Nell’ultimo periodo ho scoperto (finalmente) il piacere delle piccole avventure. Ne avevamo già scritto, parlando di micro-adventures, ma poi è inevitabile sognare in grande. Un po’ per il lavoro che facciamo, un po’ per quello che raccontiamo, siamo sempre a caccia e travolti da avventure fantastiche: esploratori alla fine del mondo, alpinisti sugli Ottomila in inverno, cicloviaggiatori nelle zone più remote del globo, traversate oceaniche e più ne ha più ne metta. Bellissime sfide, piene di fascino e adrenalina, che inevitabilmente ti portano a sognare in grande.
Ma poi la realtà è ben diversa. E cioè che il 99,99% di noi passa le sue 8 ore e più al giorno a lavorare, spesso davanti al computer, spesso in un ufficio cittadino, e di spazio per progettare grandi avventure ne rimane sempre poco. Inversamente proporzionale al senso di rimorso o rimpianto.
Il piacere delle piccole avventure
Ecco, sarà l’età, che mi porta sempre oltre quella soglia per cui certe cose diventano sempre meno fattibili, programmabili, immaginabili. Sarà la pandemia, che ha generato un senso di frustrazione, con i suoi lockdown e restrizioni, e quindi di atrofizzazione del desiderio. Non lo so esattamente qual è il motivo. Ma a un certo punto è scattata in me come una molla, una specie di rimbalzo dal fondo, e ho cominciato a pensare davvero a quello che andava dicendo Alastair Humphreys. Che è un vero esploratore, uno che ha nel curriculum un giro del mondo in bicicletta durato 4 anni alle spalle oltre a numerosi deserti di sabbia e ghiacci attraversati anche in solitaria, ma che è anche il massimo teorico mondiale delle micro-adventures.
A me la molla è scattata grazie alla bicicletta, a una bicicletta gravel per l’esattezza. È scattata in quella fase delle zone rosse, quando si poteva sì fare attività sportiva individuale all’aperto (sic) ma senza uscire dal proprio Comune di residenza. Devo ammettere che sono fortunato: vivo ai margini della conurbazione di Milano e Monza, laddove condomini e capannoni cominciano a lasciare spazio a boschi, campi e ruscelli. Un piccolo privilegio, con il senno del poi.
E allora ho cominciato a navigare su Google Maps cercando le aree verdi e immaginando di unirle in una serie di percorsi che mi permettessero di pedalare o correre per un po’ di km con la sensazione di non essere in prossimità di una delle aree più urbanizzare (e inquinate) del mondo.
Poi i lockdown sono finiti, il cerchio si è allargato, ma non il mindset. E anziché sognare luoghi remoti, grandi spazi e incredibili avventure ho fatto mio il piacere delle piccole avventure. Non che mi sia evirato totalmente del dream big, lo spirito dell’avventura è qualcosa di ancestrale e antropologico e ti rimane sempre dentro. Ma davvero si possono immaginare momenti di pura felicità nel proprio backdoor.
Per esempio, per una volta sono lieto che il nostro sia un Paese che fatica a fare sistema. Perché mi ha permesso di immaginare prima, e unire i punti poi di un lungo giro gravel che si insinua nel territorio a nord di Milano e ti permettere di pedalare per oltre 100 km quasi scordando di essere in una delle zone più densamente popolate d’Europa. Se disegni su una mappa la ciclabile del Lambro, quella del canale Villoresi, il Parco delle Groane e la Meda-Montorfano all’interno del Parco della Brughiera Briantea puoi fare tra i 120 e i 130 km tra ghiaia, single track, guadi e fango, sorprendendoti del profumo di pini marittimi come sulla costa Toscana o Romagnola.
Anche correndo, a volte basta semplicemente svoltare in quella stradina o quel sentiero che è sempre stato lì, e vedersi aprire un mondo di possibilità. È come con le sinapsi del cervello: basta creare un nuovo collegamento per innescarne numerosi altri, una specie di frattale delle possibilità che si autoalimenta.
Oppure le montagne qui dietro casa, ormai letteralmente prese d’assalto nei weekend. Eppure basta guardarsi intorno con attenzione per trovare sempre un sentiero poco frequentato, che ti permette di camminare in solitudine con i soli suoni della natura come compagnia.
Lo so che non è così facile capire questo entusiasmo e accontentarsi delle piccole gioie quotidiane. Ma sono sicuro, convinto, che non è una deminutio bensì il suo contrario, un allargamento delle possibilità. Ci vuole probabilmente uno scatto mentale, ma saper trovare il bello, l’avventuroso, l’adrenalinico anche appena fuori dall’uscio di casa non è un’atrofizzazione del desiderio ma un allargamento delle sue possibilità.
Perché è vero che lavoriamo tutti dalle 9 alle 18 e dal lunedì al venerdì, ma come dice Alastair Humphreys ci sono un sacco di cose belle da fare anche dalle 18 alle 9 e dal venerdì al lunedì.
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