Lorenzo Franco Santin, 25 anni compiuti, friulano di San Vito al Tagliamento, accompagnerà Danilo Callegari nella sua avventura Africa Extreme (50km a nuoto nell’oceano Indiano, partendo da Zanzibar e arrivando a Bagamoyo, poi 1200km di corsa nella savana, una maratona al giorno per 27 giorni, e poi ascensione e ridiscesa dal Kilimanjaro in 24 ore, senza campi intermedi, senza ossigeno né portatori): fotografo di paesaggi, innamorato dei grandi spazi e della luce notturna, si troverà per la prima volta a misurarsi con la fotografia di action sport. Con lui abbiamo voluto parlare di natura, di sfide, di luce, delle montagne e dell’Africa, e di cosa si aspetta dai due mesi che passerà inseguendo Danilo Callegari e la sua Africa Extreme.
Come hai cominciato a fotografare?
Era il 2009 e lavoravo in un’officina meccanica, comprai la mia macchina fotografica e cominciai a giocare scattando foto di tutti i tipi. In breve tempo ho trovato spazio nella fotografia di eventi riuscendo ad avere delle prime piccole soddisfazioni personali, ma non ero contento, non mi bastava.
Come sei arrivato a specializzarti nella fotografia di paesaggi?
Per caso ho scoperto la montagna, quasi come per caso ho scoperto la fotografia. Un amico mi aveva proposto di fare un’escursione per arrivare a una cima abbastanza conosciuta in Friuli. Essendo la mia prima escursione, il dislivello era troppo impegnativo, ed una volta arrivato su di una forcella abbastanza stretta sono stato condizionato dalle vertigini, che mi accompagnano tutt’ora.
Che hai fatto allora?
Siamo tornati indietro dopo una breve pausa ma la bellezza del paesaggio, la voglia di sfidare i propri limiti e la possibilità di stare da soli mi hanno spinto a continuare a salire le montagne. Così ho cominciato anche ad avvicinarmi alla natura cercando di rispettarla il più possibile. Con la fotografia notturna, ho confermato ulteriormente la decisione di salire più in alto possibile per avere il cielo più limpido ed evitare l’inquinamento luminoso.
Le tue foto si distinguono per il gioco di luci che riesci a ricreare, soprattutto al buio o all’imbrunire: è tutto naturale? Nel buio non è più difficile?
La luce è probabilmente la cosa più importante della fotografia, scelgo di scattare quando il sole è basso per avere una luce calda e di taglio che risalta le forme e le trame della scena. Inoltre sono affascinato dal cielo notturno, così vasto e sconosciuto. Lo fotografo sperando di imparare qualcosa di nuovo, ed indirettamente è così perché per preparare gli scatti studio il cielo, la sua posizione, gli orari, il meteo, il paesaggio e la stagione. E di conseguenza conosco sempre meglio il mondo che mi circonda.
Nonostante la tua giovane età hai già fatto mostre, workshop, vinto premi
Sì, ho avuto la possibilità di esporre una mia mostra personale al Museo di Storia Naturale di Pordenone. La mostra chiamata Night ɘscape (la “e” rovesciata è per il gioco di parole escape/scape), è una raccolta di immagini notturne nelle quali è rappresentata la Via Lattea in varie situazioni. La maggior parte delle immagini è stata catturata in Friuli Venezia Giulia, alcune in Veneto, altre in Croazia ed altre ancora nel deserto dell’Australia dove il cielo è uno tra i più limpidi del pianeta. Una delle immagini di questa mostra è stata esposta a New York a Manhattan. Con un altra foto di questa mostra ho vinto un concorso indetto dal Gazzettino riguardante il Friuli e ora dal 7 settembre fino a fine ottobre alcune mie immagini saranno in mostra presso la Banca BCC Pordenonese di Azzano Decimo.
Stai anche producendo un calendario
Ora sto preparando un calendario per il 2016 di immagini tutte eseguite in Friuli Venezia Giulia, mi manca giusto una foto che realizzerò a breve. Sto cercando uno sponsor per la pubblicazione, ma probabilmente dovrò cavarmela da solo, dalla realizzazione delle foto fino alla vendita e spedizione.
Dove vuoi arrivare?
Di preciso non so dove voglio arrivare, ma sono certo che la passione e la determinazione mi aiuteranno a realizzare delle ottime immagini che mi permetteranno di poter continuare a fotografare e spostare i miei limiti ogni volta più lontano.
Dalle Alpi al Kilimanjaro, attraversando l’oceano Indiano e la savana: questa con Danilo Callegari nella sua Africa Extreme sarà la tua prima esperienza estrema: come ti ha convinto?
Africa Extreme sarà la mia prima esperienza con la quale metterò alla prova le mie capacità sia fotografiche che fisiche e psicologiche. Saranno quasi due mesi di vita con persone che quasi non conosco. Probabilmente ci saranno dei momenti in cui tutti saranno di corsa e la tensione accumulata non aiuterà. Ma dai primi test fatti con Danilo in preparazione della sua avventura penso che riusciremo a lavorare molto bene assieme.
Come ti stai preparando alla tua Africa Extreme?
Quando non sono impegnato con Danilo continuo con la mia fotografia, il paesaggio montano. Questo mi permette di allenarmi mentre raggiungo i luoghi che voglio fotografare. Quindi posso dire che non faccio allenamenti studiati appositamente per questa avventura.
Quali saranno le difficoltà del tuo lavoro in una situazione come Africa Extreme? Dal paesaggio muto e tranquillo agli action sport, come cambierà la tua prospettiva? Che ruolo avrà Danilo all’interno dei “tuoi” paesaggi?
Non essendo mai stato in luoghi simili, posso solo fare delle previsioni riguardanti l’avventura. Essendo Danilo un amante della natura, i grandi paesaggi non mancheranno e forse lui costituirà un elemento di interesse in più dell’immagine finale. Cercherò di “ascoltare” il luogo e capire come realizzare al meglio le mie immagini. Di certo qualche volta sarò costretto a tenere sveglio Danilo per realizzare delle belle immagini tra il tramonto e l’alba. Ma sono sicuro avrà tempo sufficiente per riposare anche se le temperature non saranno di certo miti. Abbiamo in programma alcuni ritratti da realizzare in particolari situazioni, e non essendo io ritrattista sarà la possibilità di imparare qualcosa di nuovo.
Parliamo di tecnologia: cosa utilizzi normalmente e cosa ti porterai in Africa?
Da ormai tre anni utilizzo una reflex medio formato, preferisco i grandangoli anche se spesso ritengo siano più difficili da gestire, spesso includono parte della scena che non si vuole catturare costringendomi a spostarmi od a cambiare soggetto. Da poco sto cercando di diventare amico di un medio tele ma ancora riusciamo a bisticciare.
Per l’Africa pensavo di rinnovare l’attrezzatura, ma sarebbe più un vizio di gola. Quindi affronterò le difficoltà del non aver niente di nuovo da sfoggiare.
Non sarebbe tutto più facile con un buon smartphone?
Sicuramente sarebbe più facile poter lavorare con uno smartphone, per peso, spazio e non dimentichiamo l’aspetto economico. Forse l’unico neo è la durata della batteria, ma non lo vedo un grosso problema. So di fotografi che hanno fatto interi reportage con il cellulare. Personalmente realizzo anche “foto ricordo” con il cellulare con il fine di pubblicarle sui social, e devo dire che alle volte una stessa scena mi viene meglio con il cellulare piuttosto che con la reflex. Diciamo che le esigenze e l’approccio sono diversi e questo condiziona la riuscita. Per il mio lavoro puramente fotografico vedo difficile poter utilizzare delle immagini realizzate con il telefonino, specialmente quelle di notte. Ma sono abbastanza contento di questa concorrenza, perché spesso offre spunti e punti di vista diversi.
Cosa porterai a casa dopo questa impresa? Farai un libro?
Nelle mie piccole imprese sono molto spesso da solo, ed ho imparato molte cose che vanno a toccare tutti gli aspetti che influiscono sulla riuscita del lavoro. Le prime volte imparavo più che altro aspetti legati alla fotografia, una volta abbastanza sicuro, alzavo il tiro ed allora imparavo a gestire gli aspetti logistici. Ma qui si tratta di una lunga avventura, molto di più di quanto abbia mai fatto. Imparerò, e mi auguro di riuscire ad insegnare qualcosa. Il libro sarebbe un piccolo sogno. Tutto dipende da come gestirò l’intera esperienza, ma ho già in mente un titolo o quantomeno il filo conduttore per poterlo realizzare.
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