Ivrea e il Canavese a piedi, la tappa accessibile a tutti di “Via Francigena For All”

09 - olivetti - il museo

Com’è noto, la Via Francigena è il pellegrinaggio che da Canterbury (Inghilterra) conduce a Roma: dei 1800 km totali di cammino circa 900 attraversano l’Italia, a partire dal Colle del Gran San Bernardo.
Via Francigena for All” è il progetto di Regione Piemonte e di Visit Piemonte che ha reso accessibile il cammino della Via Francigena a tutte le persone con disabilità.
Sono due le tappe del cammino – una in val di Susa e l’altra nel Canavese – al momento attrezzate per accogliere non solo persone con disabilità motorie ma anche ipovedenti, ipoudenti e soggetti affetti da disturbi dello spettro autistico.
Ci siamo stati in un bel viaggio, guarda la gallery!

Ivrea e il Canavese a piedi, la Via Francigena accessibile è in Piemonte, la tappa

I remoti luoghi santi incontrati lungo il percorso – cappelle, pievi e oratori – sono visitabili in qualsiasi momento della giornata grazie alla collaborazione con Chiese a Porte Aperte, una app sperimentale che garantisce l’accesso gratuito e in autonomia – tra le 09:00 e le 18:00 – a decine di strutture, senza che sia necessaria la presenza di un custode. All’interno molta cura è posta all’accessibilità sensoriale: pannelli visivo-tattili e contributi audio-video – anche in LIS, il linguaggio dei segni – consentono di scoprire storia e curiosità del luogo visitato.

Siamo stati nel tratto canavesano della Via Francigena for All tra Ivrea e Viverone – per esplorare i monumenti storici e le bellezze naturali che si incontrano lungo il cammino: vediamo come è andata!

 

Primo giorno: Ivrea e dintorni

Come insegna il cammino, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo: ci attende una mattina piovosa che ingrossa i fiumi e pigia le persone sotto ai portici della regale Torino. Poco male, l’umore resta alto dato che durante il viaggio verso Ivrea è prevista una sosta a Borgomasino: ad attenderci una degustazione di ottimi vini accompagnati da un’abbondante selezione di prodotti del territorio. Il canavese è terra di secolari vigneti, impreziositi dai caratteristici tupiùn che spesso accompagnano il viandante lungo il sentiero: si tratta di ingegnose colonnine di pietra che sorreggono le travi del pergolato e – allo stesso tempo – accumulano calore durante il giorno per rilasciarlo nei filari durante la fresca notte.

A Ivrea una tregua dal maltempo ci concede una breve passeggiata che si conclude nel punto più alto della città per una visita al duomo, luogo sacro che rientra nel progetto Chiese a Porte Aperte. Nome ufficiale è Chiesa Cattedrale di Santa Maria Assunta, e questo antico edificio – rimaneggiato e ampliato sino al 1910 – custodisce al suo interno un sorprendente gioiello: la cripta del IX secolo, una sorta di labirinto affrescato al cui centro è posto il sarcofago che conteneva le reliquie di San Besso. Una sosta presso l’opulento altare barocco, un rapido sguardo alla tomba del vescovo Taddeo McCarthy – sepolto come umile pellegrino all’ombra di queste navate – e siamo nuovamente a tavola: il clima rigido non ci scoraggia dal pranzare con un ottimo “bollito estivo”, il classico lesso piemontese nella sua versione più fresca e leggera.

 

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La pioggia ricomincia a battere e – come vuole l’antico adagio – non tutto il male viene per nuocere: impossibilitati a passeggiare per le vie della città siamo costretti ad un lieto cambio di programma, la visita guidata agli stabilimenti della Olivetti. Il pellegrino medievale, che stanco sostava in questi luoghi, al suo ritorno non ha potuto raccontare una delle storie più mirabili di questa città, una storia di talento e successo intrecciati con una grande umanità e – perché no? – un pizzico di mistero.

La Olivetti – fabbrica italiana di macchine da scrivere, calcolatori meccanici e infine personal computer – durante la gestione del figlio Adriano visse un boom economico che la collocò in diretta concorrenza con i colossi di quello che sarebbe a breve diventato il settore dell’elettronica. Le geniali intuizioni imprenditoriali di Adriano Olivetti furono sempre messe in pratica senza dimenticare il benessere dei suoi dipendenti – che potevano giovare di alloggi decorosi, istruzione gratuita e dignitosi orari di lavoro – e il rispetto del territorio canavese e dei suoi costumi. Tra le mille curiosità svelate nel corso della visita è impossibile non menzionare il sontuoso scalone del Palazzo Uffici – progettato dagli architetti Bernasconi, Fiocchi e Nizzoli – e il peculiare villaggio scherzosamente ribattezzato Talponia: una serie di alloggi per dipendenti e dirigenti costuiti nel sottosuolo, dietro al dolce pendio di una verde collina urbana.

Per cena ci spostiamo verso i balmetti del canavese, che il pellegrino incrocia sul cammino all’altezza di Borgofranco d’Ivrea tra vicoli dai nomi suggestivi e abbastanza esplicativi: Vico di Bacco, Via della Coppa e Via del Buonumore. I Balmit – in dialetto locale – sono piccoli edifici costruiti a ridosso di grotte naturali che si aprono nella roccia morenica circostante. All’interno di questi ambienti spira costantemente un’aria fresca incanalata attraverso botole nel muro chiamate ore: la temperatura costante in ogni stagione è ideale per la conservazione di vini, salumi e formaggi. Nessuno conosce l’origine di questo vento – neppure gli speleologi – ma quest’arietta fu così preziosa che nel corso dei decenni gli edifici si accavallarono gli uni sugli altri, sfruttando vento di seconda e terza mano: è facilmente intuibile come queste casette, luogo dove conservare il vino, diventarono presto anche un luogo in cui consumarlo, magari nel corso di una gita fuori porta, dopo una passeggiata all’aria a aperta. La bontà di questa tradizione la ritroviamo anche a tavola per cena, quando al caldo di un balmetto ci viene servita una ricca merenda sinoira, ovvero un pasto freddo a base di prodotti contadini che – a partire dal tardo pomeriggio – può prolungarsi fino all’ora di cena e oltre.

Si è fatto tardi e raggiungiamo l’albergo sulle impervie colline di Settimo Vittone: un digestivo, una chiacchiera serale e ci si corica confidando nella clemenza del meteo.

 

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Secondo giorno: in cammino

L’aria fresca e un sole brillante – finalmente – ci regalano una splendida vista sulle valli circostanti e sulla Serra d’Ivrea, rilievo morenico di origine glaciale che il moderno pellegrino costeggia nel corso del suo lungo viaggio verso Roma. Giusto il tempo per la colazione e siamo di nuovo in visita: questa mattina al Battistero di San Giovanni e alla Pieve di San Lorenzo, complesso paleocristiano tra i più antichi del canavese. Il luogo – accessibile ai disabili – presenta mirabili affreschi del IX secolo in corso di restauro. Una moderna pedana permette di affacciarsi dall’alto sul battistero, per ammirarne la struttura ottagonale dall’interno. Leggenda vuole che tra i sarcofagi qui presenti vi sia anche quello della santa Ansgarda, infelice regina ripudiata dal re di Francia, le cui reliquie dispensarono miracoli nel corso dei secoli.

L’ultimo appuntamento del nostro ricco viaggio d’esplorazione ci conduce presso la chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Bollengo, dove ne approfittiamo per testare di persona il funzionamento della app Chiese a Porte Aperte. Tutto procede secondo i programmi: inquadriamo dal telefono il QR code posto all’ingresso della chiesa e le porte si aprono quasi per magia, consentendo – ai noi come a tutti i pellegrini di passaggio – la possibilità di una visita gratuita agli interni della struttura. Una volta dentro, una voce registrata ci accompagna nella visita della chiesa,raccontando la storia degli affreschi che vengono illuminati di volta in volta da faretti orientati, una sorta di moderno e affascinante son et lumière. Chiari sottotitoli guidano gli ipoudenti durante la visita mentre pannelli brailleraccontano la storia della chiesa agli ipovedenti.

 

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Arriveremo a pranzo camminando lungo un tratto della via Francigena: uno sterrato in leggera pendenza, su e giù tra i vigneti, da cui si gode di una splendida vista sul lago di Viverone. Non siamo soli: altri pellegrini sono in cammino come noi e ne approfittiamo per farci scattare una foto di gruppo prima di rimetterci in marcia. Non lontano dalle sponde del lago sostiamo per l’ultimo pranzo che – come sempre in Piemonte – non delude: tomino al verde e tradizionali agnolotti sono l’ultima lieta fatica di questa giornata.

Si ritorna a Torino, sul binario è già pronto il treno per Milano ed è il tempo dei saluti. E naturalmente è anche il tempo dei ringraziamenti a tutte le strutture che ci hanno amorevolmente accolto e rifocillato. Eccole, elencate in ordine cronologico: Azienda L’ERM di Aimino Jyothi (Borgomasino), Osteria La Sosta (Settimo Vittone), Balmetto Mercando (Borgofranco d’Ivrea), Hotel Il Falco e la Volpe (Località Campiglie, Settimo Vittone), Agriturismo La Schiavenza (Anzasco).

A presto e buon cammino, pellegrini!

Fotografie: marco__biella

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