La prima cosa che vorrei spiegare sono le motivazioni per cui faccio questo viaggio: non è un pellegrinaggio religioso ma sono partito perché ero arrivato a un punto che avevo la testa piena. Facevo il barista, ricevevo chiamate a ogni ora e giorno, anche in quelli di riposo. Dopo il COVID-10 e due mesi di quarantena in cui ho riflettuto molto mi son detto: “Ma perché devo stare dietro a tutte queste cose?” Due anni fa avevo già fatto un pezzo di Francigena con un’amica, da Fidenza a Roma, a piedi, e dopo aver fatto questa tratta con lei avevo deciso che volevo farla. Per i paesaggi, per gli incontri con le persone: avevo deciso di volerla fare tutta.
Quindi presa la decisione ho dato le dimissioni, ho prenotato il volo per il 7 luglio e son partito per Parigi. Da Parigi ho preso il treno per Calais, che mi è sembrata una città assurda, mi sembrava di stare in Inghilterra, con paesaggi da città portuale, comunque molto bella.
A Calais sono arrivato nel pomeriggio, ho passato la notte in ostello con un tempo molto ventoso e poco sole, mi son fatto fare il primo timbro sulla credenziale del pellegrino, che è utile perché hai agevolazioni sul percorso e ti identifica come pellegrino. La prima notte l’ho passata in ostello perché non c’erano campeggi e davano pioggia, mi son svegliato alle 7:30, ho fatto una colazione abbondante, esco e fumare una sigaretta con il ragazzo dell’ostello che mi chiede dove sto andando. A Wissant gli dico, che è la prima tappa, e mi dice: “Sei fortunato, c’è un autobus proprio qui davanti”. Lo guardo e gli dico: “No guarda, lo devo fare a piedi”.
Quindi parto sotto la bufera, faccio i primi km sulla spiaggia seguendo le indicazioni, poi dal mare esce un ragazzo che mi dice che fa il bagno tutti i giorni e mi salva la vita perché mi avvisa che non devo camminare sulla spiaggia ma c’è un percorso oltre le dune e mi offre anche la colazione a casa sua. Io però proseguo sul mio cammino, esco dalla spiaggia sotto la tormenta, completamente da solo, con le mani gelate, e passo da un paesino dove trovo per terra un bastone, proprio prima della salita. È come se aspettasse me ed è diventato il mio amico durante il viaggio.
Arrivo a Wissant, che è un paesino di pescatori molto carino, e piazzo la tenda, pensando che i primi 20 km andati. Purtroppo causa COVID in campeggio non posso fare la doccia e il giorno dopo mi sveglio completamente lavato, e penso: “Pellegrino lavato pellegrino fortunato”. O almeno lo spero. Wissant è una città carina di pescatori da cui riparto con la pioggia, attraversando campi coltivati per 26 km fino a Guines, sempre sotto la pioggia. Solo verso fine pomeriggio esce un po’ di sole ma arrivo a Guines con i piedi bianchi e le vesciche. Insomma, bello ma davvero impegnativo, sono arrivato a strafatica, con dolori ovunque, a gambe, ginocchia e spalle.
Anche a Guines mi sistemo in un campeggio, mi faccio un giro in paese ma è tutto chiuso. Prima di tornare però vedo un bar gestito da un’anziana signora che mi lascia caricare il telefono e il powerbank. A quel punto vedo appeso sul muro il quadro di un giocatore di calcio e subito le chiedo se è del Calais, la squadra che nel 2000 dalla serie dilettanti arrivò in finale di Coppa di Francia allo Stade de France perdendo 2-1 contro il Nantes. La signora mi mostra un’altra foto dello stesso giocatore con lei al bar che beve una birra e mi racconta che è venuto a mancare due anni fa.
Dormo in campeggio e mi sveglio ancora con la pioggia, ma per fortuna il sole arriva a breve, parto per una tappa facile di 18 km ma faccio l’errore di partire bevendo solo un caffè. Invece ho capito che la colazione è fondamentale e non si può partire senza energie. Comunque 16 km sotto sole e vento e arrivo al campeggio nel primo pomeriggio che sono stremato. Vorrei mangiare ma è tutto chiuso, riescono a farmi solo un super piatto di patatine fritte. Il campeggio è convenzionato con la Francigena e allora prendo un bungalow, doccia, birretta e mi sento un uomo nuovo
Il giorno dopo parto per una altra tappa da 15 km e la mattina sono bello carico, arrivo a mezzogiorno, incontro due ragazzi che venivano dalla parte opposta, non c’è posto per dormire e allora decido di proseguire per altri 19 km per un totale di 35 arrivo alle 6 di sera in questo convento di suore. Un posto fantastico, mi hanno accolto davvero bene, mi hanno dato la camera, il bagno, la cena alle 19 in abbazia con 3 ragazze che stavano facendo il percorso per diventare suore e un inglese che stava facendo la Francigena in bici ed era alla sua prima tappa.
Vado a letto presto per cercare di dormire almeno 9 o 10 ore per notte, poi riparto e arrivo a Tournehem-sur-la-Hem, luogo da cui scrivo.
A Tournehem-sur-la-Hem ho trovato una casa ostello dove funziona tutto sulla fiducia: tu apri il frigorifero, c’è il prezzo delle bibite, prendi quello che vuoi bere e lasci i soldi. Il proprietario è una persona squisista, mi ha anche fatto visitare la città, casa sua è nella confederazione della Francigena, a lui hanno diagnoisticato il cancro due anni fa. Probabilmente mi fermo un giorno di riposo per vedere di far passare le vesciche sui talloni.
©RIPRODUZIONE RISERVATA