale d’obbligo) esserci controlli, tener conto anche del fatto che per l’infrazione è prevista una sanzione da 100 a 150 euro.
La Lombardia, con la legge regionale 1 ottobre 2014, numero 26 al’Articolo 14 (Regole di comportamento) ne dà l’interpretazione più estensiva:
“Gli utenti delle superfici innevate diverse dalle aree sciabili attrezzate e, in particolare, gli sciatori fuori pista, gli sci alpinisti e gli escursionisti devono rispettare, in quanto applicabili, le regole di comportamento di cui al comma 2 e munirsi degli appositi sistemi di autosoccorso qualora sussistano pericoli di valanghe, verificando le condizioni climatiche anche attraverso la consultazione del Bollettino neve e valanghe di ARPA Lombardia per consentire interventi di soccorso.”
Quindi non solo obbligo ARVA ma anche della restante dotazione di autosoccorso (pala e sonda) e di verifica del Bollettino Neve e Valanghe di ARPA Lombardia (che è puntualmente aggiornato e notificato anche tramite l’App AllertaLOM).
Stessa interpretazione estensiva e omnicomprensiva l’ha data il Piemonte con la legge regionale 26 gennaio 2009, n. 2 (modificata dalla legge regionale 22 dicembre 2015, n. 26 all’art. 53) in attuazione della legge nazionale. All’Art. 30 comma 2 la legge piemontese dice che:
“I soggetti che praticano lo sci alpinismo, lo sci fuori pista e le attività escursionistiche, in ambienti innevati, anche mediante le racchette da neve, al di fuori delle piste e aree, come definite all’articolo 4, comma 2, lettere a), b), c), d), e) e g), di eventuali percorsi individuati e segnalati dai comuni, lo fanno a proprio rischio e pericolo. I medesimi soggetti sono tenuti ad attenersi scrupolosamente alle informazioni che vengono diffuse da enti pubblici o da altri soggetti autorizzati a fornirle ufficialmente, relativamente ai rischi legati allo svolgimento di tale attività e a munirsi laddove, per condizioni climatiche e della neve, sussistono evidenti rischi di valanghe, di appositi sistemi elettronici di segnalazione e ricerca, pala, sonda da neve per garantire un idoneo intervento di soccorso.”
Quindi ARVA, pala e sonda sempre e comunque, e ogni attività fuoripista “a proprio rischio e pericolo”.
La Valle d’Aosta, con la legge regionale 15 novembre 2004, n.27, all’articolo 7 (sci fuori pista e sci-alpinismo) comma 2 manleva i concessionari degli impianti e recepisce sostanzialmente la normativa nazionale:
1. Il concessionario degli impianti funiviari e il gestore delle piste di sci non sono responsabili degli incidenti che possono verificarsi nei percorsi fuori pista serviti dagli impianti medesimi o al di fuori delle aree e delle piste individuate ai sensi dell’articolo 3 della presente legge e della l.r. 9/1992.
2. I soggetti che praticano lo sci-alpinismo devono sempre munirsi di appositi sistemi elettronici per garantire un idoneo e tempestivo intervento di soccorso.
Però appunto si parla di sci-alpinismo e non di ciaspole o escursioni nella neve fuori pista.
Il Friuli Venezia Giulia, con la legge regionale 15 dicembre 2006, n. 27 “Norme in materia di gestione delle aree sciabili attrezzate e pratica degli sport sulla neve, in attuazione della legge 363/2003.” in pratica attua la legge nazionale dandone una interpretazione proattiva all’articolo 5 (Obblighi dei gestori) comma 4:
4. Per i soggetti che praticano lo sci alpinismo e la camminata con racchette da neve, i gestori delle aree sciabili promuovono, anche con la stipula di convenzioni con i soggetti noleggiatori, l’utilizzo di appositi sistemi elettronici per il ritrovamento dei dispersi, anche attraverso la messa a disposizione gratuita dei medesimi sistemi.
4 bis. Il concessionario degli impianti funiviari e il gestore delle piste da sci non sono responsabili, ai sensi degli articoli 17 e 18 della legge 363/2003 , degli incidenti che possono verificarsi nei percorsi fuoripista serviti dagli impianti medesimi, nonché sulle piste fuori dagli orari di apertura e di manutenzione (battitura) delle stesse.
Quindi in FVG l’obbligo stabilito dalla legge nazionale vale tanto per scialpinismo quanto per escursionismo al di fuori delle aree sciabili, e – in teoria – ARVA, pala e sonda potrebbero essere disponibili gratuitamente.
Il Veneto, con la legge regionale 21 novembre 2008, n. 21, all’Articolo 54 (Comportamento degli utenti) comma 3c recepisce sostanzialmente la normativa nazionale obbligando gli utenti a:
“rispettare le regole di condotta previste dagli articoli da 8 a 17 della legge n. 363/2003, nonché quelle emanate dalla Federazione internazionale sci e le ulteriori prescrizioni determinate dalla Giunta regionale ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera d).”
L’ultima legge regionale in materia di dispositivi di sicurezza per il fuoripista è quella dell’Abruzzo, la legge regionale 8 marzo 2005, n. 24 in cui all’Art. 99 (Sci fuoripista, scialpinismo e alpinismo) comma 2 si prescrive che:
“I soggetti che praticano lo scialpinismo devono munirsi di Apparecchio di Ricerca dei Travolti in Valanga (ARTVA), Pala e Sonda per garantire un idoneo intervento di soccorso.”
Quindi obbligo di ARTVA per lo scialpinismo (ma non per le ciaspole, almeno espressamente) e obbligo per i gestori degli impianti di “apporre idonea segnaletica di pericolo di frane o valanghe”.
E le altre regioni? In Trentino Alto Adige, che è regione autonoma e la giurisdizione provinciale, la provincia di Trento rimanda alla Legge provinciale 21 aprile 1987, n. 7 e all’articolo 48 ter “Pratica dello sci-alpinismo sulle piste da sci”:
1. La risalita della pista con gli sci ai piedi è normalmente vietata. Al fine di favorire la pratica sportiva, è consentita la risalita delle piste da sci a bordo pista con attrezzatura da sci-alpinismo nei casi e alle condizioni stabilite dal regolamento di esecuzione, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore di questo articolo.
Al momento non risultano invece normative specifiche ai dispositivi di sicurezza in altre regioni in cui si potesse praticare lo scialpinismo e l’escursionismo sui pendii innevati fuoripista.
Detto tutto ciò, e al netto dell’obbligo ARVA o meno, ci sono alcuni aspetti da evidenziare. Il primo, banalmente, è che avere con sé ARVA, pala e sonda ma non saperli usare non serve a nulla. Non è solo la dotazione di sicurezza che può fare la differenza in caso di valanga ma sapere esattamente come usarla, e non solo in teoria avendo guardato un video su Youtube. I soggetti deputati a tenere corsi sul funzionamento di ARVA, pala e sonda sono le Guide Alpine, e anche alcune sezioni del CAI tengono questo genere di corsi.
Poi: c’è chi sostiene che l’ARVA è inutile se si esce da soli. Ora, vero è che l’ARVA permette di trovare una persona sotto una valanga se c’è qualcuno che la cerca, ma nulla impedisce che pur essendo usciti da soli non possa accorrere qualcuno, per tempo, a prestare soccorso. E finire sotto una valanga è una di quelle situazioni in cui, anche se sei da solo, speri che qualcuno venga a soccorrerti. E per quello che pesa l’ARVA vale sempre la pena averla con sé (e anche per quanto costa, sinceramente). Infine: posto che è praticamente impossibile che i Carabinieri fermino uno scialpinista per verificare se ha l’ARVA (più probabile che lo becchino se entra in pista, come già successo…) poi legge o non legge, giusta o meno che la si reputi, ciascuno deve fare i conti con la propria coscienza: verificare il bollettino nivologico, affidarsi a Guide Alpine e professionisti della montagna esperti e certificati e avere con sé la dotazione di soccorso possono ridurre notevolmente il rischio di essere travolti mortalmente da una valanga.
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