Erano le 22.30 passate da qualche minuto quando, la sera del 9 ottobre 1963, una enorme frana di 260 milioni di metri cubi di detriti si staccò dalle pendici del monte Toc e precipitò a oltre 100km/h nell’invaso della diga del Vajont: parte dell’onda generata scavalcò la sommità della diga invadendo la valle del Piave e travolgendo Longarone e i paesi limitrofi; un’altra parte di quell’onda violentissima risalì invece i versanti del monte travolgendo l’abitato di Erto e Casso e le località adiacenti. Morirono 1917 persone.
Vajont, la più alta diga idroelettrica del mondo
Si trattava della più alta diga idroelettrica del mondo, la cui costruzione era cominciata nel 1957 da parte della SADE, Società Adriatica Energia Elettrica ed era stata da subito osteggiata dagli abitanti della vallata del Vajont, scettici sul progetto complessivo di creare numerosi sbarramenti per la produzione di energia elettrica in tutta la valle e impauriti dai numerosi smottamenti di materiale, dalle scosse sismiche e dai boati che da subito cominciarono ad avvertire intorno al nuovo invaso artificiale.
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La storia e le responsabilità di quel disastro sono state ricostruite nel corso di un processo che si è concluso solo nel 2000. Nel frattempo i sopravvissuti hanno ricostruito le loro case, i loro paesi e le loro vite. Ciò che non è stato quasi toccato da quel disastro è proprio la diga, rimasta intatta e tuttora presente a marcare il territorio della valle, soprattutto per chi la risale provenendo da Longarone.
Vista della Gola del Vajont prima della costruzione della diga, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons
Come visitare la diga del Vajont e cosa si può vedere
Non si tratta di turismo macabro: recarsi a Erto e Casso e visitare la diga del Vajont e i luoghi del disastro è il modo migliore, seppur doloroso, per rendersi conto di quello che avvenne, delle dimensioni della tragedia, e della sua dinamica.
Per chi sale a Erto e Casso da Longarone la diga comincia a mostrarsi tra le arcate delle gallerie che la precedono: qui il senso di percorrenza per le auto è alternato e regolato da un semaforo, e in molti si addentrano a piedi nelle gallerie per guardare dalle aperture l’immenso invaso e le dimensioni della diga. Dopo la diga c’è l’area Moliesa, dove si trova l’info point del Parco Naturale delle Dolomiti Friulane: le guide del Parco organizzano anche visite guidate lungo la sommità della chiusa (si tratta di un percorso in sicurezza e tuttavia non banale, soprattutto per chi soffre di vertigini o crisi di panico) e/o nel fondovalle, fino a toccare con mano la base del manufatto.
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L’info point del Parco Naturale delle Dolomiti Friulane è anche il punto di partenza di numerose escursioni nei boschi e nelle aree naturalistiche circostanti
Di Andrea Braga – opera propria, CC BY-SA 3.0, wikipedia.org
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